La Fortezza Europa respinge e dimentica i migranti - di Leopoldo Tartaglia

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L’emergenza coronavirus ha distolto completamente l’attenzione da un’altra tragedia umanitaria in Europa, quella dei profughi siriani, afghani, iracheni, mediorientali ammassati ai confini orientali e nelle isole greche dell’Egeo. L’attenzione era stata attirata alla fine di febbraio dalla mossa di Erdogan di rimettere in discussione il famigerato accordo del 2016 con l’Unione europea, e di lasciare che i profughi tentassero di entrare in Europa. Respinti con brutalità dalle polizie di frontiera di Grecia e Bulgaria, e dallo scatenarsi di una vera e propria caccia al migrante, alle frontiere e nelle isole greche, da parte di squadre di fascisti di Alba Dorata, affiancati da estremisti di destra convenuti da altri paesi, compresa l’Italia.

Il ricatto di Erdogan – che voleva più dei 6 miliardi di euro versati dall’Unione per trattenere i profughi in Turchia, ma soprattutto chiedeva appoggio politico-militare alle sue aggressioni in Siria, Rojava e ora Idlib, piena di jiadisti al soldo della Turchia – è intervenuto in una situazione già tragicamente allo stremo. Nelle isole greche, e a Lesbo in particolare, decine di migliaia di profughi sono pressoché abbandonati a sé stessi da anni, col solo soccorso di alcune ong locali, sempre più bersaglio dei raid violenti dei fascisti, e di sparute missioni dell’Unhcr e dell’Oim.

Infatti nei mesi in cui il governo italiano a trazione leghista ha sostanzialmente chiuso la rotta del Mediterraneo centrale, in Grecia si sono riversati, via terra e via mare, almeno 50mila profughi all’anno. E la loro situazione – già estremamente difficile – è diventata impossibile dall’avvento del governo di destra (al posto di quello di Syriza), ostile a qualsiasi politica di accoglienza.

Le istituzioni europee, dal canto loro, anche verso la Grecia (e, dall’altro lato del Mediterraneo, la Spagna, secondo paese per quantità di arrivi) si sono voltate dall’altra parte, continuando nella loro ipocrita politica di una Fortezza Europa, fortezza che si proclama paladina dei diritti umani, ma chiude ogni porta a profughi e migranti e riduce ai minimi termini le possibilità di richiedere asilo.

Nei primi giorni degli scontri alla frontiera, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, si è recata in visita al confine greco-turco con altri leader Ue (tra cui il presidente del Parlamento, David Sassoli) per osservare da vicino gli eventi. Durante una conferenza stampa ha dichiarato il sostegno dell’Ue alla Grecia e ha definito il confine greco come “lo scudo d’Europa”. Cioè ha sostenuto il respingimento violento di donne, bambini, uomini, anziani in fuga dalla guerra e dai carceri a cielo aperto dei campi profughi turchi. Ha annunciato che la Grecia riceverà un finanziamento di 700 milioni di euro insieme ad altri fondi per migliorare le infrastrutture al confine. Oltre al sostegno finanziario, l’Ue provvederà all’invio di personale militare di Frontex, l’agenzia di frontiera europea, con il chiaro obiettivo di rafforzare i respingimenti.

Le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato per anni i respingimenti illegali che si verificano ai confini della Grecia con la Turchia. Già nel 2018, Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto sui respingimenti, le violenze e le percosse ai danni dei rifugiati che hanno tentato di raggiungere la Grecia attraversando il confine segnato dal fiume Evros, e ha esortato la Commissione ad agire. Ma, come si vede, questa è la reale azione dell’Unione. Il massimo del suo volto “umanitario” consiste nella proposta di offrire 2mila euro ai migranti purché facciano ritorno ai loro paesi d’origine, come se per la maggior parte di loro fosse davvero possibile tornare ad una casa e ad una città distrutti dalla guerra e, in molti casi, dove si combatte ancora. Mentre molti governi, non solo quelli di Visegrad, hanno respinto la timida e contraddittoria proposta di dare asilo almeno ad un migliaio di minori non accompagnati.

Il dilagare del coronavirus rende ancora più insostenibile la condizione dei profughi: notizie di contagi vengono da Moria, dove in un campo previsto per tremila persone se ne stimano ammassate oltre 20mila. Le già inumane condizioni igieniche e sanitarie faranno da detonatore all’epidemia, con conseguenze catastrofiche per la vita dei profughi.

E’ quantomai urgente e necessario che, insieme alla battaglia per la modifica delle politiche economiche, si rafforzino le spinte e le mobilitazioni per chiedere all’Unione e ai governi europei un radicale cambiamento di rotta sulle politiche migratorie. Servono subito canali umanitari strutturali e sufficienti per accogliere le migliaia di migranti ai confini orientali e quelli in Libia – nel bel mezzo di una guerra che si intensifica – e la redistribuzione dei profughi ammassati nelle isole greche. E in Italia, dopo la decisione di prorogare i permessi di soggiorno in scadenza, servono politiche di sostegno e regolarizzazione dei migranti presenti nel territorio, che come noi e più di noi sono oggi alla mercé dell’epidemia.

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