Nel quadro degli accordi internazionali, nonostante la defezione degli Usa, trova ampio riscontro la consapevolezza della necessità di politiche per ridurre gli effetti nefasti del cambiamento climatico globale, determinato dalla cultura della crescita e del consumo senza limiti. In questo quadro si inserisce la Strategia energetica nazionale (Sen), strettamente legata all’emergenza climatica. Gli obiettivi generali sono orientati alla riduzione delle emissioni e dei consumi e alla crescita della generazione da fonti rinnovabili. Le parole chiave diventano: decarbonizzazione, efficienza energetica e mobilità sostenibile.

I risultati che verranno raggiunti dalla Sen saranno monitorati e le azioni coordinate da una “cabina di regia” tra il ministero dello sviluppo economico e quello dell’ambiente, con la partecipazione dei ministeri dell’economia, dei trasporti e dei beni culturali, una rappresentanza delle Regioni e il periodico aggiornamento degli enti locali.
Gli investimenti pubblici e privati attivati dalla Sen fino al 2030 sono stimati in 175 miliardi di euro complessivi, di cui 30 destinati al rinnovamento e al rafforzamento delle reti e delle infrastrutture, 110 per l’efficienza energetica, e 35 per le fonti rinnovabili.

Nel campo dell’efficienza energetica, che assorbe la maggior previsione di investimenti, si concentrano gli interventi per il risparmio energetico (in particolare degli edifici) e per la mobilità sostenibile, con lo sviluppo dei veicoli a trazione elettrica e/o gas. Nel campo delle reti e delle fonti rinnovabili si inserisce il tema della decarbonizzazione. Ovvero l’obiettivo di aumentare la produzione da fonti rinnovabili e la quota di generazione da gas, e rendere più sicuro e adeguato il sistema delle reti.

Sicuramente non sono neutrali l’orientamento effettivo degli investimenti e la capacità di determinare politiche industriali organiche agli obiettivi generali della Sen. Occorre sviluppare filiere industriali nazionali. Ad esempio, nel campo dell’efficienza energetica, non è funzionale che gli incentivi fiscali disponibili siano stati fino ad oggi prevalentemente assorbiti dalla sostituzione degli infissi e delle caldaie.

Orientare gli incentivi e gli investimenti verso interventi strutturali di natura edilizia (tetti e pareti) e/o a favore delle rinnovabili può determinare un impulso a favore dell’edilizia, dell’industria chimica e termomeccanica. Si tratta anche di evitare gli errori del passato, quando siamo stati esportatori di incentivi a favore di paesi esteri, come nel caso del fotovoltaico a favore dei produttori di pannelli (verso la Germania, prima, e la Cina, poi). Analoghe considerazioni valgono per il settore della mobilità sostenibile con la questione dei veicoli a trazione elettrica e della conseguente “infrastrutturazione” dei territori.

A questo si aggiunge la necessità di ridurre la bolletta energetica nazionale. L’Italia è un paese che importa dall’estero gran parte dei combustibili. Consumare di meno è giusto per la nostra vita, può attivare un ciclo economico in maniera diretta, può abbassare anche il costo dell’energia che, nel caso delle imprese, si può tradurre nel liberare risorse a favore dell’occupazione.

In questa prospettiva bisogna anche fare i conti con le ricadute sociali nei settori industriali dell’energia. Il completo dispiegamento nel tempo di obiettivi e azioni può creare il pericolo di chiusura di siti in diversi territori, anche dove i siti di produzione e/o trasformazione (centrali piuttosto che raffinerie) sono l’unica possibilità occupazionale industriale, tra lavoro diretto e indotto, a sostegno dell’economia locale. E’ una difficoltà con la quale fare i conti.

Oltre alla previsione della Sen per nuova occupazione (stimata in 150mila posti di lavoro temporanei e 80mila permanenti), bisogna porsi l’obiettivo dei necessari bonifica e riutilizzo dei siti dismessi, cercando di salvaguardare la vocazione industriale e guidando la transizione sul piano della formazione e riqualificazione professionale con la previsione di interventi di tutela occupazionale.

Il cambiamento verso un sistema energetico ecocompatibile richiede un’attenta pianificazione degli interventi e uno sforzo congiunto tra istituzioni, lavoratori e imprese.

Più sarà fattivo e capillare l’impegno alla partecipazione, migliori possono essere le condizioni per porre le basi per l’innovazione del nostro sistema industriale. Temi importanti ed ineludibili per un sindacato confederale come il nostro, fatto di lavoratori e consumatori di energia. Costruire un approccio equilibrato nella discussione del binomio ambiente-energia richiede uno sguardo ampio, che saremo sicuramente in grado di avere.

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