Usa: il lavoro al tempo del Coronavirus - di Peter Olney e Rand Wilson

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Il presidente Trump ha proclamato il 24 marzo che gli Stati Uniti sarebbero tornati attivi da Pasqua, con le chiese piene di fedeli. Non solo uno sfregio ai milioni di non cristiani, ma una ricetta tossica per la progressione della minaccia del coronavirus alla salute pubblica. Solo pochi giorni dopo, la realtà della crescita esponenziale del disastro sanitario ha avuto la meglio sul suo folle narcisismo: Trump adesso dice che il paese deve rimanere chiuso fino al 30 aprile. Ma la chiusura può durare molto più a lungo.

Segnalando sia la crescente preoccupazione che la necessità di solidarietà di fronte alla pandemia, i lavoratori stanno protestando in tutto il paese contro inadeguate misure di sicurezza e paghe insufficienti. La risposta dei lavoratori americani riflette il debole stato del movimento operaio Usa, ma rivela anche il potenziale di crescita di una nuova militanza.

I sindacati organizzano solo il 7% dei lavoratori privati e circa il 35% di quelli pubblici. Nel privato la struttura è basata sulla contrattazione aziendale invece che su quella di categoria, come in Italia. Questo ha significato che invece di agire insieme sotto l’egida della Afl-Cio (l’organizzazione “confederale” dei sindacati Usa) la risposta è stata frammentaria. Ciò nonostante, ci sono state molte iniziative rilevanti sia sul piano legislativo che di settori e aree industriali.

Quando il Congresso ha approvato una legge di salvataggio per le imprese di circa 2.000 miliardi di dollari, il lavoro è stato in grado di includere una clausola di “neutralità sul sindacato” per le aziende con più di 500 lavoratori che vogliano sindacalizzarsi. Conquistare la “neutralità sindacale” è stato per lungo tempo uno dei principali obiettivi legislativi del movimento operaio. Dato l’ancora debole applicazione delle leggi sul lavoro, questa norma sarà ancora più difficile da applicare, con il National Labor Relations Board (l’agenzia “indipendente” che vigila sull’applicazione delle leggi sul lavoro, di solito contro i sindacati, ndt) tutt’altro che non operativo durante la crisi epidemica.

Dove il movimento sindacale ha una densità di iscritti e in particolare nei settori ora considerati essenziali, i sindacati sono stati capaci di acquisire risultati impressionanti. Il trasporto è uno di questi settori. I sindacati delle linee aeree, guidati dalla dinamica Sara Nelson del Sindacato degli assistenti di volo, hanno conquistato una norma, nel massiccio salvataggio del settore aereo, per la paga fino al 30 settembre di tutti i dipendenti diretti (piloti, meccanici, assistenti di volo). Ancora più significativo che anche i lavoratori a contratto degli aeroporti, come pulitori, addetti alla ristorazione e personale di terra saranno pagati fino alla stessa data.

Autisti di bus e operatori ferroviari, in molte aree urbane, hanno domandato dispositivi di protezione adeguati. Il 17 marzo, gli autisti di bus di Detroit hanno dichiarato che non sarebbero andati al lavoro senza adeguate misure di sicurezza. Il servizio è stato cancellato e nel giro di 24 ore i lavoratori hanno visto soddisfatte le loro richieste, compreso il non pagamento del biglietto durante l’epidemia. I passeggeri ora saliranno e scenderanno dalla porta posteriore senza contatto con gli operatori.

Il pubblico ha capito che i lavoratori dei supermercati sono essenziali e il loro sindacato United Food and Commercial Workers (Ufcw) si è trovato in una buona posizione negoziale. Ufcw ha conquistato significativi aumenti e protezioni per gli stressati iscritti dei negozi. I lavoratori hanno anche ottenuto ferie pagate aggiuntive (Pto) e buone norme per le assenze di malattia. La Città di Los Angeles è alla testa della copertura obbligatoria delle malattie e di altri sussidi ben oltre le normali disposizioni contrattuali per i lavoratori dei negozi alimentari.

La risposta dei sindacati edili è stata diversificata. Il sindaco di Boston, ex leader sindacale degli edili, il 16 marzo ha fatto chiudere tutti i cantieri non essenziali mentre quello di New York ha permesso che continuassero fino al 27 marzo le costruzioni di non essenziali condomini di lusso. Il 6 aprile la Carpenters Union in Massachusetts è andata un passo oltre e ha fatto fermare i suoi 10mila iscritti in protesta per le condizioni pericolose. Il Consiglio distrettuale 35 della International Union of Painters and Allied Trades ha seguito l’esempio, dando l’ordine al suo migliaio di iscritti di rimanere a casa il giorno dopo. Le catene di montaggio automobilistiche sono state chiuse in tutti gli Usa, ma produzioni di componenti continuano in molte aree per fornire impianti di assemblaggio che continuano a lavorare in Canada e Messico, un riflesso della debolezza della United Auto Workers.

