Dal Festival Sabir un’Alleanza del e per il Mediterraneo - di Filippo Miraglia

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Conclusa a Matera l’ottava edizione del Festival diffuso delle culture mediterranee.

Il Festival Sabir nasce anche come reazione alla terribile tragedia che il 3 ottobre del 2013 vide affiorare 368 cadaveri sulle coste dell’isola di Lampedusa. Morti di frontiera, la cui responsabilità ricade su governi e parlamenti che impediscono alle persone in cerca di protezione di viaggiare legalmente e in sicurezza, consegnandole ai trafficanti e spesso a morte certa.

Non volevamo e non vogliamo arrenderci all’idea che il Mediterraneo sia barriera invalicabile, cimitero a cielo aperto, muro contro il quale si infrangono le speranze di migliaia e migliaia di esseri umani come noi: per questo dal 2014 promuoviamo uno spazio di condivisione e riflessione collettiva della società civile, per rivolgere lo sguardo verso quell’area geografica sempre più dimenticata.

Sabir era la lingua franca parlata dai marinai nei porti del Mediterraneo fino all’inizio del XX secolo; anche noi vogliamo provare a ricostruire un linguaggio comune, oltre i muri e il razzismo degli Stati.

Il Festival Sabir è stato fin dalla sua prima edizione soprattutto uno spazio di socialità internazionale. Una opportunità di incontro per organizzazioni, reti e movimenti della società civile del Mediterraneo. Un modo per intrecciare e consolidare relazioni tra le persone e le organizzazioni, con una attenzione al territorio e al rapporto con le istituzioni e con la politica.

Un luogo di promozione di alternative possibili alle chiusure volute dai governi europei e dalle istituzioni dell’Unione europea.

Negli ultimi anni il Mediterraneo è stato scenario di terribili tragedie e ingiustizie intollerabili. Tra queste, il ricorso alla cosiddetta guardia costiera libica, composta da milizie che si contendono il territorio, per operare respingimenti di potenziali richiedenti asilo, che sono vietati dalla legislazione nazionale e internazionale.

In nome di un presunto interesse collettivo, dietro il quale si nascondono in realtà interessi privatissimi, è stata programmata e organizzata una politica di esternalizzazione delle frontiere che punta a cancellare il diritto d’asilo e a scaricare sui Paesi intorno all’Ue, in particolare sul Nord Africa, ma non solo, l’onere di bloccare il movimento delle persone, e spesso di calpestare i diritti umani per conto e in nome degli interessi dell’Unione europea.

Le politiche sull’immigrazione si sono trasformate in vere e proprie politiche di chiusura e controllo, senza alcuna attenzione ai diritti delle persone e all’interesse generale legato alla possibilità di ingressi legali e sicuri, oramai del tutto assenti.

Anche le politiche di cooperazione internazionale, e più in generale le relazioni internazionali, sono pesantemente condizionate dalle politiche di chiusura di ogni via d’accesso legale al territorio dell’Unione europea.

In questo scenario i governi dell’Ue non mostrano alcuna attenzione per i processi di democratizzazione, così come per i processi di pace dei Paesi di origine e transito dei flussi migratori, e non esitano ad alimentare conflitti e dittature in cambio di rassicurazioni sul controllo delle partenze.

A questa condizione già molto negativa, si aggiunge un progressivo spostamento di interesse dell’Ue verso il nord e l’est dell’Europa, interesse aumentato ovviamente dalla crisi in Ucraina.

Sabir è diventato una delle poche occasioni della società civile del Mediterraneo per provare a costruire relazioni stabili e efficaci per invertire la direzione di marcia, e costruire una alternativa dal basso alle politiche finora condotte dai governi.

La necessità di rafforzare la dimensione internazionale e la centralità del Mediterraneo è emersa quest’anno in particolare dai chi proviene da situazioni di crisi ben note, come Libia e Egitto, così come da situazioni meno note di crisi, come la Tunisia.

Le responsabilità dell’Unione europea su quanto succede in Libia e in Egitto sono fortissime e allo stesso modo i presunti interessi dei governi europei stanno spingendo la crisi della fragile democrazia tunisina verso una condizione di instabilità grave.

Le associazioni, le reti, i movimenti italiani ed europei hanno la responsabilità di rispondere all’allarme lanciato a Sabir dalle organizzazioni del Nord Africa e costruire una alleanza del Mediterraneo e per il Mediterraneo, capace di produrre risultati concreti.

Questo obiettivo può diventare il principale elemento attraverso il quale costruire la prossima edizione di Sabir, la nona, nel maggio del 2023, favorendo un maggiore protagonismo sia delle associazioni dei Paesi della sponda sud che delle diaspore presenti nel nostro Paese.

 

 
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