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Documento del coordinamento nazionale di Lavoro Società

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Il Coordinamento nazionale di Lavoro Società sinistra sindacale confederale, riunitosi a Roma mercoledì 25 marzo, prima di tutto intende riaffermare che, di fronte agli orrori, alla barbarie fondamentalista, alle stragi terroristiche che hanno causato tante vittime innocenti a Parigi come a Tunisi, nello Yemen e in Libia, non si può voltare la testa: nel mondo globale e interdipendente, ciò che accade riguarda tutti, e chiama a responsabilità la politica degli stati e quella internazionale.

Il terrorismo, l’IS sono una seria minaccia. Si deve porre fine alle atrocità, ai conflitti e alle guerre che in diverse parti del mondo vengono alimentate attraverso l’uso strumentale delle religioni, ma hanno origine nello scontro politico ed economico per il controllo dei territori e delle loro ricchezze.

Il terrorismo che si autoproclama religioso, finanziato e armato da stati e da poteri contrapposti, punta a destabilizzare tutti i paesi musulmani, ad abbattere la stessa civiltà araba e islamica, a soffocare ogni processo democratico e di laicità, e quanto conquistato dalle primavere arabe. E le donne, le prime vittime dell’oscurantismo, stanno dando una dimostrazione di coraggio lottando in prima fila per rivendicare diritti e democrazia.      

Occorre che l’Europa, gli Stati, nel rispetto delle norme internazionali e nell’ambito dell’ONU, giochino il proprio ruolo con azioni responsabili, di impegno politico diplomatico dicendo no a interventi militari che, com’è accaduto in passato, produrrebbero danni, contribuendo a rafforzare i califfati e le formazioni terroristiche, in Medio Oriente e non solo. La CGIL deve continuare ad essere in prima fila nel riportare l’attenzione sulle vicende internazionali, con le posizioni che ha sempre espresso, aggiornandole alla luce dei processi in corso e dello sviluppo preoccupante di nazionalismi e fondamentalismi, in Italia e in Europa, che mettono a rischio la pace e la tenuta democratica di molti paesi. Per ripudiare la guerra e affermare la pace, occorrono politiche di sviluppo e di integrazione, risposte adeguate alla tragedia dei profughi e dei migranti che perdono la vita nei nostri mari fuggendo dalle guerre e dalla miseria dei loro paesi.  Occorre riattivare la missione “mare nostrum”, garantendo sotto l’egida dell’ONU e dell’UNHCR, canali protetti di immigrazione dalle aree del conflitto. Il mediterraneo dev’essere parte integrante delle politiche europee, cosa possibile se si sconfiggono le politiche che dividono e impoveriscono i popoli e si afferma l’Europa dei diritti e della cooperazione.

Il quadro sociale del nostro paese continua ad essere allarmante, e la situazione politica inedita.

La crisi, contrariamente a ciò che millanta il governo per sostenere le proprie politiche, non è purtroppo prossima a finire, pur a fronte di alcune condizioni favorevoli per l’economia e la ripresa, e si aggravano i suoi effetti devastanti sul tessuto sociale, sul sistema industriale e sull’occupazione, mentre il governo, col suo interclassismo di facciata e le sue scelte subordinate alle ricette liberiste e di austerità, taglia le risorse per gli ammortizzatori sociali e per il sistema pubblico sociale, procedendo a colpi di maggioranza e di decreti sulla stessa strada dei governi precedenti. Il Presidente Renzi, con l’approvazione del Jobs Act in spregio alla rappresentanza sociale e allo stesso Parlamento, ha voluto scardinare, a favore dell’impresa, il principio giuridico dell’equilibrio dei poteri previsto nello Statuto dei lavoratori: da una parte il padrone e dall’altra il lavoratore.

Dopo aver cancellato il diritto al lavoro e la dignità delle persone con l’abolizione dell’articolo 18, e dopo aver manomesso lo Statuto, oggi tenta anche di trasformare la scuola pubblica in impresa, e di smantellare l’assetto democratico della Repubblica sancito dalla Costituzione.

Ma c’è un’altra emergenza insieme al lavoro oggi nel nostro paese: la legalità. L’iniziativa messa in campo dalla CGIL della raccolta di firme per una legge a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori e contro il sistema attuale degli appalti, luogo di sfruttamento e di divisione del mondo del lavoro, rappresenta una lotta generale di civiltà e di democrazia che non riguarda solo alcuni, ma tutte le categorie e la confederazione.

