Due Sì per la centralità del lavoro - di Lorenzo Fassina

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La decisione della Corte Costituzionale dell’11 gennaio scorso ci consegna un panorama referendario in parte spogliato dalla richiesta in materia di licenziamenti (il che non amplia certo gli spazi di democrazia nel nostro paese), ma con l’approvazione dei quesiti su voucher e appalti offre alla Cgil la straordinaria possibilità di parlare a tante persone, riportando al centro del dibattito politico il tema del lavoro. In attesa delle motivazioni della sentenza sul quesito non ammesso, occorre sottolineare la necessaria correlazione di politica del diritto che unisce le ragioni di questa tornata referendaria al progetto culturale di riunificazione del mondo del lavoro, contenuto nella legge di iniziativa popolare per la “Carta dei diritti universali del lavoro” elaborata dalla Cgil.

La richiesta referendaria per l’abrogazione dei voucher è molto semplice: si chiede la radicale eliminazione del “lavoro accessorio” come definito dagli articoli 48, 49 e 50 del jobs act. Attraverso il Sì a questo referendum, la Cgil ribadisce che il sistema dei voucher, così come delineato dalla riforma Fornero del 2012 in poi, non può essere accettato in un paese civile. Ma con il Sì viene riaffermato anche il pieno sostegno alla Carta dei diritti universali del lavoro, che riconduce il sistema dei buoni lavoro in un alveo caratterizzato dalla subordinazione, dalla genuina occasionalità delle prestazioni (nella Carta si parla di lavoro “occasionale”, non “accessorio”), e da una rigorosa delimitazione dell’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione (articoli 80 e 81 della Carta).

Simile è il discorso per il quesito sul tema degli appalti. Anche in questo caso il referendum punta a declinare compiutamente il tema della solidarietà in un settore che negli ultimi decenni ha rappresentato il terreno forse più fertile di regressione dei diritti. E’ infatti attraverso le tecniche di esternalizzazione produttiva che l’imprenditoria più spregiudicata è riuscita a lucrare profitti sulle spalle dei diritti dei lavoratori.

Richiamando alcuni punti qualificanti della Carta dei diritti Cgil, il quesito referendario sul comma 2 dell’articolo 29 del decreto 276 del 2003 mira ad incidere sul regime della responsabilità nelle obbligazioni in materia di appalti, per garantire che la soddisfazione dei crediti di lavoro sia più effettiva e meno complicata. L’abrogazione proposta intende sancire la piena operatività della regola della solidarietà nei crediti da lavoro e contributivi fra tutti i componenti della catena (committente, appaltatori e subappaltatori), eliminando il vincolo, per il lavoratore, di agire in giudizio nei confronti di tutti gli appaltatori, e dando direttamente la possibilità di agire subito contro il committente, se il suo datore di lavoro appaltatore è inadempiente per retribuzioni e contributi.

L’obiettivo del referendum è che il lavoratore, per soddisfare i propri crediti, possa rivalersi direttamente sul solo committente, senza le difficoltà processuali dell’azione in giudizio contro più soggetti, e senza le complicazioni derivanti dalla necessità di saggiare, in via prioritaria, la solvibilità degli appaltatori e subappaltatori (spesso aziende insolventi o irreperibili). Libero, poi, il committente stesso di recuperare dagli altri coobbligati quanto da lui pagato al lavoratore. Ultimo ma non per ultimo, l’abrogazione cancella la previsione introdotta dalla legge Fornero nel 2012 – con formulazione generica ed ambigua – che consente al Ccnl dell’appaltatore di derogare al vincolo di solidarietà.

Ora che questi temi si sono imposti al dibattito politico, occorrerà molta attenzione nel verificare che gli eventuali interventi governativi non siano dei semplici maquillage senza sostanza, perché una cosa è intervenire normativamente (con più o meno aderenza alle richieste referendarie), con la possibilità che gli esiti possano in futuro essere travolti dall’azione politica di un legislatore poco attento alle istanze pro-labour (se mai ce ne possa essere uno peggiore di quello attuale), altra cosa è una abrogazione in toto dell’impianto del lavoro accessorio come delineato dal jobs act.
In quest’ultimo caso infatti, per costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, il legislatore futuro avrà di fronte un esito referendario chiaro che non potrà bypassare molto facilmente. Stesso discorso, ovviamente, per quanto riguarda il principio del ristabilimento dell’automaticità della solidarietà tra committente e appaltatore con un Sì’ al quesito sugli appalti.

Per queste ragioni occorre, a mio modesto avviso, che la Cgil mantenga la barra dritta nella strada referendaria, anche perché possono nutrirsi forti dubbi sulla reale volontà di questo governo di dare soddisfazione alle istanze che la Cgil ha posto all’attenzione del paese.

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