Se c’è una misura del degrado, e dell’arretramento di un paese sul terreno della democrazia e della civiltà, questo risiede nella possibilità o meno delle donne di esercitare appieno la propria libertà.

Quando la violenza maschile, individuale o collettiva, in tutte le forme, torna ad accanirsi contro donne di ogni età e ceto, in casa e fuori, persino nei loro luoghi di lavoro, fino al femminicidio; quando assistiamo al montare di un’ “onda nera”, al diffondersi di tendenze fasciste e maschiliste come quelle delle ronde per difendere le “nostre” donne; ad atteggiamenti violenti e agli attacchi più volgari - anche da parte di politici - come quelli rivolti alla presidente della Camera e alle donne in generale, siamo allora di fronte a un’emergenza sociale che ci tocca e ci riguarda tutti.

Un’emergenza anche politica, se è vero che non si sta facendo abbastanza per combattere questi fenomeni. Anzi si torna indietro, come con la monetizzazione dello stalking, o giustificando la violenza sulle donne come reazione alla loro conquistata libertà.

C’è bisogno di una battaglia culturale e valoriale, anche da parte nostra, perché ogni volta che rinunciamo a farla si perde anche l’anima e si arretra sul piano identitario, regalando consenso alle culture più retrive. C’è la necessità di un impegno dello Stato, delle istituzioni, del governo, di un’organizzazione del lavoro e della vita sociale che sia più a misura delle istanze e delle aspettative delle donne. C’è bisogno di riparare alle grandi ingiustizie che le colpiscono da sempre, rinvigorite dalla legge Fornero e da una previdenza che ha parificato l’età pensionistica; alle discriminazioni salariali e professionali sul lavoro; al disconoscimento del lavoro di cura a fronte di una riduzione dello stato sociale e dei servizi pubblici, ponendo fine alle disparità di genere che ancora penalizzano le donne nel nostro paese. Insomma perché le donne vedano garantite pari condizioni e opportunità, riconosciute le differenze, cancellate le discriminazioni e le ingiustizie.

Oltre all’azione collettiva, che deve vedere la Cgil impegnata come sempre, c’è un compito che attiene alla coscienza individuale di ogni maschio, e che comporta la fatica di una riflessione e di un lavoro su di sé nel misurarsi con i temi della violenza, delle relazioni tra i sessi e della libertà femminile.

Insieme alle leggi e a un’educazione valoriale e civile al rispetto delle donne, a partire dalla scuola, solo dalla consapevolezza del maschilismo che ci portiamo ancora dentro, come individui e come genere, può affermarsi un’autentica spinta al cambiamento che sconfigga la violenza contro le donne da parte degli uomini, di qualunque ceto sociale e nazionalità essi siano. E’ un tema che ci riguarda tutti, e sul quale nessuno dovrebbe girare la testa dall’altra parte o restare in silenzio.

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