Con l’assemblea di questi due giorni, va a conclusione un ciclo ricco e molto lungo della sinistra sindacale interna ai sindacati della conoscenza.
Va a conclusione un percorso e contemporaneamente ne inizia uno nuovo, in un contesto denso di incognite e caratterizzato da una situazione di estrema difficoltà della nostra organizzazione sindacale: della CGIL, come di ogni singola categoria.
Il compito che noi abbiamo oggi è quello di delineare le tappe di un nuovo viaggio (e la parola viaggio non è stata scelta a caso) al termine del quale il risultato da conseguire è il rilancio politico ed organizzativo della nostra area, sapendo che questo va di pari passo con il rilancio politico e organizzativo della intera FLC.
E’ un compito, questo, tutt’altro che semplice e per avere una qualche possibilità di riuscita, è necessario fare i conti con la realtà che ci circonda, battendo il berlusconismo che ha trovato proseliti anche dentro di noi (parlo della CGIL, ma anche dell’area di casa nostra) che fa del protagonismo personale, della trasformazione della realtà, dell’uso improprio e dissennato delle risorse economiche, obiettivo e strumento del proprio agire politico.

Una vera e propria malattia che va battuta, rimettendo al centro dell’agire individuale e collettivo, il senso di appartenenza ad una grande organizzazione di massa che fa della dignità delle persone, il rispetto dell’altro, dell’altro da te, della tutela dei diritti di ognuno e di tutti, il motivo della propria esistenza.
Ma consentitemi un breve excursus storico, per capire e per far conoscere anche ai più giovani tra noi qual è stata l’evoluzione della nostra area all’interno della CGIL Scuola prima e della FLC successivamente.
Sono entrato nella segreteria nazionale della CGIL scuola, in sostituzione di Filippo Ottone, subito dopo il congresso del 1998, pochi mesi dopo l’insediamento di Enrico Panini nella segreteria generale. Una segreteria teoricamente di 5 persone, ma effettivamente di 6 perché Renzo Concezione in realtà svolgeva le funzioni di segretario organizzativo e partecipava regolarmente alle riunioni di segreteria.
Al centro nazionale, per l’area (allora si chiamava Alternativa Sindacale) c’erano Pino Patroncini e Vittorino Delli Cicchi.
Complessivamente eravamo in tre su un totale di quasi trenta persone impiegate al centro nazionale.
La vita dell’area era caratterizzata da una fortissima dialettica interna, ma anche da una grande ricchezza di elaborazione e, con la dovuta pazienza e le dovute mediazioni, siamo riusciti ad avere un ruolo propositivo e di rilievo all’interno del sindacato.

Elaborazione, determinazione, coraggio nell’affrontare anche gli scontri politici più feroci (è doveroso citare il periodo del concorsone), e questo sia sul piano della linea strategica che sul piano della gestione organizzativa della CGIL scuola, hanno fatto conoscere e crescere l’area in termini politici ed organizzativi.
Il periodo successivo alla crisi determinata dalle contestazioni della categoria sulla valutazione del personale voluta (o subita) da Berlinguer e sancita dal contratto di lavoro, ha visto una progressiva svolta politica del segretario generale e dell’intera CGIL scuola, che ha avuto la sua maggiore visibilità nell’affermazione del nostro sindacato nella elezione delle RSU e nella crescita costante delle iscrizioni.
Al di là dei meriti successivamente riconosciuti alla nostra area per il lavoro ed il fondamentale contributo dato, due elementi sono stati determinanti per il conseguimento di quel successo: la svolta politica del sindacato (potremmo dire del suo segretario generale) che ha saputo interpretare e trasporre in politiche contrattuali i bisogni dei lavoratori e dall’altro una organizzazione fortemente centralizzata, fortemente controllata, pronta a mettere in pratica, senza discussioni e senza sovrapposizioni, le linee politiche.
La costruzione di una organizzazione siffatta, però, ha avuto un prezzo che stiamo pagando adesso, a distanza di qualche anno. Per determinare quel tipo di controllo, è stata determinante la scelta delle persone da inserire nei posti chiave (segretari regionali e segretari organizzativi); il criterio non è stato la qualità, ma la fedeltà. (...)
La costruzione della FLC, con la fusione dei due sindacati SNUR e CGIL scuola, definisce un passaggio molto importante, ambizioso e politicamente rilevante sia rispetto alle politiche confederali che rispetto ai rapporti con le altre organizzazioni sindacali.
Non possiamo non rilevare come la nascita della FLC fa diventare centrale la tematica della conoscenza nelle strategie complessive della confederazione tanto da occupare anche i titoli dei documenti congressuali, cosa mai accaduta in passato.
Il nuovo soggetto sindacale influisce in modo pesante anche nei rapporti con le altre organizzazioni di categoria della CISL e della UIL. Per un verso la dimensione ampia e inusuale per i nostri settori in termini di iscritti e di rappresentanza della FLC intimorisce e rende le altre organizzazioni sindacali politicamente e culturalmente subalterne. Per un altro verso suscita avversione e desiderio di rivalsa e non si faranno sfuggire l’occasione che l’attuale governo Berlusconi serve loro su un vassoio d’argento.

