Autonomia differenziata: a volte ritornano - di Massimo Balzarini

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No alle fughe in avanti del neoministro Calderoli

Sulla riforma costituzionale non abbiamo mai rinunciato ad esprimere le nostre criticità a partire dal 2001, pur condividendo la necessità di portare a compimento dettati costituzionali rimasti inapplicati. Quando poi, nel 2017, la discussione sull’autonomia differenziata è ripresa, come Cgil non abbiamo condiviso né il metodo né il merito.

Seppur non richiesto dall’articolo 116 della Costituzione, le Regioni a trazione leghista non hanno rinunciato ad indire un referendum, ma questa propaganda è costata ai cittadini milioni di euro.

Come chiarito nei documenti della Cgil e approfondito in tutti i numerosi eventi formativi sulla questione, permangono criticità originarie, di mancata attuazione e irrisolvibili.

È importante sottolineare un elemento cardine della questione: la Costituzione rappresenta la legge che regola la convivenza democratica civile e antifascista dei cittadini, una sorta di “casa comune” nella quale tutti si possono riconoscere, come era nell’intenzione dei costituenti che, pur con provenienze culturali e politiche molto differenti, con un lungo lavoro hanno prodotto una legge ampiamente condivisa. Una Carta costituzionale che non si può scardinare sulla base di una sua scarsa conoscenza o di spinte di parte che potrebbero mettere in discussione equilibri istituzionali, e aggravare divari territoriali già intollerabili.

La pandemia e le guerre, diffuse in oltre 40 paesi nel mondo, richiedono sempre più risposte globali, che affrontino il nodo delle disuguaglianze e che non aumentino la frammentazione.

Quello che non serve è regionalizzare il contesto. Non si può teorizzare che le singole realtà territoriali possano essere auto sufficienti nell’utilizzo delle risorse e quindi nella produzione del gettito fiscale, tradendo i principi costituzionali di perequazione e solidarietà.

Fra l’altro, la richiesta formulata da Regione Lombardia secondo cui “le risorse devono rimanere sui territori che le hanno generate” non è realistica. Gli studiosi segnalano che non c’è reale divario tra gettito maturato nelle regioni del nord e spesa pubblica, a fronte di quanto realizzato nelle regioni del Mezzogiorno.

Al contrario ci sono alcune questioni che, per la Cgil, devono essere definite a prescindere da eventuali iter legislativi. È necessaria la preventiva definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni su tutte le materie e dei fabbisogni standard su cui, quindi, redistribuire le risorse.

Per assicurare l’unitarietà dei diritti civili e sociali fondamentali è necessario procedere all’approvazione dei principi basilari in tutte le materie di legislazione concorrente. E per prevenire l’aumento delle disuguaglianze e dei divari esistenti è necessario evitare meccanismi distorti come il criterio della spesa storica.

L’iter legislativo dovrà comunque garantire il percorso pienamente e legittimamente democratico a garanzia delle prerogative e del pieno coinvolgimento del Parlamento nella valutazione e approvazione delle eventuali intese.

Basta con l’autoreferenzialità, basta con proposte di legge divisive (l’ultima bozza circolante a firma Calderoli ha già suscitato critiche nella stessa maggioranza), occorre un confronto serio a tutto campo su cosa si rende necessario per estendere i diritti e renderli esigibili in modo eguale per tutti i cittadini italiani, in ogni territorio del paese, come previsto dal dettato costituzionale.

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