Le donne possono guidare un “fronte di salvezza nazionale” per ribaltare il risultato nel ballottaggio. 

Dopo oltre trent’anni i militari si ripropongono in Brasile. Lo fanno attraverso Jair Bolsonaro, “uomo forte” del più grande paese latinoamericano, che lo scorso 7 ottobre ha stravinto il primo turno elettorale con il 46% dei consensi, contro il 29% del candidato della sinistra Fernando Haddad, ex sindaco di San Paolo, laureato in diritto con studi anche in filosofia ed economia, sceso in campo all’ultimo momento vista l’impossibilità per Lula, escluso dal Tribunale supremo elettorale, di candidarsi a una gara che avrebbe potuto vincere.

Nell’ambito dell’inchiesta anti-corruzione lanciata dal giudice Sergio Moro, Lula è stato condannato a 12 anni di reclusione per corruzione e riciclaggio. Orfano dunque del suo leader più amato, per il Pt e per Haddad servirà un miracolo il prossimo 28 ottobre per battere l’ex paracadutista Bolsonaro, esponente del Partito social-liberale, sostenuto dalle chiese evangeliche e definito il Trump brasiliano. Un personaggio che non nasconde la nostalgia per l’era della dittatura militare, né tanto meno la sua omofobia e misoginia - e chi più ne ha più ne metta - avvantaggiato per di più dall’attentato del 6 settembre scorso per mano di uno squilibrato, episodio che ha fatto aumentare considerevolmente i suoi consensi.

Per chi lo ha votato queste caratteristiche, che farebbero venire i brividi a chiunque abbia a cuore la democrazia, non contano. La carriera politica di Bolsonaro ha origini lontane. Nel 1988, a soli tre anni dalla fine della dittatura, viene eletto consigliere comunale a Rio de Janeiro; dal 1990 è deputato, e nel 2014 è stato il più votato di Rio con oltre 460mila consensi.

Il Brasile, deluso da una sinistra che pure molto si era impegnata per ridurre la povertà, in un paese dove le disuguaglianze sociali sono sempre state molto forti, e senza grandi alternative visto che anche l’attuale presidente Michel Temer rischia di essere incriminato per corruzione, ha deciso di puntare su questo candidato che potrebbe far tornare indietro il paese di decenni.

Una speranza in ogni caso resta. Al di là del risultato modesto conseguito da Haddad, un pezzo consistente della società civile brasiliana, capeggiato dalle donne, ha dato il via da settimane a una grande mobilitazione contro Bolsonaro. Almeno la metà dell’elettorato femminile non lo voterà. L’altro punto interrogativo riguarda gli altri candidati di sinistra e l’elettorato moderato. Riusciranno nell’intento di fare quadrato intorno ad Haddad? Impresa anche questa molto complicata, se consideriamo la distanza che separa l’altro candidato di sinistra Ciro Gomes, che ha preso il 12% dei consensi, dal centrista Geraldo Alckmin (8%) che potrebbe scegliere in realtà di sostenere il vincitore del primo turno, e da Marina Silva ferma al 3%.

La vera sfida è in realtà un’altra: convincere i sette milioni di elettori che hanno annullato le schede, e i tre milioni che hanno votato scheda bianca (oltre a quasi 30 milioni di non votanti), che dietro il populismo di Bolsonaro ci sono quei poteri economici e politici che non hanno mai fatto gli interessi del popolo brasiliano, la cui povertà non sarebbe certo risolta dall’ex militare. In caso di vittoria, il futuro ministro dell’economia potrebbe essere infatti Paulo Guedes, neoliberista, esponente dei “Chicago Boys”, e ovviamente gradito ai grandi capitali e agli Stati Uniti.

Insomma Haddad potrebbe fare appello ai più intorno al tema della difesa della democrazia, creando una sorta di “fronte di salvezza nazionale”. Con argomenti che potrebbero uscir fuori da un eventuale confronto diretto in televisione tra i due candidati, chiesto con forza da Haddad. Ma lo schermo non è più decisivo ai fini del risultato elettorale, di fronte invece allo strapotere di internet e delle reti sociali, utilizzate dal 42,5% degli elettori contro il 36,7% che utilizza la tv. E’ un terreno sul quale Bolsonaro si muove con grande abilità. Ha organizzato 100 gruppi di WhatsApp attraverso i quali ha diffuso migliaia di fake news contro Haddad e il Pt. Ed è riuscito a trasformare il suo partito, appunto il Social-liberale, in una grande forza parlamentare, passata dagli otto deputati che aveva agli attuali 51, avvicinandosi molto ai 57 conseguiti dal Partito dei lavoratori, che resta il primo in Parlamento, pur perdendo quattro seggi.

Non è facile essere ottimisti, in attesa della grande sfida del 28 ottobre. A meno che i più si accorgano che il paese rischia di sprofondare nella barbarie. Premiando allora chi, in mezzo a mille difficoltà, cerca di difendere la democrazia conquistata nel lontano 1985.

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