Una delle azioni più esemplari è stato lo sciopero, il 30 marzo, di migliaia di lavoratori della General Electric che costruiscono motori aerei a Lynn, Massachusetts. Insieme a una dura protesta sulla sicurezza nel lavoro, chiedevano che l’azienda convertisse la produzione per fare respiratori! La Communications Workers of America (Cwa) e l’International Brotherhood of Electrical Workers (Ibew), che rappresentano 34mila lavoratori al gigante delle telecomunicazioni Verizon, hanno conquistato la sospensione retribuita per i lavoratori durante la crisi.

Dove i sindacati sono ancora forti, come nei trasporti, nelle comunicazioni e nel commercio, si stanno ottenendo risultati, ma il 93% dei lavoratori americani privi di rappresentanza hanno dovuto prendere iniziative coraggiose, sebbene non avessero una preesistente organizzazione sindacale formalmente riconosciuta.

Così spesso sminuiti come dequalificati e ora in prima linea nella pandemia, molti lavoratori non ancora organizzati stanno scoprendo la forza dell’azione collettiva. Molti lavoratori nelle cosiddette stelle della “new economy” stanno dimostrando capacità di mobilitazione. Amazonians United, una organizzazione di magazzinieri con punti di forza nei centri di distribuzione di Chicago, Sacramento e nel Queens a New York, ha portato avanti una lunga lotta per la paga dell’orario sospeso (Pto). Come risultato delle loro azioni e di altri, Amazon a metà marzo ha alla fine concordato di garantire il Pto a tutti i dipendenti.

Anche migliaia di autisti del servizio di consegna di Instacart hanno scioperato il 30 marzo. Il 31 marzo i lavoratori Whole Foods si sono impegnati in un’assenza per malattia totale per protestare sulle condizioni di lavoro e rendere pubblica la paura di contrarre il covid 19 al lavoro. In quasi ogni caso di nuova militanza i lavoratori hanno utilizzato strumenti di organizzazione on line e i social media per raggiungere i loro colleghi e ottenere sostegno pubblico. Ad esempio, i lavoratori di Fred Meyer hanno lanciato una petizione on line per una paga di rischio.

I lavoratori stanno anche mostrando una solidarietà umana nel mezzo della crisi. Per esempio il gruppo di sostegno ai lavoratori dei ristoranti One Fair Wages sta fornendo fondi a camerieri, autisti, fattorini, personale di servizio e altri che hanno perso i loro redditi.

Con la campagna presidenziale del senatore Bernie Sanders, la pandemia avviene in un momento in cui la politica per i lavoratori è in ascesa. Sanders e il movimento dietro di lui hanno introdotto un insieme di ardite iniziative nel discorso politico dominante. Ora la crisi della sanità pubblica ha dato credibilità aggiuntiva alle sue proposte politiche. Per primo in una campagna politica Usa, Bernie Sanders ha incitato l’enorme base della sua campagna a sostenere molti di questi lavoratori. Ha usato mail e messaggi per richiedere contributi per una varietà di organizzazioni a sostegno di lavoratori e sollecitando a telefonare e mandare lettere di protesta ai capi delle imprese.

Labor for Bernie, la coalizione sindacale di sostegno alla candidatura di Sanders, sta lavorando con i suoi membri per promuovere un programma nazionale di richieste al governo federale su sanità, paga di malattia e estensione dei sussidi di disoccupazione. A fine aprile non meno di 33 milioni di americani perderanno la loro assicurazione di malattia lavorativa. L’ampiezza di questa crisi sta aprendo la strada ad una legislazione per dare un’assicurazione sanitaria di emergenza a tutti gli americani che non ce l’hanno. Il costo di oltre mille miliardi di dollari non sembra più straordinario dopo i 2.000 miliardi di dollari per le imprese americane.

Dalla crisi possono nascere opportunità, e c’è il potenziale per cambiare la scena delle domande politiche verso lo Stato per rafforzare le orribilmente deboli protezioni sociali e costruire nuova sindacalizzazione e potere per i lavoratori. Molti nella sinistra Usa, particolarmente i giovani del partito socialdemocratico (Dsa), si stanno organizzando con maggior forza. Gli attivisti stanno trovando incoraggiamento e sostegno in innumerevoli contatti video online che consentono di organizzarsi a livello nazionale rimanendo nelle proprie abitazioni.

La società americana sta apprendendo una grande e drammatica lezione su cosa è essenziale e cosa no. I lavoratori meno pagati, spesso immigrati, donne e gente di colore costituiscono le fila dei servizi e dell’agricoltura. Ora il pubblico sta scoprendo che questi lavoratori sono ben più cruciali per il funzionamento della società che la classe manageriale e padronale.

Da questa crisi emerge un grande potenziale per cambiamenti radicali. La necessità di un forte intervento federale per i lavoratori probabilmente non è stata mai così chiaramente percepita dagli anni ’30. Ma senza un’escalation nella sindacalizzazione e nell’azione, il risultato finale della crisi sarà un altro massiccio salvataggio del capitale, simile a quello avvenuto nel 2009 dopo il crollo di Wall Street. Pensiamo che il potenziale per la rinascita non sia mai stato così grande per i lavoratori americani: ma solo se cogliamo l’occasione per organizzarci.

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