Una politica di pace - di Riccardo Chiari

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Bene, bravi, bis. “L’Isis è un nemico che in troppi hanno sottovalutato – mettono nero su bianco Cgil, Cisl e Uil insieme all’Anpi - e perfino favorito fornendo direttamente o indirettamente gli armamenti. E’ ora di assumersi l’impegno di un grande lavoro di riflessione, responsabile e culturalmente approfondita, e di un contrasto all’espandersi di fenomeni di estrema gravità, che risponda ad unità e concordanza piena sugli elementi fondanti della civiltà. A chi semina orrore e barbarie bisogna rispondere con la forza della ragione e dei valori fondamentali, che traggono la prima fonte di ispirazione dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, scaturita proprio dalla terribile esperienza della seconda guerra mondiale”.

Non c’è una parola fuori posto in questo appello, indirizzato a tutti gli italiani, dalla Vetta d’Italia a Pantelleria, e non solo a loro. Il timore di essere sull’orlo del baratro di nuove guerre muove il sindacato italiano, compatto, e l’associazione dei partigiani ad un esercizio quanto mai necessario di azione civile. Firmata dai tre segretari generali e dal presidente dei partigiani e dei loro eredi.

Per una volta almeno, le richieste dell’appello potrebbero diventare realtà: il negoziato fra Usa e Russia, le due superpotenze militari del pianeta, sembra fare passi avanti. Con l’obiettivo di disinnescare l’enorme ordigno rappresentato dalle guerre civili in Siria, Iraq e Libia. Il gigantesco lago in cui nuotano i piranhas di Daesh.

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