E' arrivata la quattordicesima per tre milioni e mezzo di pensionati. Accreditata il primo luglio presso le Poste e il 3 luglio presso le banche. Spetta a tutti quelli che sono in pensione da lavoro privato, pubblico e autonomo che abbiano compiuto 64 anni di età e il cui reddito personale annuo non superi i 13mila euro. Per ottenerla non è necessario fare alcuna domanda: è erogata automaticamente dall’Inps. Chi ha una pensione fino a 750 euro lordi al mese riceve una somma maggiorata del 30% rispetto alla precedente quattordicesima. La riceve per la prima volta invece chi ha una pensione fino a 1.000 euro lordi al mese. La misura è stata definita con il verbale tra governo e sindacati dello scorso 28 settembre, ed è contenuta nell’ultima legge di bilancio.

La misura riguarda le pensioni basse, quelle cioè legate alla contribuzione, e non le pensioni minime come continua a dire Matteo Renzi, forse per ignoranza. La quattordicesima infatti viene erogata in base a quanti contributi si sono effettivamente versati durante la propria vita lavorativa. Non è una misura a pioggia, ma risponde alle aspettative di chi ha lavorato e versato contributi.

Mentre, con ritardo e a fatica, si è finalmente avviata anche la fase di accesso all’ape social (altro punto del verbale d’intesa del 28 settembre 2016), i sindacati hanno ribadito la necessità di ampliare le risorse messe a disposizione dal governo per l’anticipo pensionistico, considerate la quantità di richieste escluse per esaurimento dei finanziamenti, e di modificare i due requisiti indicati per l’accesso (36 anni di contribuzione e gli ultimi sei anni continuativi di lavori gravosi), perché la maggioranza dei lavoratori edili rischia di restare fuori da quest’opportunità, visto il settore dove la discontinuità del lavoro è molto diffusa.

Intanto il confronto sulla cosiddetta “fase due” è partito in modo interlocutorio, senza che il governo abbia ancora scoperto le sue carte e dato risposte concrete alle proposte del sindacato, in coerenza con lo stesso verbale sottoscritto tra le parti l’anno scorso. Bisogna, anzitutto, dare risposte ai giovani, attraverso la cosiddetta “pensione di garanzia”. Il ricorso alla previdenza complementare non può essere la soluzione, perché chi non riesce a costruire il primo pilastro non può neanche costruire il secondo. La proposta dei sindacati è quella di valorizzare la presenza e l’attività nel mondo del lavoro, non di dare a tutti una pensione minima garantita: a chi è disoccupato e segue un periodo di formazione, chi ha il part time, chi fa lavori di cura, chi ha contributi bassi come i collaboratori, i lavoratori pagati con i voucher, le colf che operano per poche ore, per tutti loro va valorizzato un periodo contributivo ulteriore.

Questo intervento sarà a carico della fiscalità generale, ma il meccanismo proposto costa meno della pensione minima per tutti e degli interventi assistenziali di soccorso alla povertà, che diverrebbero necessari di fronte a pensioni misere. E’ un sistema virtuoso contro l’evasione contributiva, perché i contributi troppo bassi per maturare una pensione vanno di fatto perduti. In questo ambito si colloca l’introduzione del riconoscimento contributivo del lavoro di cura, consentendo così, a tutti coloro che hanno sospeso o ridotto il lavoro per accudire un familiare, di avere i contributi necessari per andare in pensione.

Un altro nodo sicuramente da sciogliere è quello della modifica della norma che impone l’incremento dell’età pensionabile in caso di innalzamento delle aspettative di vita da parte dell’Istat: è già evidente come la riforma Fornero abbia trattenuto al lavoro troppi anziani, impedendo l’ingresso dei giovani, il cui tasso di disoccupazione continua ad essere intorno al 40%. Inoltre è altrettanto evidente che serve una misura di equità con la diversificazione delle speranze di vita per tipologia di lavori svolti. Anche la revisione dei meccanismi di rivalutazione, adottando meccanismi a scaglioni di reddito, è un punto da consolidare sulla base dei primi impegni del verbale dello scorso anno. C’è poi il tema della previdenza complementare, di cui va promossa l’estensione e di cui vanno favoriti gli investimenti dei fondi nell’economia reale. L’attivo nazionale unitario del 13 luglio è stata l’occasione per rilanciare con forza queste richieste.

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