Il difficile lavoro di organizzazione e rappresentanza dei lavoratori della pesca. Un settore in gravi difficoltà, privo di diritti basilari, minacciato dalle normative europee e dalle trivellazioni in mare.

Nel settore della pesca la Flai Cgil di Bari è riuscita a raccogliere ed unire tutte le marinerie (Monopoli, Mola di Bari, Santo Spirito e Molfetta), coinvolgendo decine di cooperative della piccola e grande pesca, e varie centinaia di lavoratori.

Negli ultimi anni, contraddistinti da grande impegno e mobilitazione, la Flai Cgil di Bari si è mossa per il miglioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza in mare di centinaia di lavoratori, ponendo in essere accordi che hanno migliorato le loro condizioni di lavoro e di vita. Sono stati sottoscritti in tutte le capitanerie di porto della nostra provincia numerosi accordi per l’accesso alla cigs in deroga, oltre che intese tra le parti per la compilazione di tabelle di armamento atte a definire il numero dei componenti degli equipaggi presenti sui pescherecci. Intese di vitale importanza: danno numeri certi, e quindi salvaguardano e rafforzano la sicurezza e la stabilità lavorativa sui pescherecci.

Innumerevoli sono stati i momenti assembleari con i lavoratori del settore, ponendo l’accento sull’importanza di promuovere la campagna della Flai Cgil nazionale sulle malattie professionali e gli infortuni nel settore della pesca. Tantissimi lavoratori hanno aderito alla campagna e hanno compilato il relativo questionario, sollecitati dalla presenza costante del medico del nostro patronato che ha effettuato visite mediche gratuite. Infatti, sebbene il lavoro in mare sia altamente logorante per le modalità in cui si è costretti ad esercitarlo, la categoria non è annoverata fra i lavori usuranti, e non gode neppure di alcun riconoscimento infortunistico.

Le patologie strettamente legate al lavoro in mare non sono riconosciute, né inserite, nelle tabelle dell’Inalil. I lavoratori non hanno alcuna tutela della salute, nonostante che la garanzia costituzionale alla salute sia estesa a tutti i cittadini. Dalla nostra ricerca, quasi tutti i lavoratori sono risultati affetti da dermatiti, problemi respiratori, e da forme più o meno gravi di problemi osteoarticolari, malattie strettamente legate alla tipologia di lavoro svolto. Insomma a pagare è sempre l’anello più debole della catena.

Coinvolgendo i tecnici del settore, che con il loro intervento hanno messo in luce le carenze e i punti deboli della categoria, proponendo alternative di rilancio, il nostro lavoro ha prodotto centinaia di adesioni alla Flai Cgil di Bari, oltre che una vasta eco sul territorio. Questo dimostra che l’impegno e il lavoro pagano sempre.

Permane, purtroppo, l’altra faccia della medaglia. Nonostante il settore sia profondamente in crisi, negli ultimi anni è stato oggetto di un vero terremoto burocratico-legislativo pesantemente sanzionatorio. Oltre alle difficoltà oggettive legate al pescato in mare, fortemente in riduzione, che ha costretto le barche a uscire anche in condizioni metereologiche proibitive e a spostarsi sotto coste straniere, rischiando la vita o nella migliore delle ipotesi il sequestro del mezzo, ad appesantire ulteriormente gli effetti della crisi interviene l’atteggiamento dello stato italiano e dell’Unione europea.

Le normative europee sono tese a penalizzare sempre più il settore della pesca italiano a favore di marinerie di altre nazioni; i finanziamenti europei sono irrisori e male utilizzati dai nostri referenti istituzionali; il ministero italiano è del tutto assente, e incapace di opporsi o contrastare le decisioni Ue; è totalmente assente una normativa a tutela della sicurezza dei lavoratori in mare, dato che alla categoria non si applica il Testo Unico n. 81, bensì la legge 271/99. Ultima perla da annoverare è la novità legislativa che entrerà in vigore nel 2017, quando la categoria non potrà più accedere agli ammortizzatori sociali in deroga: anche nel periodo di fermo biologico della pesca, imposto dalla legge, i lavoratori non potranno godere della cigs.

Come se non bastassero gli effetti devastanti sul settore della pesca italiano di simili comportamenti e di tali decisioni, dobbiamo sottolineare che sul futuro prossimo dei lavoratori incombe anche la volontà di trivellare il nostro mare. 

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