L’unificazione dei due sindacati comporta anche la fusione delle due aree programmatiche in essi presenti e questo apre una ulteriore fase di crescita qualitativa ed organizzativa. Il ruolo che ha svolto Lavoro Società nella costruzione della FLC, in particolare in tutta la fase preparatoria necessaria per convincere persone e strutture della qualità e dell’importanza del progetto e per battere paure e diffidenze degli uni verso gli altri, e in particolare dei più piccoli rispetto ai più grandi, è stato determinante, e ci è stato ampiamente riconosciuto.
Così anche dal punto di vista del riconoscimento effettivo della consistenza dell’area, le cose cominciano a cambiare ed arriviamo alla situazione in cui nella segreteria attuale la consistenza è del 33% ed anche la presenza nel centro nazionale, pur non raggiungendo ciò che effettivamente spetterebbe, è altra cosa rispetto al passato.
La costruzione della FLC, coincide però anche con un altro passaggio fondamentale che avviene a livello confederale e che condizionerà fortemente la vita della nostra area. Per due volte consecutive Lavoro Società non presenta documenti alternativi e favorisce fortemente lo sviluppo di un percorso unitario, determinando il nascere di una nuova maggioranza all’interno della CGIL.
In particolare all’interno della FLC gli elementi di condivisione della linea politica fanno sì che il coinvolgimento di compagne e compagni dell’area cresca sempre di più determinando il fatto che la quantità di tempo libero da dedicare alle riunioni dell’area diminuisce in modo proporzionale all’impegno nel lavoro sindacale delle strutture ai diversi livelli e, dall’altro, la condivisione politica di cui dicevo poco fa e che si è nutrita fortemente del nostro contributo, rendeva incomprensibile la necessità di distinguersi con una riflessione autonoma.
Questo non ha impedito che in alcuni momenti topici della vita sindacale, come nel caso dell’accordo sul welfare con il governo Prodi e della manifestazione nazionale contro la precarietà, la nostra area non abbia esitato a manifestare il proprio dissenso e per questo sia stata al centro di uno scontro politico che per un periodo di tempo non breve ha determinato una frattura all’interno della nuova maggioranza congressuale, sia all’interno della confederazione che all’interno della FLC. (...)

