Confindustria e padronato, in sintonia con il governo, vogliono affossare il modello contrattuale su due livelli basato sul valore universale e solidaristico del Ccnl. La sfida generale è su relazioni sindacali e qualità della contrattazione e il diritto dei lavoratori e dei loro sindacati rappresentativi ad esercitarla.

La proposta di Confindustria vuole vincolarci a un “pentalogo” che è una provocazione inaccettabile perché prevede, oltre all’attuazione del jobs act, lo svuotamento del ruolo del Ccnl non solo come regolatore dei poteri su condizioni e organizzazione nei luoghi di lavoro, ma come strumento di redistribuzione della ricchezza e di tutela e aumento del salario.
Non ci sono oggi le condizioni per partecipare al confronto nazionale: non solo perché la nostra idea di relazioni e di modello contrattuale da proporre a Cisl e Uil va costruita in un percorso collegiale, coinvolgendo gli iscritti e i lavoratori, ma perché i rinnovi dei Ccnl delle categorie, dai chimici agli alimentaristi e ai meccanici, insieme a quello del settore pubblico rimasto senza adeguata copertura economica in finanziaria, sono il vero banco di prova dello scontro in atto.

I Ccnl vanno rinnovati, non imprigionati nel confronto nazionale ma sostenuti confederalmente. Conquistare i contratti ed esercitare a tutti i livelli la contrattazione è l’unico modo per uscire dalla difensiva ricreando, a partire dai luoghi di lavoro, migliori rapporti di forza e le condizioni per gestire il duro confronto con Confindustria e governo.
Nel contesto attuale, l’accordo sul contratto dei chimici, pur con gli scambi e i limiti che contiene, va valutato come uno spiraglio in controtendenza, che apre contraddizioni rispetto a quanto Confindustria e governo vogliono imporre. Ora saranno i lavoratori a decidere.

Il governo ha scelto di stare con l’impresa e col mercato, di favorirli sul piano politico e legislativo, in continuità con il decreto Sacconi e l’articolo 8 che consentiva ai contratti aziendali di derogare al Ccnl e alla legge. Un approccio classista, che il governo mantiene con la legge di stabilità: fisco, sanità, casa, lavoro, pensioni, diritti, ammortizzatori, fino al ricatto di intervenire per legge sul modello contrattuale e sul salario minimo.
Con l’abbattimento del salario contrattuale e la sua perdita di valenza erga-omnes, il salario minimo per legge destrutturerebbe il sistema contrattuale. Dal partito della nazione, formalmente interclassista, siamo ormai passati a quello dell’impresa e dei suoi interessi, mentre continua a mancare un partito della sinistra che abbia a riferimento il lavoro. 

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