No alla guerra, No al fossile. #PersoneNonprofitti - di Simona Fabiani

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Il 25 marzo c’è stato il Global Climate Strike, e il movimento globale dei #FFF ha lanciato la mobilitazione con l’appello #Peoplenotprofit (persone non profitti). La Cgil, nel sostenere come sempre lo sciopero per il clima, ne ha ribadito l’importanza e invitato tutte le strutture a supportarlo nei territori attraverso iniziative pubbliche, presenza ai cortei e, se possibile, assemblee nei luoghi di lavoro.

I profitti di p ochi guidano un’economia fossile, estrattivista, liberista e neocolonialista che causa emergenza climatica, distruzione degli ecosistemi, crisi sanitaria e profonde disuguaglianze. I profitti di pochi alimentano anche l’economia di guerra, finanziando la produzione e la vendita di armi, il proliferare di guerre, dolore, morte, povertà e distruzione in tante aree del mondo. Disastri ambientali, emergenza climatica, crisi economiche e guerre che causano milioni di morti e di profughi costretti ad abbandonare le proprie terre.

La Cgil da anni lotta per un radicale cambiamento del modello di sviluppo, come abbiamo scritto nel documento “Dall’emergenza al nuovo modello di sviluppo”: una rivoluzione delle priorità, nel senso proprio del termine, come cambiamento collettivo del punto di vista, con una forte centralità della persona e dei suoi bisogni primari e del territorio e dell’ambiente.

Come ha scritto il segretario generale Maurizio Landini “…. la guerra in Ucraina, con il suo portato di morte e distruzione, dimostra quanto sia importante affermare e lottare per un nuovo modello di sviluppo che coniughi la sostenibilità ambientale e sociale con la pace e il disarmo. Inoltre questa drammatica vicenda ha reso evidente la necessità di un profondo cambiamento sul versante della dipendenza energetica dalle fonti fossili, e la necessità di accelerare gli obiettivi di decarbonizzazione dell’economia. Ambiente e pace rappresentano due terreni importanti di iniziativa della nostra organizzazione, in continuità con le manifestazioni delle settimane scorse e in relazione alle prospettive di sviluppo del nostro Paese, a partire dalla piena e buona occupazione e dalla difesa e tutela del lavoro di qualità. La mobilitazione per il pianeta e per la pace sono strettamente legate alle battaglie per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici”.

L’ultimo rapporto dell’Ipcc su impatti, adattamento e vulnerabilità al cambiamento climatico presenta un quadro drammatico, che il segretario generale dell’Onu Guterres ha definito “un atlante della sofferenza umana e un atto d’accusa schiacciante contro una leadership climatica fallimentare”. E’ proprio questo il punto: siamo ancora in tempo per evitare la catastrofe climatica, ma non lo facciamo. I governi non agiscono con la doverosa urgenza e radicalità, si attardano sul vecchio sistema come se non si fosse in piena emergenza, un’emergenza che investe tutti i pilastri della sostenibilità: sociale, ambientale ed economica.

L’aumento dei costi energetici e la necessità di emanciparsi dalla dipendenza dal gas russo sono un motivo in più per accelerare la transizione energetica, mettendo in campo investimenti e misure strutturali finalizzate al risparmio, all’efficienza e alla produzione di fonti rinnovabili.

Eppure i decisori politici non agiscono di conseguenza. Guardando al nostro Paese: abbiamo ancora un Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima) che prevede un obiettivo di riduzione delle emissioni del 37% al 2030, a fronte di un target europeo del 55%; il Pnrr, che rappresenta un’occasione unica in termini di risorse economiche, avrà un impatto limitato rispetto agli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico se non accompagnato da risorse nazionali e da uno strumento europeo finalizzato a sostenere questi obiettivi al 2030.

Nel 2020 abbiamo speso 21.648,63 milioni di euro, di cui 13.100 di sussidi alle fonti fossili, in sussidi ecologicamente dannosi, e come se non bastasse vogliamo aumentare le spese militari portandole dall’1,5% al 2% del Pil, dagli attuali 25 miliardi di euro all’anno a 38 miliardi, che potrebbero essere anche di più già nella prossima legge di bilancio.

Il ruolo dei lavoratori e del sindacato è fondamentale per agire un processo di giusta transizione verso un’economia di pace, libera dai fossili, che tenga conto dei limiti del pianeta e distribuisca in modo equo ricchezza e risorse, che tuteli i beni comuni, gli ecosistemi, i diritti umani e del lavoro.

Da anni la Cgil porta avanti queste battaglie, e rivendica misure per garantire una giusta transizione a partire dalla partecipazione democratica di comunità e lavoratori, la piena occupazione, anche attraverso un lavoro garantito con lo Stato erogatore di ultima istanza, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, il contrasto alle delocalizzazioni, la formazione permanente per le nuove competenze verdi e digitali, il contrasto alla povertà energetica, e il diritto alla mobilità sostenibile per tutti.

I Global Climate Strike sono parte delle nostre lotte fin dal primo momento, il 25 marzo siamo tornati in piazza per il pianeta, la pace e il lavoro #Peoplenotprofit.

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