Lavoratori degli appalti, fra rischi e trattamenti impropri - di Matteo Baffa

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“Privatizzazione dei profitti, socializzazione delle perdite”: nemmeno la tragica cornice della pandemia riesce a sottrarci da questa ciclica consuetudine liberista, che anzi assume per l’occasione nuove sfumature e coglie molteplici opportunità.

Non sarà facile avere dati trasparenti ed esaustivi, quantomeno nel breve termine, e non sappiamo se in futuro verranno fatte adeguate verifiche sui soggetti che ne hanno beneficiato, ma dai primi riscontri non sembrano poche le aziende che, dal decreto “Cura Italia” in poi, stanno approfittando impropriamente di aiuti di Stato pensati per le realtà in difficoltà, per settori in crisi o con ampie contrazioni, e per evitare licenziamenti di massa. Ne ha parlato, scatenando grandi polemiche, lo stesso presidente Tridico dell’Inps.

Si tratta di interventi di tutela e di sostegno necessari e urgenti che, a causa dell’evoluzione frenetica e drammatica degli eventi, sono stati messi in campo senza rigorosi parametri di accesso, che avrebbero forse evitato l’assedio scriteriato a cui stiamo assistendo. Ammortizzatori sociali di tutti i tipi e a pioggia per chiunque ne faccia richiesta, senza l’obbligo di comprovare lo stato di necessità; aiuti che arrivano anche a chi la crisi non l’ha sentita, e probabilmente non la sentirà. Anche a chi, ad esempio, continua ad incassare ingenti cifre dai contratti d’appalto nella sanità, un settore che sicuramente ha avuto e ha più che mai bisogno dei lavoratori di quegli appalti, che non sono stati ridotti e semmai hanno visto rimodulare alcuni dei loro servizi, in ragione dell’emergenza sanitaria in atto.

Anche nel nostro settore gli ammortizzatori risultano ampiamente attivati su tutto il territorio nazionale, mentre negli ospedali sono necessari tutti i lavoratori in turno, o paradossalmente vengono chiesti straordinari e si possono addirittura prevedere nuove assunzioni per fronteggiare le migliaia di prestazioni sanitarie rimaste sospese nei mesi scorsi.

C’è il rischio che, in imprese senza scrupoli, malattie, ferie o permessi di vario tipo, sacrosanti diritti dei lavoratori vengano commutati in ore o giorni di Fis o cassa integrazione, a seconda degli ambiti. Magari si lavora anche più di prima, ma se ci si ammala o si ha bisogno di giorni di stacco per qualsivoglia motivo (anche per assistenza a parenti bisognosi), ecco che in quei giorni non si sarà pagati, dovendo invece aspettare l’assegno Inps, decisamente più esiguo di quanto sarebbe spettato.

Se applichiamo questo escamotage a migliaia di dipendenti – come denunciato nei giorni scorsi dall’Inps stesso – si ha un’idea dell’enorme risparmio per certe aziende. E dell’enorme aggravio sulle spalle della collettività. L’Inps, cioè tutti noi, paghiamo il conto di quest’opportunismo, in un periodo di crisi generalizzata e che avrà lungo e doloroso corso.

Usati e abusati in questo modo, gli ammortizzatori sociali da prezioso soccorso diventano rapidamente l’ennesima beffa ai danni dei lavoratori, già vessati da incertezza e inadeguati salari, e un brutto colpo alle casse pubbliche e ad altre migliaia di lavoratori e aziende, che necessiterebbero di aiuti motivati e ben più ingenti.

Come lavoratori degli appalti, subiamo da anni l’umiliazione di essere parte integrante ed essenziale del sistema ospedaliero, ed essere trattati al contempo come merce di scambio; dopo mesi di lavoro continuativo nei luoghi di lavoro più a rischio, gli ospedali, spesso sprovvisti delle adeguate protezioni, senza alcun incentivo, all’umiliazione si aggiungono nuove forma di prevaricazione.

Il sindacato deve fare la sua parte, ovviamente. Coordinamenti intercategoriali degli appalti, legati tra loro, a presidio di diritti e legalità, che possano denunciare abusi o comportamenti sospetti, sono soluzioni minime ma imprescindibili, strumenti necessari in una fase che rischia di dividere e polverizzare ulteriormente il mondo del lavoro.

Un ruolo centrale e determinante deve essere assunto dagli enti committenti, istituzioni pubbliche che non possono continuare a deresponsabilizzarsi rispetto alla situazione del personale esternalizzato, e che non possono, in ragione della loro funzione sociale e collettiva, volgere lo sguardo altrove dinanzi a eventuali manovre poco limpide da parte degli appaltatori. Ne va anche della qualità del servizio reso alla cittadinanza e alla comunità.

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