Nel patrimonio delle università italiane non ci sono solo laboratori, centri di ricerca e biblioteche. Gli atenei possiedono anche terreni, per lo più coltivabili, utilissimi per la didattica pratica, quella ‘sul campo’, degli studenti di agraria, scienze forestali, veterinaria. I frutti del loro impegno scolastico - dai vini agli oli e alle altre specialità locali - sono spesso di gran pregio, finiscono sulle nostre tavole con le denominazioni di origine protetta (dop) o di indicazione geografica tipica (igt). Un piccolo mondo, fatto di bellezze naturali - non di rado incastonato nel cemento delle città - con le serre, gli orti, i giardini, che abbelliscono il tessuto urbano e lo rendono ambientalmente più sostenibile.

Quando parla del suo lavoro, Giusi Madonia lo paragona a una rosa, bellissima, profumata ma anche con le sue spine. Trentasei anni, mamma di due adolescenti di diciotto e quattordici anni, unica fonte di sostentamento della famiglia, Madonia lavora nel dipartimento di Agraria dell’ateneo di Palermo. “Qui in Sicilia l’università possiede molti terreni, sono un patrimonio importante, che permette agli studenti e ai professori di fare ricerche, anche di coltivare appezzamenti di terreno per valorizzare i prodotti locali. I frutti della nostra bella terra. Non solo, accanto agli ulivi e alle viti, abbiamo piantagioni di frutti esotici. Poi ci sono i laboratori. Davvero il lavoro non manca”.

I petali della rosa sono belli e profumati, non a caso, i giovani iscritti ad Agraria sono in continuo aumento. Madonia lavora soprattutto in laboratorio, altri suoi colleghi sono invece impegnati nelle aree verdi dell’ateneo, nella cittadella universitaria, nell’orto botanico. “Un luogo meraviglioso, che potrebbe benissimo essere considerato uno spazio museale del capoluogo siciliano”.

Gli operai agricoli che lavorano per l’ateneo palermitano sono 140. Giusi Madonia è una delle ultime arrivate. “Ho iniziato sei anni fa. Il nostro è un bel lavoro, gratificante, che offre molte opportunità per imparare e specializzarsi nel settore di competenza. Ci sono purtroppo anche degli aspetti, amministrativi e burocratici, assai meno piacevoli”. Le spine della rosa, che possono pungere e far male.

Sono inquadrati come operai agricoli, ma il loro contratto è stagionale. “Siamo operai stagionali - conferma Madonia - alcuni di noi lavorano per 101 giorni l’anno, altri come la sottoscritta solo per 78 giorni”. Sulle prime la cronista non afferra il concetto e chiede nuovamente: 78 giorni l’anno, ma sono poco più di tre mesi... “Hai capito bene - risponde - circa tre mesi e neanche continuativi. Spalmati su tutto l’arco dell’anno”. Davvero pochi per una madre coraggio con due figli a carico, che deve far quadrare i conti a fine mese.

Fra le altre spine della rosa c’è il meccanismo periodico di riassunzione. In altre parole, quando arriva dicembre, i lavoratori agricoli devono incrociare le dita sperando che Babbo Natale non faccia scherzi e la Befana non porti carbone. “Ogni anno siamo obbligati a chiedere il rinnovo del contratto - precisa Madonia - Il 31 dicembre ci licenziano per poi riassumerci il mese dopo, con tutte le trafile burocratiche che un iter del genere comporta”.

Perfino i vertici dell’Università di Palermo hanno riconosciuto che il fondo di funzionamento ordinario, che sostiene le spese per gli operai agricoli e il personale stagionale, non è adeguato alle necessità di un lavoro che per sua natura dovrebbe essere quasi quotidiano. Ma Giusi Madonia, delegata Flai Cgil, è una che tiene duro, che non si abbatte davanti agli imprevisti e vive l’impegno nel sindacato con entusiasmo: “Trasformiamo le debolezze dei singoli nella forza dei tanti”.

E’ una storia antica, le università italiane soffrono da anni e anni di un’endemica carenza di finanziamenti, il problema si riflette a cascata sugli addetti precari, che sono sempre di più. “Manca la volontà politica di affrontare il problema, di sciogliere il nodo, assicurando continuità contrattuale e lavorativa alle migliaia di addetti degli atenei italiani che si trovano nelle nostre condizioni. Ai vertici del ministero ormai si pensa solo a come risparmiare ulteriormente”.

Anche la ministra dell’università scuola e ricerca Valeria Fedeli, che pure ha una lunga esperienza all’interno del sindacato, si è trovata in difficoltà di fronte alle sacche di lavoro precario che persistono negli atenei. “Ogni tanto si intravedono delle aperture - sottolinea Madonia - ma sappiamo bene che la nostra è una vertenza complicata”. Lo storico canto delle mondine recitava “se otto ore vi sembran poche, provate voi a lavorar”. Qui è l’opposto: se 78 giorni l’anno vi sembrano tanti, provate voi a campar.

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