Salute e regolarizzazione dei migranti abbandonati nei ghetti - di Andrea Gambillara

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Un appello per i diritti e il lavoro dei migranti, e il secco “No” di Flai Cgil all’estensione dei voucher in agricoltura. 

Nella grave emergenza sanitaria Covid-19 che mette a dura prova l’Italia, l’Europa e il pianeta (la pandemia interessa ben 178 paesi nel mondo; non esiste più via di fuga verso nessun paese d’origine) abbiamo più che mai bisogno tutti di fare riferimento ai principi di giustizia sociale e solidarietà per fare fronte a questa minaccia inedita.

In una “lettera appello aperta”, rivolta al presidente Mattarella, al presidente Conte e ai ministri competenti – primo firmatario il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni - molti rappresentanti di sindacati, organizzazioni del terzo settore impegnate nel campo dell’ecologia, della tutela dei diritti umani, sociali e civili, hanno espresso estrema preoccupazione per le migliaia di lavoratori stranieri impiegati nel settore agricolo, più che mai indispensabili per la sicurezza alimentare della cittadinanza e la tenuta collettiva.

Molti di loro abitano in tanti ghetti e accampamenti di fortuna, luoghi insalubri e indecenti senza acqua né servizi igienici: il rischio che il Covid-19 arrivi in quegli aggregati, tramutandoli in focolai della pandemia, è reale; e le richieste di restare a casa o lavarsi le mani, rivolte alla comunità nazionale, per loro sembrano chimere. A fronte dell’impegno delle organizzazioni che continuano ad operare sul campo, non risulta da parte degli organi istituzionali alcun intervento specifico di prevenzione in questi contesti altamente a rischio. Sono necessari correttivi istituzionali immediati; monitoraggio preventivo e presa in carico degli eventuali casi di Covid-19, in ossequio al principio costituzionale della tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.

I prefetti hanno l’autorità di assumere autonomamente iniziative o adottare disposizioni volte alla messa in sicurezza dei migranti e richiedenti asilo presenti sul territorio, anche mediante l’allestimento e/o la requisizione di immobili a fini di sistemazione alloggiativa. Le risorse necessarie potrebbero essere attinte dalla dotazione del Piano triennale contro lo sfruttamento e il caporalato. Lo stesso “decreto sicurezza”, nato con finalità di ostracismo e soffocamento della realtà migratoria, prevede all’articolo 20bis il riconoscimento di titoli di soggiorno per eccezionali calamità.

Il settore agricolo, inoltre, ad oggi patisce anche la carenza di circa 300mila lavoratori agricoli in alcune aree del paese in ragione dell’interruzione dei flussi di manodopera dai paesi dell’est Europa. I lavoratori extracomunitari che si trovano in condizione di irregolarità (anche richiedenti asilo bocciati dalle Commissioni territoriali), e tutti coloro che sono alla ricerca di una occupazione possono tamponare questo vuoto, ma occorre garantire loro i diritti fondamentali. Diventa quindi sostanziale una regolarizzazione per far emergere chi è stato costretto a vivere e lavorare in condizioni di irregolarità.

Questo però non dev’essere uno strumento per rifornire il settore primario di lavoro a buon mercato, in un momento di choc economico. In questi giorni infatti le organizzazioni datoriali agricole hanno richiesto con forza di estendere e liberalizzare l’uso dei voucher in agricoltura, approfittando del clima di emergenza in cui versa il nostro paese, sostenuti da diverse forze politiche in Parlamento, non solo di opposizione (alcune con posizioni quali: “Spettabili oo.ss., se volete uccidere definitivamente l’agricoltura italiana in un momento così drammatico siete sulla buona strada. Sono totalmente contrario alla vostra presa di posizione. I voucher sono necessari, per consentire all’agricoltura di sopravvivere”.).

L’argomentazione ufficialmente portata a sostegno di tale richiesta sta nell’auspicio di poter, in questo modo, attirare lavoratori anche italiani nelle imminenti “campagne di raccolta”, affinché possano appunto sostituire la mancanza di lavoratori dell’est Europa.

L’appetibilità del lavoro agricolo risiede invece nella regolarità contrattuale e nella garanzia della sicurezza. È necessario, pertanto, rafforzare le misure di contrasto al lavoro nero, favorire l’assunzione di chi sta lavorando in maniera irregolare, attuare i protocolli sottoscritti in tema di collocamento pubblico, attivare concretamente le sezioni territoriali previste dalla legge 199/2016, applicando i contratti collettivi agricoli.

Servono soluzioni strutturali che, soprattutto in condizioni di eccezionalità, non possono attendere. (Il testo dell’appello su www.flai.it. Per adesioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

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