Con gli ultimi anni della segreteria Panini, la FLC ha avuto una grande esposizione politica e mediatica, riesce a mettere in difficoltà le politiche di controriforma della Moratti e riesce anche a chiudere un buon contratto, quello del 2006/2009, e si riafferma come primo sindacato nelle elezioni delle RSU.
Il riconoscimento politico alla intera FLC e personale al suo segretario nazionale arriva con l’ingresso di Panini nella segreteria confederale e per giunta con un incarico di assoluto rilievo. (…)
La Confederazione candida alla segreteria un esterno, il segretario uscente della CGIL Puglia. All’interno della segreteria della FLC i pareri sono discordi e così anche all’interno del comitato direttivo e, se pure in forma più debole, anche all’interno dell’area.
Una discussione interna intensa ed approfondita porta Lavoro e Società a sostenere con convinzione la proposta di Mimmo Pantaleo.
Forse lui continuerà a maledirci, ma è solo grazie alla nostra determinazione che lui è diventato segretario della FLC.
Da Panini a Pantaleo, è stato come passare da un mondo ad un altro; due persone completamente diverse, politicamente diverse e con concezioni del sindacato per alcuni versi opposte, e soprattutto due persone con esperienze politiche, sindacali e culturali molto distanti.
Mimmo ha un battesimo di fuoco: la grandiosa manifestazione nazionale del 31 ottobre 2008, l’ultima unitaria, e la immediata firma dell’accordo separato nel pubblico impiego qualche ora dopo la manifestazione. (...)
I rapporti con l’area sono buoni e corretti ed i suoi interventi nelle diverse occasioni sono tesi a tutelare la nostra identità e la nostra possibilità di espressione che in diverse occasioni ed in qualche territorio, come a volte anche a livello nazionale, e nonostante ormai una lunga pratica di lavoro unitario, qualche dirigente e qualche struttura vogliono continuamente mettere in discussione.
Siamo al punto di poter e dover fare un primo bilancio di questa esperienza, sia in termini politici che organizzativi, di capire se abbiamo fatto bene o male a tenere quella posizione, che cosa ne è derivato per la nostra area e per la FLC.

Parto dalla conclusione dell’analisi: abbiamo fatto bene! (...)
Ma la radicalità politica non è sempre gradita, né dentro la FLC, né a livello confederale. E’ inevitabile che una organizzazione, come ho detto prima priva di qualità ma fedele, costruita per obbedire e mettere in pratica ciò che una direzione estremamente centralizzata e ferrea dispone dall’alto, nel momento in cui poco condivide e soprattutto nel momento in cui percepisce lo scollamento tra i due livelli, tende a rendersi autonoma e a sovrapporsi al livello politico ostacolandolo e a volte apertamente boicottandolo.
In molte situazioni è stato il lavoro estenuante svolto dall’area a far sì che le iniziative, le direttive, le prese di posizione in qualche modo venissero accolte e trasformate in iniziativa politica.
Io penso che Lavoro Società non possa che condividere una idea di sindacato non gerarchico, in cui il centralismo viene sostituito dalla responsabilizzazione di ogni singola persona e di ogni singola struttura, a partire da quella nazionale. (...)
Se non prepari il terreno, se non costruisci le condizioni, tutto ti si rivolta contro ed è quasi inevitabile che vengano messe in atto strategie di resistenza e di, virgolette, “controrivoluzione” e l’organizzazione cerca di prendere il sopravvento e di diventare autonoma; una organizzazione che ha capito molto bene che l’ostacolo principale a questo suo progetto è costituito da Lavoro e Società e non esista a colpire non appena può.
La FLC si trova esattamente in questa situazione. Molti sono gli esempi che potrei fare di fatti che non sono voci o interpretazioni, ma cose realmente accadute. Ne cito solo uno che al suo interno contiene tutto: Proteo, il suo congresso ed i suoi assetti.
Proteo sembrava avviata ad una soluzione tranquilla (...).
Ma è intervenuto qualche cosa che ha fatto rimettere in discussione questo percorso.
Al di là delle forme discutibili con cui tutto questo è avvenuto (forme che hanno mortificato il lavoro e le persone stesse che lo hanno svolto negli anni), il punto è capire perché questo è avvenuto.
Tutto sommato, depurando gli avvenimenti da fatti di contorno, il nocciolo sta nel fatto che è stata introdotta una norma statutaria che individua nella formazione un passaggio obbligato per poter diventare dirigente di questo sindacato. Il controllo della formazione, di conseguenza consegna a chi lo gestisce, il controllo dell’intera organizzazione, baipassando anche il massimo livello politico costituito dalla segreteria nel suo complesso e dal segretario generale. (...)
Come sia finita la questione lo sappiamo. La rivolta verificatasi al congresso e determinata non da un ragionamento politico come ho cercato di fare io, ma da un senso di giustizia e di rispetto della dignità delle persone, ha impedito che si realizzasse almeno parzialmente quel progetto e ha finito per danneggiare l’immagine della sola persona che in realtà ha avuto il coraggio di esporsi. (...)
Il problema vero è che va ridefinito un livello organizzativo adatto a sostenere il nuovo corso politico della FLC. Come non esistono persone per tutte le stagioni, così non esistono modelli organizzativi adatti a tutte le stagioni politiche.
Accanto a questo va affrontato il tema del rinnovamento di qualità del gruppo dirigente che non è solo un problema di carattere anagrafico, ma è proprio un problema di contenuto.
Su questo la nostra area è destinata, ancora una volta, a dare un contributo straordinario, sapendo che per farlo occorre recuperare una prassi di lavoro collettivo che, anche per mie responsabilità, almeno per quanto riguarda il livello nazionale, è venuta scemando nel tempo.
Dalla conclusione del congresso in poi Lavoro Società è stata travagliata dal tormentone sulla ricostituzione o meno dell’area programmatica.
Il tormentone era ed è ancora indicativo della necessità di rivitalizzare un elemento di carattere identitario che il congresso unitario e la costituzione di un’altra area programmatica rendevano importante.
Adesso l’area, a livello confederale è stata formalmente costituita ai sensi (qualche spiritoso ha aggiunto: ai sensi di colpa) dell’art.4 dello Statuto della CGIL (…).
E’ evidente che non si tratta dell’area programmatica in senso classico, quella che si forma per rottura della maggioranza o della minoranza, ed è anche vero che il coordinamento nazionale avrebbe potuto esprimere da subito una maggiore chiarezza sull’argomento, ma è anche evidente che dopo due congressi unitari siamo entrati all’interno di un’altra fase storica e politica della vita della CGIL. (...)