L’intreccio tra politica, corruzione e malaffare è parte di un sistema di potere che dev’essere sradicato con determinazione da parte di questo governo, che è feroce con i diritti del lavoro ma inefficace rispetto alla necessità di leggi severe contro l’evasione, la criminalità, il falso in bilancio e la corruzione. Nel nostro paese la legge non è uguale per tutti. Bisogna smettere di nascondersi dietro un falso garantismo che si traduce in impunità per corrotti e corruttori, inquinatori e sfruttatori, evasori e ladri di risorse per il futuro dei giovani. L'economia italiana sfugge al principio di legalità, la nostra è una classe padronale di “capitani coraggiosi” nell’attaccare i diritti del lavoro ma incapaci di assumersi le proprie responsabilità storiche, di rilanciare il sistema industriale e di salvaguardare il patrimonio manifatturiero del paese, le proprie aziende e l’occupazione.

La vendita di Pirelli è l’ennesimo pesante colpo per un paese che si sta privando delle sue eccellenze industriali.

La CGIL, nel suo ultimo Comitato Direttivo nazionale del 18 febbraio scorso, ha confermato il proprio autonomo giudizio sull’operato del governo, indicando un percorso di mobilitazioni in continuità con la sua iniziativa generale e con la manifestazione nazionale del 25 ottobre e lo sciopero generale del 12 dicembre 2015. Quelle piazze sono state una risposta politica di ordine sindacale e sociale: ci hanno consegnato una grande responsabilità, e suscitato aspettative che non vanno deluse e che solo la CGIL oggi può tentare di rappresentare su un piano generale e non corporativo, pur nella difficoltà di costruire adeguati rapporti di forza e mobilitazioni unitarie contro le scelte del padronato italiano e le politiche del governo.

La decisione della CGIL di presentare un Nuovo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori più inclusivo, che estenda i diritti a tutti e a tutto il mondo del lavoro, la possibilità di ricorrere al referendum abrogativo sono per noi parte di un impegno generale su più fronti: dal lavoro che manca, al rilancio della mobilitazione unitaria per cancellare la ferita aperta sulle pensioni, alla ridistribuzione della ricchezza e alla lotta all’evasione e all’elusione fiscale.

Sulle pensioni occorre rompere ogni indugio e costruire una mobilitazione unitaria di carattere generale da realizzarsi sui territori, che dia forza e credibilità alla piattaforma approvata nei luoghi di lavoro. I danni della Legge Fornero stanno divenendo vistosi, insieme a quelli dovuti all’applicazione automatica di un codicillo introdotto nel 2010 dal Governo Berlusconi che lega l’età pensionabile all’incremento dell’aspettativa di vita, ora ogni tre anni, dal 2016 ogni due. Per la pensione di vecchiaia siamo già a 65 anni e 7 mesi per le donne e 66 anni e 7 mesi per gli uomini, a prescindere dal lavoro svolto: una follia concepita da chi non conosce il lavoro e la fatica. Occorre, tra altro, ristabilire la pensione di anzianità, mantenere la differenza tra le donne e gli uomini e difendere la centralità del sistema pubblico universale e solidale, garantendo la reale rivalutazione delle pensioni che in questi anni si sono ulteriormente impoverite.

 

Per noi è questo il centro di una nuova stagione di lotta che deve dare continuità a quelle nostre piazze del lavoro, nelle quali si è espresso un blocco sociale non omogeneo, politicamente non rappresentato e neppure omologabile, fatto di donne e uomini, lavoratori, pensionati, giovani che si sono riconosciuti nel progetto e nelle proposte della CGIL, e che chiedono lavoro, diritti e futuro.

Per questo la manifestazione della FIOM del 28 marzo rappresenta un appuntamento importante al quale tutta la nostra organizzazione parteciperà, per i suoi contenuti sindacali in coerenza con le scelte assunte dalla CGIL e con le iniziative messe in campo da altre categorie.

Si è chiusa una fase e la sfida è alta e difficile.

Siamo dentro uno scontro generale classista sul destino del paese e sul futuro della società. Per questo la politica non deve scomparire dall’orizzonte della CGIL: non vogliamo né possiamo sostituirla, perché ciò snaturerebbe la nostra funzione, né le forze politiche possono espropriare il sindacato del suo ruolo contrattuale e di rappresentanza.

La CGIL, che è già per sua storia e natura un soggetto politico di rappresentanza sociale generale capace di essere punto di riferimento del mondo del lavoro e non solo, deve mantenere il suo profilo classista e solidaristico, difendere e rafforzare la propria autonomia, rispettando quella dei movimenti e delle associazioni con le quali da tempo ha costruito - riconoscendo loro, pur nella parzialità, funzione e rappresentanza - una convergenza ideale, un’unità di iniziativa e un legame consolidato e profondo, come ha testimoniato la manifestazione di Libera del 21 marzo a Bologna.  E’ questa la CGIL, qualcosa che il Presidente Renzi considera un’anomalia da cancellare, e che oggi non a caso subisce un attacco da più parti.

