Nelle giornate del 27, 30 e 31 ottobre si è svolto lo sciopero nazionale del trasporto merci, spedizione e logistica indetto da Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti. La mobilitazione è stata proclamata per protestare contro lo stallo in cui si trova la trattativa per il rinnovo del Ccnl, scaduto ormai da 22 mesi. Lo sciopero, preceduto da numerosissime e partecipate assemblee nei luoghi di lavoro, ha visto un’adesione senza precedenti per questo settore, quasi ovunque sopra l’80%, con punte del 100%. Si sono fermate aziende, autisti e magazzinieri hanno incrociato le braccia, sono stati bloccati porti e poli logistici. Questo nonostante aziende e cooperative avessero messo in campo pressioni di vario genere sui lavoratori, nel vano e goffo tentativo di far fallire lo sciopero, arrivando in alcuni casi ad impedire l’accesso nei luoghi di lavoro alle organizzazioni sindacali.

Il risultato ha superato le più ottimistiche aspettative e ha dimostrato non solo la consapevolezza e la determinazione dei lavoratori nel voler arrivare nel più breve tempo possibile al rinnovo del Ccnl, ma anche quale sia la reale rappresentanza del sindacato confederale, in particolare la Filt Cgil, ben superiore a quella dipinta dai mezzi di informazione. Una rappresentanza che garantisce anche la trasparenza del rapporto di lavoro, in situazioni spesso inquinate da caporalato e sigle sindacali complici e colluse con chi sfrutta i lavoratori.

In un settore che oltre ai problemi storici - quali la terziarizzazione selvaggia con ricorso a cooperative spurie, i ritmi e le condizioni di lavoro esasperanti, lo sfruttamento, le infiltrazioni della malavita organizzata, il non rispetto delle elementari norme di sicurezza sul lavoro - vede oggi una rapida e progressiva trasformazione, dovuta allo sviluppo esponenziale del commercio elettronico. La rapidità dei tempi di consegna risulta essere un valore aggiunto al pari del bene che viene acquistato. Dietro a tutto questo però ci sono lavoratrici e lavoratori, che operano quotidianamente in situazioni difficili, spesso denunciate dalla Filt Cgil, nella colpevole assenza delle istituzioni preposte al controllo.

Va ricordato che nel corso degli anni le committenze, per lo più colossi multinazionali, hanno posto in campo un modello organizzativo che, mediante il ricorso a terziarizzazioni selvagge, ha messo in concorrenza i vari soggetti, esclusivamente sulla riduzione del costo del lavoro. Risulta inaccettabile, quindi, avere un contratto scaduto da quasi due anni.

Quali sono, però, le ragioni di questo stallo delle trattative? Sicuramente sono sul tavolo le contrastanti richieste di sindacato e organizzazioni datoriali su quella che dovrebbe essere la regolamentazione del rapporto di lavoro. Stiamo chiedendo con determinazione che venga definita una clausola sociale che garantisca occupazione e salario in caso di cambio di appalto. E’ indispensabile che alcune figure professionali, come i drivers e riders (quanti effettuano ritiri e consegne con furgoni o biciclette), trovino una corretta e definita collocazione all’interno del Ccnl. Regole che vadano a conciliare i tempi di vita e di lavoro. Un adeguato aumento salariale che tenga conto di quella che è stata in questi anni la crescita economica del settore.

Di contro, come prevedibile, le associazioni datoriali hanno rilanciato proposte irricevibili, tese esclusivamente ad ottenere la massima flessibilità e precarietà, insieme ad una contrazione del costo del lavoro. Sarebbe però un errore di analisi ritenere che la trattativa si sia arenata solo per divergenze sulle norme e sul salario da riconoscere. Il vero motivo di 22 mesi di stallo va individuato nel conflitto tra le varie associazioni datoriali – oltre venti – per la rappresentanza al tavolo della trattativa. Ognuna cerca di essere egemone sulle altre per il proprio ambito di riferimento (autotrasporto, cooperazione e corrieri), tentando di incassare il massimo risultato al minimo prezzo.

Il fine dichiarato di alcune di queste associazioni è quello di arrivare a siglare una serie di contratti separati di settore superando il modello del contratto unico di filiera. Ed è il contratto unico il più importante valore da difendere. In questi anni ci ha permesso di dare dignità e rappresentanza ai lavoratori più deboli della filiera produttiva. Un contratto unico, oltre ad essere un indispensabile strumento di regolazione del rapporto di lavoro, è anche un mezzo attraverso il quale perseguire l’emancipazione e l’integrazione dei lavoratori stranieri.
Per perseguire questi obiettivi, di fronte al silenzio delle associazioni datoriali, i sindacati hanno già programmato altre due giornate di sciopero e mobilitazione per i giorni 11 e 12 dicembre prossimi.

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