“Nuovo” governo, vecchie logiche contro i migranti - di Selly Kane

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Respingimenti, rimpatri di massa, riapertura dei Cie: l’illusione di bloccare i flussi migratori con la negazione dei diritti umani.

Nei giorni scorsi, con una circolare interna, trasmessa a tutte le prefetture e questure del paese e a tutte le forze dell’ordine, il nuovo ministro dell’Interno e il capo della Polizia hanno annunciato una stagione di tolleranza zero sul terreno dei respingimenti e rimpatri dei migranti. Per fare questo si annunciano nuove aperture di centri di identificazione ed espulsione, i cosiddetti Cie, in ogni regione d’Italia.

Come ministro e capo della Polizia dovrebbero sapere, in passato altri governi ci hanno provato: il risultato è stato fallimentare rispetto alle espulsioni di massa che si prefiggevano di realizzare. Molti Regioni, allora, si sono fortemente opposte, e anche in questi giorni si è alzato un coro di “no”, proveniente da esponenti del mondo politico, delle istituzioni, delle associazioni, dei sindacati. Le ferite derivate dall’esperienza dei Cie sono ancora aperte, e le coscienze profondamente turbate dalle gravi violazioni dei diritti umani e dai morti che questi centri di detenzione hanno provocato.

L’obiettivo del governo italiano e dei governi europei resta quello di fermare le persone che vogliono varcare le nostre frontiere. Prima con il governo Renzi, adesso con il governo Gentiloni, si vuole replicare il vergognoso accordo Ue-Turchia sulla gestione della migrazione, estendendo accordi per bloccare i migranti con i paesi africani di origine e di transito. Fuor di perifrasi, si tratta in realtà di deportare migliaia di profughi e di pagare gli stati africani per questo ignobile lavoro.

Il piano denominato “Migration compact” è simile a quello dell’accordo con Erdogan: si delega a paesi terzi la responsabilità di gestione delle frontiere, senza alcuna attenzione al rispetto dei diritti umani, reiterando la pericolosa equazione “sicurezza vs immigrazione, immigrazione-terrorismo. Tutto questo con la collaborazione con alcuni regimi e dittature africane.

Come si fa a siglare un accordo con il Sudan, paese detentore di un primato per gravi violazioni dei diritti umani? I fondi per la cooperazione devono servire allo sviluppo e al benessere dei popoli, e non possono essere utilizzati per fermare i flussi migratori: mentre da quello che si capisce dalle notizie, i soldi che oggi sono stati promessi al presidente del Sudan, e che ammontano a 175 milioni di euro, non aiuteranno il paese ma il governo a capo del quale c’è un dittatore che ha ricevuto due mandati di cattura internazionale per genocidio.

Il governo italiano e quelli dei paesi europei devono assumersi la responsabilità di raccontare la verità ai loro popoli, e dire che le migliaia di profughi e richiedenti asilo che approdano in Italia e in Europa non hanno via scampo, scappano da situazioni estremamente difficili, sia dal Medio Oriente che dall’Africa. A guerre, dittature, carestie si aggiunge il dramma ecologico: l’Onu prevede che entro il 2050 ci saranno 250 milioni di esiliati climatici, perché nelle loro terre non si potrà più vivere, ci sarà una situazione devastante.

Le politiche di chiusura non serviranno a nulla. Occorre mettere in campo politiche che favoriscano canali di ingresso regolare per coloro che fuggono da guerre, persecuzioni, fame, povertà; avviare per via diplomatica processi di pace nelle zone di conflitto; attuare serie politiche di cooperazione allo sviluppo centrate sulla dignità ed il benessere dei popoli; e fermare lo sfruttamento perpetuo senza scrupolo delle materie prime dei paesi africani, con l’espropriazione delle terre dai parte delle multinazionali – il cosiddetto “land grabbing” - che oltre a ridurre le popolazioni a povertà estrema sta distruggendo l’ambiente.

 

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