A due anni dalla scomparsa, una giornata per ricordarlo, promossa dal coordinamento unitario dei delegati della Cgt-Cls.


L’8 febbraio 2014 moriva dopo lunga malattia, affrontata con fermezza, dignità e una grande gioia di vivere, il compagno Bruno Rastelli della Cgt. In occasione del secondo anniversario della scomparsa, il coordinamento nazionale unitario Filcams Fisascat Uiltucs della Cgt-Cls ha organizzato una tre giorni seminariale di studio e riflessione, con la partecipazione di tutte le delegate e i delegati d’azienda.

Il primo giorno, appunto l’8 febbraio, è stato dedicato alla commemorazione e alla discussione su Bruno. La giornata è stata aperta da Fabrizio Pilotti del coordinamento nazionale, che ha tenuto la relazione introduttiva, seguito dalla moglie di Bruno, Adriana Pesenti, che ne ha tracciato un quadro politico e umano con un breve e bellissimo intervento, e da Zaverio Giupponi, succeduto a Bruno nella carica di presidente del Coordinamento.

Sono quindi intervenuti anche Carlo Ghezzi, che fu l’interfaccia della Camera del Lavoro di Milano quando Rastelli era uno dei leader del movimento dei consigli e che è succeduto a Bruno nel ruolo di Presidente del Comitato di garanzia della Cgil nazionale, Gianpaolo Patta e Nicola Nicolosi, che sono stati compagni di lotta e di organizzazione a Milano in Cgil e coordinatori nazionali di Alternativa sindacale prima, e di Lavoro Società poi. Ero presente anche io come referente nazionale di Lavoro Società in Filcams Cgil.

Bruno è stato un pezzo di storia della Cgil milanese e del Partito comunista prima, e di Rifondazione e dei Comunisti italiani poi. Tra i protagonisti, come Paolo Cagna e Giacinto Botti, del movimento dei consigli autoconvocati, è stato prima di me il coordinatore dell’area programmatica di Lavoro Società in Filcams Cgil. Mi ha preceduto anche nell’incarico di presidente del Comitato direttivo della Filcams. La sua scomparsa ha lasciato un grande vuoto tra le compagne e i compagni.

Bruno era tenace. Lo era sul piano politico e sindacale. Lo era come persona. Il suo primo assillo in qualsiasi discussione era per la nostra causa. Il socialismo, prima di tutto, poi il lavoro e i lavoratori, poi il sindacato, infine l’area programmatica. Era tenace sul piano personale. Ha amato con tenacia la sua famiglia. Credo sia stato un buon padre e un buon compagno. E un buon nonno.

Bruno era sincero e leale. Non ti dovevi aspettare piaggerie o inutili smancerie. Nei miei rapporti con lui non ha mai nascosto opinioni anche diverse dalle mie sulle scelte politiche, organizzative, di valutazione di fatti e persone. Ma non mi ha mai fatto mancare il sostegno. Anche quando questo comportava il misconoscimento del suo contributo. Senza di lui non sarei mai riuscito, nel 2012, ad inserirmi nella categoria con l’equilibrio necessario per me che venivo da fuori, paracadutato dalla confederazione.

Bruno aveva il culto dell’unità. Dell’unità dei lavoratori prima di tutto. Dell’unità della Cgil, dell’unità sindacale, dell’unità della sinistra. E ha forgiato una generazione di delegati della Cgt-Cls in questa convinzione. Ed era unitario senza rinunciare né alle differenze, né alla battaglia delle idee. Anzi per lui l’unità nasceva proprio dal confronto, dalla lealtà e dalla mediazione. E con spirito unitario aveva affrontato la sua ultima battaglia, quella combattuta dal movimento delle Rsu contro la controriforma Fornero.

Bruno era comunista. Apparteneva con la testa e con il cuore alla storia e alla militanza del partito comunista italiano. Bruno era un quadro. Non nel senso della collocazione lavorativa (e quadro lo era per davvero). Era un quadro strutturato, preparato politicamente e sindacalmente cresciuto alla scuola del movimento operaio. Era stato allievo ed era diventato maestro. 

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