L’avventura cosmopolitica parte con molto entusiasmo, tante idee, anche diverse, e molte aspettative che non possono essere deluse. Che nel nostro paese manchi ormai da tempo una rappresentanza politica della sinistra capace di rappresentare e difendere degnamente il lavoro, i giovani e i ceti popolari dal pensiero unico e dalle politiche uniche del neoliberismo, nessuno meglio di noi, militanti della Cgil, può testimoniarlo quotidianamente. E’ per questo che è stata una bella sorpresa vivere una tre giorni densa di plenarie e di “laboratori per l’alternativa” con oltre 3mila appassionati partecipanti provenienti da storie diverse che spesso, ma non sempre per fortuna, si erano già incrociati nelle mille vicissitudini della tormentata sinistra italiana di alternativa.

Come il tema del lavoro stia dentro la discussione di un percorso costituente di una sinistra nuova, diventa per noi dirimente in tutta la sua complessità. Le donne e gli uomini che hanno risposto all’appello di Cosmopolitica per costituire un nuovo partito unitario della sinistra vi arrivano da percorsi che hanno interpretato il tema del lavoro che cambia, di come difenderlo e di come rappresentarlo, in modo diverso in questi anni. E tra questi vi sono anche coloro che, probabilmente, nemmeno ritengono il lavoro l’elemento costituente, la famosa contraddizione principale per dirla con il barbuto tedesco.

Per questo motivo il laboratorio intitolato “cosmopolitiche del lavoro – l’alternativa al jobs act” si è rivelato la cartina di tornasole perfetta per affrontare e tentare di risolvere i nodi principali. I lavori sono stati coordinati da Marco Grimaldi, consigliere regionale piemontese di Sel, assieme a Marta Finiti di Tilt, che ha portato uno specifico contributo sul mondo del precariato dei lavoratori della conoscenza. Le due relazioni di quadro sono state affidate poi a due compagni della Cgil, Salvo Leonardi della Fondazione Di VIttorio, che ha disegnato il quadro delle trasformazioni del lavoro e del sistema di regolazione dei diritti in Italia ed in Europa, e Lorenzo Fassina, responsabile dell’ufficio giuridico della Cgil, che ha illustrato la proposta della Carta universale dei diritti del lavoro.

Già nella scelta della impostazione iniziale del laboratorio, è emersa quindi l’attenzione di chi sta lavorando al nuovo soggetto politico verso la Cgil, riconoscendone il ruolo cruciale di argine in questa lunga fase di attacco al mondo del lavoro. E i contributi nel dibattito hanno confermato la stretta relazione che, nei territori, si sta costruendo sulle battaglie del lavoro tra il sindacato e la politica, un segnale di reciproca attenzione che va valorizzato e rafforzato.

L’orizzontalità assembleare dei lavori ha lasciato poco spazio ai formalismi ed ai rituali, permettendo a illustri ex segretari nazionali della Cgil, come Cofferati e Pizzinato, di discutere assieme gomito a gomito con giovani precari incavolati, dipendenti pubblici in lotta, partite Iva sull’orlo di una crisi di nervi. Dal quadro europeo, segnato dalla stagnazione dovuta alle politiche di austerità, alla strutturale disoccupazione giovanile non scalfita dai generosi contributi pubblici per le assunzioni del jobs act; dalla vertenza previdenziale non più rinviabile, alla parcellizzazione e svalorizzazione del lavoro operata dalle ricette neoliberiste: la fotografia che emerge richiede un vero ribaltamento di prospettiva nel campo della politica, per tentare di uscire dalla crisi permanente.

Ma è emersa una traccia comune negli interventi e negli approfondimenti di queste giornate, un metodo più che una ricetta unica, per tentare di dare una risposta alla molteplicità della crisi e delle trasformazioni capitalistiche che stiamo vivendo: ricondurre a unità il lavoro, ricostruire solidarietà e mutualismo, ricominciare dai diritti e dai bisogni di chi vogliamo rappresentare.

Siamo usciti da queste discussioni con la convinzione che serva una risposta alta e forte alla crisi della politica e della sinistra. Ricomporre ciò che il ciclone neoliberista ha frammentato e disperso. Quando ogni giorno mi reco nelle fabbriche per le assemblee sulla proposta della Cgil della Carta universale dei diritti del lavoro, mi rivolgono immancabilmente due domane. Difficili ma determinanti. La prima è: “Perché quelli che governano ora, che dovrebbero essere dei nostri, non ci ascoltano?”. E poi: “Ma poi questa legge chi potrà sostenerla a Roma?”. Per poter rispondere a queste domande dei lavoratori bisognerà lavorare sodo nel cosmo, ma anche giù tra i lavoratori, tra i giovani, nel paese reale stanco che chiede una politica a sinistra nuova, determinata e determinante.

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