La manifestazione del 20 giugno ha portato in piazza l’Italia civile e solidale. Mentre il Consiglio europeo approva il blocco navale delle coste libiche e respinge, insieme a profughi e migranti, la memoria stessa dei valori europei.

Evidentemente gli immigrati e i profughi meritano l’attenzione dei media mainstream solo quando finiscono in fondo al mare, o vengono percepiti come un problema di ordine pubblico. E’ passata sostanzialmente sotto silenzio la manifestazione di sabato 20 giugno a Roma, “Fermiamo la strage subito”, promossa da un vasto arco di personalità della cultura, ong, associazioni – comprese CGIL, CISL e UIL – in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato. Certo, non era così numerosa come la concomitante manifestazione oscurantista “a difesa della famiglia”. Ma buona parte dei media e gli immancabili imprenditori politici dell’odio non hanno perso l’occasione per dimostrare come, per loro, la vita umana valga solo se autoctona. Le persone – bambini, donne, uomini – che fuggono dalle guerre e dalla fame non meritano, per questi campioni dei diritti umani solo in casa loro, alcuna considerazione ed attenzione.

L’appello dei promotori “L’Europa nasce o muore nel Mediterraneo” sottolineava: “La regione è una polveriera, e il mare è ormai un cimitero a cielo aperto. Dall’inizio del 2015 nel Mediterraneo sono morte più di 1.700 persone. L’Europa, per storia, per cultura, per geografia, per il commercio, è parte integrante di questa regione ma sembra averne perso memoria. Il dramma di profughi e migranti, il loro abbandono in mano alle organizzazioni criminali, il dibattito su come, dove e chi colpire per impedire l’arrivo di uomini e donne che cercano rifugio o una vita dignitosa in Europa, non è altro che l’ultimo atto che testimonia l’assenza di visione politica da parte dei governi dell’Ue”.

La denuncia contenuta nell’appello è stata purtroppo confermata pochi giorni dopo dalle decisioni del vertice europeo che, grazie alla tessitura di “lady Pesc” Mogherini e all’orgoglio del governo italiano, che ne avrà il comando, sta mettendo in mare una missione di blocco navale e di affondamento dei barconi davanti alle sponde della Libia. E i profughi?

Di fronte a un’Europa che si dilania per non dare né ospitalità né transito a 40mila profughi - di fronte ai 60 milioni nel mondo denunciati dalla Unhcr, e ai 4 milioni che solo dalla guerra siriana affollano Turchia, Giordania, Libano e Iraq - e sceglie la prova di forza della guerra marinara, le proposte dell’appello e dei manifestanti del 20 giugno sono di semplice buon senso. In dieci priorità si chiede che l’Europa attivi subito un programma di ricerca e salvataggio in tutta l’area del Mediterraneo; ritiri ogni ipotesi di intervento armato contro i barconi; apra subito canali umanitari e vie d’accesso legali al territorio europeo, unico modo realistico per evitare i viaggi della morte e combattere gli scafisti; sospenda il regolamento di Dublino e consenta ai profughi di scegliere il paese dove andare sostenendo economicamente, con un fondo europeo ad hoc, l’accoglienza in quei paesi sulla base della distribuzione dei profughi.

Le priorità dei manifestanti vanno oltre l’emergenza. Così chiedono che si intervenga nelle aree di crisi per trovare soluzioni di pace, promuovendo concretamente i processi di composizione dei conflitti, le transizioni democratiche e il dialogo tra le diverse comunità; che si sospendano accordi, come i processi di Rabat e di Khartoum, con governi che non rispettano i diritti umani e le libertà; che si programmino interventi di cooperazione per lo sviluppo locale sostenibile; che si sostenga un grande piano di investimenti pubblici per l’economia di pace, per il lavoro dignitoso e per la riconversione ecologica; infine, che si sostenga la rinegoziazione e l’annullamento dei debiti pubblici non esigibili, o prodotti da accordi e gestioni clientelari o di corruzione. Troppo semplice e umano perché i media se ne occupino e perché i leader europei stiano ad ascoltare. 

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