Per contrastare le scelte del governo occorre costruire un ampio fronte di coesione sociale. Esiste nel paese il bisogno di una forte rappresentanza politica istituzionale, che oggi manca, che abbia come riferimento il lavoro.

Per il mondo del lavoro, per il sindacato confederale è importante poter contare su una sponda politica di sinistra - una sinistra oggi frantumata e in mutazione genetica - all’altezza dello scontro generale. Servirebbe un soggetto politico rinnovato, che sia vivo e presente nella realtà del lavoro, che orienti e organizzi le persone attorno a un progetto politico e valorale di società e di futuro del paese. La nostra CGIL è un sindacato militante, di delegate e di delegati, che mette al centro la contrattazione, la lotta per l’eguaglianza, i diritti sociali e del lavoro e che ha sempre riconosciuto il valore e la funzione, in democrazia, delle strutture collettive organizzate e dei partiti. L’antipolitica e il leaderismo non ci appartengono, perché si traducono nell’idea dell’uomo solo al comando, di una democrazia plebiscitaria ed elitaria senza regole, senza popolo e senza partecipazione, cioè nella democrazia rinsecchita e distorta che ritroviamo nella controriforma costituzionale ed elettorale proposta dal governo. Una controriforma rispetto alla quale, se non ci saranno modifiche, in occasione del referendum confermativo la CGIL dovrà esprimere il proprio motivato dissenso, in coerenza con i giudizi e le scelte del passato. 

La CGIL deve riaffermare la propria natura democratica e plurale, rafforzando il valore della confederalità, della dialettica interna e della collegialità, contro la burocratizzazione, l’accentramento dei poteri, la balcanizzazione e la spoliticizzazione che pure ci sono al nostro interno.

La prossima Conferenza d’organizzazione sarà un’occasione importante da non sprecare, una responsabilità nelle mani del gruppo dirigente per una riorganizzazione non piegata al contingente, ma che sappia guardare al futuro, pur sapendo che rivedere e aggiornare i principi statutari spetta solo al congresso. Serve innovare la nostra struttura organizzativa, ma con senso di appartenenza a un’organizzazione che molto ha fatto, nella crisi, per difendere i diritti di chi lavora. L’aspetto organizzativo e quello politico vanno tenuti insieme, rafforzando contrattazione e partecipazione, e la nostra rappresentatività e rappresentanza nei luoghi di lavoro e nella società. Alle RSU, alle delegate, ai delegati, agli iscritti, vanno riconosciuti concretamente ruolo, valore e maggiori poteri decisionali.

Siamo chiamati a misurare la nostra rappresentatività come abbiamo fatto nelle elezioni del pubblico impiego e dei settori della conoscenza: una competizione dalla quale è uscito confermato il primato dell’organizzazione in una realtà molto complessa per il blocco dei contratti e della contrattazione, ma i cui risultati ci obbligano a una riflessione più attenta.

La CGIL, senza salti nel buio, è in grado di autoriformarsi e di decidere come farlo, dando segnali in controtendenza in termini di rappresentanza e di democrazia non plebiscitaria ma partecipata, difendendo se stessa e la sua storia dalle derive presenti nella società e salvaguardando l’unità del suo gruppo dirigente a tutti i livelli: un’unità indispensabile per reggere l’urto dell’attacco che proseguirà, e per produrre con efficacia le mobilitazioni decise e un’azione contrattuale di qualità a tutti i livelli.

E la qualità della contrattazione, inclusiva e coordinata, è fattore determinate per la tenuta della piattaforma CGIL, per dare continuità alla mobilitazione di contrasto al Jobs Act e alla mistificazione del contratto a “tutele crescenti”, per conquistare i CCNL sottoposti ad attacco e spostare i rapporti di forza a noi sfavorevoli, per affermare la nostra presenza nei luoghi di lavoro, nel territorio e nella società, con l’ambizione di riunificare attorno a un’idea, a un progetto di sviluppo e di società, il mondo del lavoro di oggi, che è la parte migliore dell’Italia.

Perché il lavoro è cultura e la cultura è lavoro. Perché la dignità del lavoro va preservata e tutelata applicando la Costituzione e rispettandone e affermandone i valori anche sul terreno contrattuale.

Lavoro Società, sinistra sindacale confederale, si sente impegnata, coerentemente e collettivamente a portare, anche nella Conferenza d’organizzazione, i propri contributi di elaborazione, di proposte e di riflessione, in CGIL e in tutte le categorie.

 

Roma, 25 marzo 2015          

                                                        Il Coordinamento Nazionale di Lavoro Società

 

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