Ma torniamo a noi, alla FLC. (...)
Come ho detto nel corso di questa relazione, le scelte di carattere organizzativo compiute dal precedente segretario, hanno finito per indebolire, dal punto di vista della qualità del gruppo dirigente, la FLC.
Questo ha avuto come effetto una caduta verticale della elaborazione sui contenuti di tutti i settori della conoscenza. Una elaborazione che vive solo agli sforzi indicibili di qualche segretaria nazionale, ma che così non può andare avanti.
La FLC sta seriamente rischiando di parlare a insegnanti, ata, ricercatori senza sapere in realtà chi sono.
La pratica dell’inchiesta che era fondamentale strumento di elaborazione da un alto e di iniziativa politica dall’altro, è caduta in disuso. Lavoro Società la deve riprendere e convincere l’intera FLC che questa è una pratica da riattivare. Eravamo riusciti a inserire questo elemento nel documento congressuale del 2006, ma è rimasto lettera morta.
La seconda mozione ha chiesto ed ottenuto un comitato direttivo sul tema della valutazione: è un tema trasversale sul quale da sempre la nostra area ha svolto un compito di vigilanza e propositivo. Forse non si può tenere solo su una posizione del passato e occorre rapidamente avviare un nostro confronto uscendo da questo seminario con un gruppo di lavoro apposito in grado anche di coniugare valorizzazione del lavoro a organizzazione dello stesso.

Al centro del dibattito e dello scontro politico alle porte, sia con questo governo che con un governo diverso, ci saranno due elementi principali: precariato e previdenza.
Sono tematiche strettamente connesse che vanno trattate sia insieme che disgiuntamente e su cui non è più possibile fare solo operazione di resistenza.
Serve intervenire nel merito: nel primo caso sui livelli occupazionali necessari nel pubblico impiego, sui meccanismi di reclutamento, sulla qualità dell’offerta formativa e dei servizi; nel secondo caso il sostegno alla previdenza obbligatoria, gli strumenti e la pratica politica per raggiungere gli obiettivi posti dai documenti congressuali, il futuro e la trasformazione della previdenza complementare.
Previdenza e precariato richiedono altri due gruppi di lavoro e la costruzione di seminari appositi.
Quarto elemento di riflessione: la rappresentanza e le sue regole. Il panorama si è notevolmente modificato e lo sarà ancora di più nel futuro. Il mancato rinnovo delle RSU è indicativo del fatto che anche quell’accordo relativo alla loro istituzione nel P.I. sta per essere messo in discussione con la finalità di escluderci definitivamente.
E’ necessario valutare rapidamente quali sono le strade propositive e di mobilitazione da proporre per non essere perdenti in partenza. (...) 

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