Ancora una volta, in questo settore, il sistema di relazioni industriali tra le parti, che consiste in un confronto costante durante tutta la vigenza contrattuale, e il buon funzionamento degli osservatori previsti dal contratto, hanno permesso il raggiungimento dell’intesa in tempi brevi. E con importanti risultati a livello contrattuale che aprono a nuovi elementi di ‘governance’ per affrontare tematiche quali l’innovazione, la conciliazione dei tempi di vita, la riqualificazione professionale, la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, solo per citarne alcuni.

Da tempo la Filctem Cgil e la Cgil sono impegnate sull’analisi dei riflessi, e delle possibili ricadute sul mondo del lavoro, della nuova rivoluzione industriale, ormai da tutti conosciuta come Industria 4.0, e sulle proposte da tradurre in pratica sindacale per governare questa nuova fase, evitando di gestirne esclusivamente le ricadute. Da questo punto di vista ritengo che il contratto dei chimici ambisca ad essere innovativo e provi a solcare un tracciato che può essere di riferimento per l’intera organizzazione.

Se è vero, come è vero, che abbiamo detto che il governo della nuova fase dovrà avvenire puntando ad una contrattazione d’anticipo, anche attraverso forme nuove di partecipazione, investendo sulla formazione che punti a riqualificare i lavoratori sulla base delle innovazioni di processo, e delle nuove figure professionali che interverranno, su una nuova distribuzione dell’orario di lavoro, allora il contratto chimico mette le basi per ampliare la contrattazione su questi punti, decentrando al secondo livello, nei luoghi di lavoro, lì dove i cambiamenti avvengono. Significa investire sulle nostre Rsu, restituendo loro un ruolo centrale nella contrattazione aziendale.

Anche dal punto di vista economico il risultato è meritevole di un giudizio positivo. Da un lato si è riusciti a superare brillantemente le insidie insite nella determinazione di cosa è Tem (trattamento economico minimo) e cosa Tec (trattamento economico complessivo), confermando il modello chimico-farmaceutico che prevede che il primo veda il calcolo degli incrementi salariali su un valore punto e non sui minimi salariali, e che sul secondo venga calcolato il welfare contrattuale (previdenza e assistenza) e non il welfare aziendale. Dall’altro, per la prima volta, un rinnovo contrattuale sarà la diretta conseguenza non solo dell’aumento generale del costo della vita, ma anche del complessivo andamento degli scenari di settore.

La vera sfida di questo contratto sarà la sua applicazione nei luoghi di lavoro, il decentramento non solo della contrattazione ma anche di quel sistema di relazioni industriali avanzato sicuramente in ambito nazionale, non proprio nella gestione territoriale ed aziendale. In questo caso serve un salto di qualità delle aziende in primis, che riconoscano che solo il dialogo tra le parti sociali consentirà di affrontare le sfide future garantendo produttività, qualità e occupazione.

E’ rimasto un punto di rimando importante nel contratto, ovvero il mercato del lavoro. Al momento del rinnovo era ancora in piena discussione il cosiddetto ‘decreto dignità’, e ciò non ha consentito di affrontare il tema in trattativa. Certo è che è arrivato il momento di riportare a soglie accettabili le norme contrattuali che regolano l’utilizzo dei così detti contratti atipici, oggi più che mai fortemente sproporzionato.

Nei prossimi mesi si riunirà la commissione tecnica, abbiamo la necessità di ottenere un risultato anche su questo, abbiamo bisogno di tramutare in pratica sindacale anche quel tema chiamato inclusività, ancora troppo assente.

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