I falchi europei e della Troika continuano ad accanirsi contro il popolo greco. Ma la vittoria di Tsipras ha già rotto il tabu’ della mancanza di alternative e può far cambiare corso alla fallimentare austerità a trazione tedesca

La vittoria elettorale di Syriza ha aperto una nuova prospettiva, non solo per il martoriato popolo greco, ma per l’Europa stessa. E’ un’occasione storica che i movimenti sociali, i sindacati, quel che resta della sinistra nel nostro continente devono saper cogliere per ribaltare le disastrose politiche di austerità che tanti danni hanno creato ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani. Negli ultimi 6-7 anni al popolo greco sono state inflitte sofferenze immani: disoccupazione dilagante, caduta verticale dei redditi, povertà diffusa, negazione dei beni essenziali primari, dal cibo alle medicine. Il tutto in nome di un presunto risanamento del debito, che ha significato, in realtà, il salvataggio con soldi pubblici dei guadagni delle banche tedesche e francesi (con una compartecipazione minore di quelle britanniche e Usa), che avevano già lucrato abbondanti interessi sul debito pubblico ellenico. Un paese sfiancato si trova, dopo la cura da cavallo, con un debito ancora maggiore di quello iniziale, ora non più verso le banche private, ma verso le istituzioni finanziarie della Troika. Ma le politiche imposte alla Grecia sono state applicate, con dosi e conseguenze più o meno letali, un po’ ovunque in Europa, con particolare accanimento in Portogallo, Spagna, Irlanda e Italia – ultimo, da noi, dopo la “riforma” Fornero, il renziano Jobs Act. I Greci, con il loro voto al governo Tsipras, hanno detto basta! Un basta che serve anche a tutti i lavoratori e i cittadini d’Europa.

La vittoria e il programma di Syriza – al di là degli aggiustamenti tattici di chi è costretto a “negoziare” contro tutto il ghota del neoliberismo e del capitalismo finanziario– smentiscono la tesi “TINA – there is no alternative” che ci domina da 20-25 anni e che ha costituito l’alibi di (quasi) tutti i governi di centro-sinistra del continente per fare le stesse politiche tatcheriane dei governi di centro-destra, ...quando non peggiori. Il programma “umanitario” del nuovo governo greco, la rinegoziazione e il taglio del debito, le politiche per il lavoro e la crescita, la difesa dei servizi e degli investimenti pubblici, l’aumento del salario minimo non sono certo proposte rivoluzionarie o irrazionali, come i falchi del governo tedesco e della BCE – e molti commentatori italiani, per non parlare del nostro “astuto” premier – vogliono far credere. Le politiche di austerità hanno gettato l’Europa in una crisi profonda, facendola diventare il “malato” dell’economia globale. E’ la stessa Amministrazione Usa a chiedere un’inversione di rotta.

Per l’Italia, come per l’Eurozona, le cosiddette condizioni “esogene”, a partire dal crollo dei prezzi petroliferi, sarebbero favorevoli. Draghi – poco, tardi e male – lancia il Quantitative Easing cercando di dare ossigeno all’economia, soprattutto grazie alla svalutazione dell’euro e al rilancio delle esportazioni (tedesche). Ma a parte l’intento punitivo verso la Grecia, esclusa al momento dall’operazione di acquisto di titoli pubblici, sono le stesse istituzioni internazionali, Banca Mondiale, Fondo Monetario, OCSE, a non vedere segni sufficienti di ripresa data l’assenza di politiche reali a sostegno della domanda interna europea – salari pensioni e contrattazione – e all’ingigantirsi dei disequilibri tra paesi forti e “periferici”, insieme alla crescita delle diseguaglianze nella distribuzione di ricchezza e reddito. E qualche zero virgola di PIL in più non produce comunque nuovi posti di lavoro. Davvero l’unica strada è “cambia la Grecia, cambia l’Europa” ... l

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