Si sono concluse le audizioni della commissione difesa del Senato sul caso delle Ong impegnate nei soccorsi dei migranti in mare. Hanno definitivamente stabilito che non c’ è collusione tra i vertici delle Ong e i trafficanti dei barconi della morte. Resta aperta l’indagine della procura di Trapani solo verso singole persone presenti sulle navi, che sembrano in alcuni specifici casi aver agito senza un accordo con la Guardia costiera.

Lunghe e accidentate sono state le settimane dopo le prime esternazioni del vice presidente della Camera, Di Maio del M5S, che ha citato inopinatamente e strumentalmente il rapporto annuale di Frontex per definire le barche umanitarie “taxi del mare”, parlando di collusione tra trafficanti e soggetti umanitari. Settimane in cui le Ong sono state il “mostro sbattuto in prima pagina” da molti media, anche da importanti testate indipendenti e televisioni nazionali.

Interviste e servizi televisivi hanno fatto capire quanto sia difficile oggi difendere le giuste ragioni della scelta di salvare vite umane: sia nei paesi di origine dei flussi migratori, durante le loro fughe per cercare libertà da fame e violenza, che qui in Italia nell’accoglienza. La malapolitica delle parole urlate e delle illazioni, protagonisti Lega e M5S, ha evidenziato la volontà di aprire la campagna elettorale con la demagogia della “sicurezza”, utilizzando un tentativo (fallito) di Frontex, che aveva cancellato dall’inizio del 2016 il buon lavoro di salvataggio e contrasto dei barconi della morte da parte della Guardia costiera italiana con “Mare Nostrum”, e ci ha riprovato senza successo stavolta contro le Ong. A seguire, le irresponsabili dichiarazioni confuse e generalizzate del procuratore di Catania sull’esistenza di indagini sull’operato delle associazioni attive nei soccorsi nel Mediterraneo, non avvalorate però da fatti concreti.

Nei primi giorni di maggio il relatore speciale Onu sui difensori dei Diritti umani, Michael Forst, in Italia per alcuni incontri organizzati dalla rete associativa “In Difesa Di”, aveva affermato: “Basta attacchi alle Ong. Se posso fare un appello all’Italia, invito i pubblici funzionari a non fare affermazioni contro le organizzazioni della società civile”.
L’atteggiamento di una parte della magistratura di messa alla gogna all’azione umanitaria, senza avere neppure uno straccio di prove di violazioni della legge, a mio parere deve essere approfondito, perché indica un pericolo per la società civile tutta impegnata nel sociale e per i diritti.

Per questo la maggiore rappresentanza delle Ong – Aoi - insieme al Forum del Terzo settore, ha promosso il 10 maggio la riuscita conferenza stampa dal titolo #OngAtestaAlta. Il messaggio unitario del Terzo settore è stato chiaro: la magistratura agisca se vi sono violazioni, ma basta criminalizzare un intero comparto sociale, che per primo chiede trasparenza a partire dal proprio interno. Il mondo solidale non governativo e no profit della cooperazione internazionale è chiamato da tempo, sia dai pubblici finanziatori che dai cittadini che lo sostengono, a rendere evidenti le origini dei finanziamenti e delle risorse. E lo fa sia con la pubblicazione online di bilanci certificati e bilanci sociali, sia attraverso gli strumenti di open data, che utilizzano parametri internazionalmente riconosciuti, in cui le Ong pubblicano tutte le informazioni sul loro ‘funzionamento’ e la governance: come Open-Cooperazione.

La scelta di mettere sotto accusa le Ong presenta anche un ulteriore rischio, evidenziato da Paolo Beni, presidente della commissione di inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti: ci si sta distraendo dal dibattito politico sulle migrazioni, con il rischio di costruire alibi per l’Europa a non intervenire. Occorrerà leggere e analizzare attentamente le proposte della commissione difesa del Senato, a conclusione delle audizioni, su come riscrivere le modalità di azione delle Ong nei soccorsi in mare e nel coordinamento della Guardia costiera, peraltro dimostratosi già esistente ed efficace. Nessuno intende agire in un quadro di totale autonomia in contesti così delicati. Ci auguriamo che, dopo aver affermato che il soccorso in mare è doveroso e ineludibile, il governo rafforzi i corridoi umanitari e non li cancelli, come pure ha titolato qualche testata nazionale.

E’ indispensabile una vera riflessione comune sulle politiche migratorie tra Ong e Parlamento, tema determinante per la cooperazione internazionale e la solidarietà, per chi ne è attore: questo al fine di avere un quadro generale di coerenza delle politiche e come risposta autorevole alle défaillance europee. Le Ong ci sono, e la presenza di molti parlamentari alla conferenza stampa del 10 maggio scorso è un segnale importante.

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