Un seminario del gruppo dirigente Cgil Roma e Lazio su politiche migratorie e contrasto dell’islamofobia.

L’attività del dipartimento immigrazione della Cgil di Roma e Lazio si è concentrata, negli ultimi mesi, su temi diversi, avendo sempre a riferimento un approccio che guarda alle migrazioni come a un fenomeno divenuto oramai strutturale e costituente della nostra società.

Per questi motivi abbiamo creato uno spazio seminariale, il 14 novembre scorso, con tema “Immigrazione. Conoscere, comprendere, convivere”, dedicato al nostro corpo dirigente, considerando che ora viviamo in un momento cruciale: i lavoratori immigrati iscritti alla nostra organizzazione hanno un peso sostanziale tra gli attivi, raggiungendo anche la metà degli iscritti totali per alcune delle nostre categorie. E, per meglio rispondere nei posti di lavoro e nelle assemblee, noi crediamo che la conoscenza del fenomeno migratorio sia sicuramente la prima cosa. Dopo questo occorre comprendere alcune questioni, riflettendo e analizzando anche a livello storico, sociale, e statistico. L’altro punto è convivere in ottica interculturale e ricordando che quest’ultima potrà dare a noi sindacalisti una possibilità di laboratorio e di progettazione di piattaforme e concertazioni future nell’ambito territoriale.

Con l’aiuto di esperti e professori universitari, abbiamo avuto modo di approfondire e conoscere meglio le motivazioni strutturali del fenomeno migratorio, percorrendo dati storici, sociali e statistici, rendendoci conto così che le migrazioni costituiscono una delle sfide più grandi che l’Europa si trova oggi a fronteggiare.

Mentre l’attenzione politica e mediatica si focalizza comprensibilmente sulla gestione della crisi dei rifugiati, si osserva una mancanza di attenzione sempre più preoccupante verso l’immigrazione cosiddetta “economica”. La gestione dell’immigrazione “normale”, messa in secondo piano anche dall’inerzia timorosa della politica, resta affidata a un sistema di norme ormai obsoleto.

Nella nostra regione sono 645.159 gli immigrati residenti, pari al 13% del totale nazionale. L’impatto sulla popolazione complessiva della regione è pari all’11%, a fronte della media nazionale dell’8,3%. La particolarità è che la sola provincia di Roma registra l’82% del totale di immigrati residenti nella regione. Gli occupati sono 341.914 persone. Tra questi, la maggior parte (il 67%) lavora nei servizi; seguono l’industria con il 17,6%, e l’agricoltura con il 6,3%.

Sono dati che comunque hanno bisogno di una maggiore riflessione, e che sicuramente ci suggeriscono, in quanto sindacalisti, di promuovere il proselitismo e l’iscrizione degli immigrati alla nostra organizzazione. Inoltre non possiamo sfuggire ad alcune riflessioni sul futuro pensionistico delle donne impegnate ora nel lavoro di cura, concertando altri accordi di sicurezza sociale con i paesi di origine non comunitari.

Non poteva mancare al seminario un passaggio sulla nostra rete “Romaccoglie”, promossa dalla Cgil di Roma e Lazio e da una serie di associazioni laiche, che ha elaborato un documento sintetico di proposte concrete da presentare ai diversi livelli istituzionali (Comune, Regione, Prefettura), con l’obiettivo di far assumere ai nostri interlocutori impegni precisi in materia.

Il seminario è proseguito con la tavola rotonda “Razzismo e islamofobia: genesi e ricadute dal punto di vista culturale”. Alcuni episodi di violenza e di terrorismo internazionale, che hanno visto protagonisti movimenti di matrice islamica, hanno contribuito a porre al centro, in maniera problematica, il rapporto con l’islam. Il velo, il fondamentalismo, la “guerra santa”, la libertà religiosa sono temi ampiamente dibattuti dall’opinione pubblica, e suscitano spesso una sorta di islamofobia diffusa. La comunità islamica si trova oggi ad affrontare una duplice sfida: da un lato l’ostilità culturale che deriva da una sempre crescente islamofobia; dall’altro, l’interpretazione della propria tradizione religiosa per renderla compatibile con il nuovo contesto sociale, culturale e politico.

Dunque occorre occuparci di “musulmani di seconda generazione” nati in Italia (con o senza passaporto italiano), e utilizzare i nostri strumenti come la contrattazione sociale territoriale. Occorre sviluppare piattaforme che individuino i problemi e le soluzioni che si riferiscono alla presenza degli immigrati sul territorio. E, partendo da qui, contrattare un modello di una vera società interculturale nelle sue articolazioni: cultura, casa, salute, educazione, convivenza, accoglienza.

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