Nel mese di maggio 2016 la multinazionale americana Fedex chiude un’operazione mondiale da 4,4 miliardi di euro, e acquista l’olandese Tnt. Dopo numerosi tentativi del sindacato di incontrare le due aziende, rimasti inascoltati, finalmente il 20 aprile 2018 le parti si incontrano, ed è un bagno di sangue: Fedex Italia dichiara 315 licenziamenti, mentre Tnt Italia 46. Inoltre le due società dichiarano il trasferimento collettivo di 115 lavoratori che, considerate le enormi distanze chilometriche per spostarsi nelle nuove filiali, si trasformeranno in altrettanti licenziamenti.

Fatto singolare ed unico è che, nel settore, ci si trova davanti a due aziende sane, con bilanci positivi, che licenziano il personale ma mantengono la gestione dei volumi e delle merci affidandole a ditte esterne.

Davanti a un quadro così drammatico, e a un’azione aziendale talmente aggressiva e motivata unicamente dalla logica del profitto, i sindacati unitariamente hanno indetto una prima giornata di sciopero il 17 maggio scorso, con una partecipazione raramente registrata nel settore e con picchi di adesione superiori al 90%. I lavoratori con forza hanno detto ‘No’ a un piano industriale che cancella il modello economico e organizzativo di Fedex, virtuoso e unico nel settore delle spedizioni delle merci, fondato sul lavoro svolto dai propri dipendenti, a vantaggio di un modello che esternalizza il lavoro alle cooperative o a fantomatiche Srl, creando precariato, sfruttamento ed illegalità diffusa.

Proprio Tnt in Italia nel 2011 è stata un esempio di questo mondo malato, infiltrato dalle associazioni mafiose (in questo caso l’ndrangheta calabrese), che portò i magistrati a commissariare ben sei filiali sul territorio milanese. Nel 2013 il buco creato da questa mala-organizzazione presentò il conto salato da pagare ai lavoratori, innocenti e vittime: 854 esuberi in tutta Italia.

Il 23 e 24 maggio scorso è proseguita la trattativa con le due aziende, durante la quale i sindacati unitariamente hanno ribadito senza indugio la richiesta di ritirare i licenziamenti e aprire un vero confronto per trovare soluzioni alternative. Le aziende hanno ribadito la loro indisponibilità, portando la Filt Cgil, la Fit Cisl e la Uiltrasporti ad indire altre due giornate di sciopero il 31 maggio e il primo giugno 2018.

Il successivo incontro al ministero dello Sviluppo economico (Mise) il 25 maggio ha solamente cristallizzato le posizioni davanti alle istituzioni, che hanno invitato le parti a proseguire il confronto per trovare un accordo, rinviandole a un nuovo, futuro incontro.

Le due giornate di sciopero hanno visto una grande e straordinaria partecipazione attraverso l’organizzazione dei lavoratori in manifestazioni e presidi continui di 48 ore davanti a numerose filiali in tutta Italia. Sono state fermate le attività in Lombardia davanti alla filiale di Malpensa (Fedex) e alla filiale di Peschiera Borromeo di Tnt, oltre a quelle di Bollate (Fedex) e Zibido San Giacomo (Tnt). Poi ci sono stati presidi davanti alle filiali di Tnt e Fedex in Emilia Romagna a Modena e Bologna, in Toscana a Calenzano, Prato, Empoli, Pisa e Arezzo, in Veneto a Verona, Padova, Treviso e Venezia, oltre al corteo cittadino svolto a Torino.

Gli incontri del 4 e 5 giugno scorsi a Roma hanno registrato la posizione intransigente delle aziende, che proseguono nella loro riorganizzazione selvaggia con ridicole proposte di incentivi all’esodo sia dei lavoratori coinvolti nei licenziamenti che di quelli non dichiarati in esubero, a testimoniare la volontà della nuova azienda di spazzare via il virtuoso modello economico di Fedex.

Il 7 giugno le aziende e i sindacati sono stati convocati a un incontro al Mise, al cospetto degli esponenti del governo recentemente insediato, che avrà il difficile compito di convincere le multinazionali che i lavoratori non sono carne da macello da sacrificare in nome del dio denaro, ma un valore da proteggere e tutelare perché si può fare profitto puntando sulla qualità e non sullo sfruttamento e sul taglio dei costi. A questo incontro le organizzazioni sindacali hanno fatto richiesta che il neo ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, partecipi al tavolo di trattativa. Nel caso l’ennesima mediazione fallisse, i sindacati sono pronti a proseguire la lotta con nuovi scioperi e nuove iniziative, fino a quando nessun lavoratore sarà licenziato. Un mondo diverso è possibile.

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