Il 14 e 15 giugno a Ginevra ci sarà un incontro di lavoro dei sindacati per la democrazia energetica (Tued, Trade unions for energy democracy). L’incontro riunirà i sindacati già coinvolti nella rete Tued, fra cui la Cgil, e altri che desiderano partecipare alla ricerca di un approccio efficace e ispiratore alla transizione energetica, fondato sull’estensione del controllo democratico dei sistemi energetici e delle decisioni politiche ad essi inerenti, dal livello territoriale a quello nazionale, europeo e internazionale.

L’energia è al centro di enormi conflitti sociali e politici, di interessi economici e finanziari, di guerre. Ma anche di grandi trasformazioni. I conflitti contro il vecchio sistema energetico, basato sullo sfruttamento delle fonti fossili, stanno proliferando in tutto il mondo a causa delle crescenti preoccupazioni per l’inquinamento dell’aria e dell’acqua; per lo sfruttamento intensivo dei terreni che vengono sottratti alle economie tradizionali delle comunità, e per gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici.

Il movimento sindacale è sempre più coinvolto nella battaglia per la giusta transizione verso un modello energetico basato su efficienza energetica e energie rinnovabili. Nell’ambito della ricerca delle alternative sostenibili, l’idea del controllo democratico sull’energia e per le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici è quella di dare ai lavoratori e alle comunità un potere effettivo di decidere per il proprio futuro, sottraendo potere alle grandi lobby dei fossili che stanno resistendo al cambiamento, in esclusivo nome del profitto, aggravando ogni giorno di più le già critiche condizioni di vita nel pianeta.

La riflessione di carattere “regionale” (europeo) della Tued si inserisce in un contesto comunitario di revisione del quadro di riferimento normativo. In questo periodo si sta discutendo la revisione della direttiva europea del sistema dello scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra: si va dal pacchetto di misure proposte dalla Commissione europea che vanno sotto il nome di “energia pulita per tutti gli europei” - fra cui le norme per la realizzazione dell’Unione dell’energia, una delle dieci priorità della Commissione Juncker - alla definizione dei target di riduzione delle emissioni nei settori non Ets (trasporti, costruzioni, agricoltura, silvicoltura, settori dei rifiuti e uso del territorio).

Dunque è un momento strategico per affermare le ragioni della democrazia energetica, e rivendicare le garanzie per la giusta transizione dei lavoratori e la creazione di una nuova occupazione sostenibile. Entro il primo gennaio 2018 gli stati europei dovranno definire i loro piani nazionali “Clima ed energia”, con l’integrazione tra politiche energetiche e politiche climatiche, e gli obiettivi di riduzione delle emissioni in linea con l’accordo di Parigi.

Nel frattempo il governo italiano sta preparando la revisione della “Strategia energetica nazionale”. Il 10 maggio i ministri Calenda e Galletti hanno presentato in audizione parlamentare solo delle slide, non c’è ancora un testo consultabile, ma l’intenzione del governo è comunque quella di concludere le consultazioni entro 30 giorni.

L’obiettivo numero 7 dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu è quello di “garantire l’accesso a energie accessibili, affidabili, sostenibili e moderne per tutti”. Il problema del diritto all’energia e della povertà energetica affligge sopratutto i paesi dell’Africa sub sahariana, l’India e i paesi del sud-est asiatico, ma colpisce anche i paesi europei.

In Italia cresce sempre più il numero delle persone che si trovano in uno stato di povertà assoluta (4,5 milioni di persone nel 2015 in Italia) e di conseguenza aumentano le famiglie che faticano a sostenere le spese per luce e gas (in Italia, nel 2013, 1,8 milioni di famiglie hanno ricevuto una minaccia di sospensione della fornitura elettrica a causa di mancati pagamenti), o che rinunciano ad accendere il riscaldamento perché non sono in grado di sostenerne le spese.

La riflessione dei sindacati per la democrazia energetica è ampia e articolata, condizionata anche dalle diverse situazioni del mix energetico, normativo e proprietario del settore energetico nei vari paesi, ma alcune riflessioni sono universalmente condivise. La democrazia energetica si declina garantendo la partecipazione democratica delle popolazioni nelle scelte di politica energetico-climatica, garantendo che non siano i lavoratori a pagare la transizione energetica (giusta transizione), e le misure contro i cambiamenti climatici e la povertà energetica.

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