Virginio Bettini, un ambientalista attento ai problemi sociali - di Gianni Tamino

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Virginio è stato uno studioso e un militante ambientalista, ben noto non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa e in molte parti del mondo. Dobbiamo a lui l’introduzione per la prima volta in Italia delle ricerche sulla Valutazione di impatto ambientale e sulla “landscape ecology” cioè l’ecologia del paesaggio, che sarà il tema dei suoi ultimi libri, uno non ancora pubblicato.

Ha contribuito in modo sostanziale alle battaglie contro le centrali a carbone prima e contro quelle nucleari poi, proponendo già decenni fa la transizione verso le fonti veramente alternative. Ha fatto conoscere ai primi movimenti ecologisti la straordinaria figura di Barry Commoner, con il quale ha scritto nel 1976 “Ecologia e lotte sociali” e con il quale ha denunciato la pericolosità delle diossine, non solo dal punto di vista scientifico, ma a fianco dei movimenti sia a Seveso che in Vietnam. È stato amico di Giorgio Nebbia, anche lui scomparso da poco, che riteneva, come tutti noi, il padre dell’ambientalismo italiano.

Ho conosciuto Virginio nei primi anni ’70, quando arrivò a Venezia, incaricato di insegnare Ecologia allo Iuav; organizzò alcuni seminari per gli studenti sui territori più inquinati del Veneto e mi invitò, insieme ad una mia collega di Padova, a parlare delle concerie della zona di Chiampo e Arzignano, nel vicentino, di cui mi stavo occupando. Da allora sono state molte le occasioni nelle quali o ci siamo incrociati o abbiamo collaborato: ricordo la nascita in Veneto di Legambiente (quando ancora era Lega per l’Ambiente) tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ‘80, la battaglia antinucleare degli anni ’80, la collaborazione dentro la lista “Verdi Arcobaleno” prima e nella Federazione dei Verdi dopo, gli incontri al Parlamento europeo, prima quando lui era stato eletto eurodeputato verde e poi, dal ’95, quando mi ritrovai io in quel Parlamento.

Una delle cose per cui tutti e due ci siamo sempre battuti è per una vera Valutazione di impatto ambientale (detta anche, in sigla, Via): lui, come ho già detto, è stato il primo a farci conoscere questo metodo di valutazione e poi nel 1984, con Edo Ronchi e Giorgio Nebbia, quando ero alla Camera dei Deputati, sono stato tra i primi a proporre una legge su questo tema, mentre stava per essere approvata anche una Direttiva europea. Ssulla spinta delle proposte di legge e della Direttiva, anche l’Italia inserì, nel 1986, questa norma nella legge istitutiva del ministero dell’Ambiente. Purtroppo in tutti questi anni abbiamo avuto solo il titolo di una norma che non ha mai rispettato la logica e l’essenza della Via.

Ecco cosa scriveva Virginio Bettini nel 2013: “Dopo l’iniziale recepimento, la via burocratica seguita dalla Valutazione di impatto ambientale per diventare legge e – soprattutto - procedura rigida, affidabile e scientificamente rigorosa, è stata molto più che tortuosa, ed è tuttora ben lontana dall’essere conclusa. Il principale problema riguardante questo tipo di ricerche è l’effettiva assenza dell’opzione “zero” (il suddetto ‘do nothing’), che nella realtà dei casi non viene mai applicata, trasformando lo studio in poco più che un giustificativo da allegare al progetto, al fine di permettere la sua realizzazione. L’eccessivo potere in mano ai committenti permette infatti di rendere tacitamente obbligata una valutazione positiva, imponendo la conferma della realizzabilità del progetto già nella scelta dei ricercatori impegnati nello studio, che ovviamente vengono trasformati in vassalli di chi propone l’opera in oggetto”.

Questo è quanto purtroppo i movimenti territoriali verificano tutti i giorni, quando hanno a che fare con proposte di impianti industriali, inceneritori, grandi opere come la Tav e i vari ecomostri.

Non sempre andavamo d’accordo, talora abbiamo avuto divergenze sia sull’interpretazione delle ricerche scientifiche che sulla tattica politica, ma la comune matrice di sinistra (Virginio si è sempre orgogliosamente dichiarato marxista), e la comune volontà di affrontare i gravissimi problemi ambientali che affliggono ogni territorio del Pianeta, ci hanno sempre portati a cercare un punto di accordo e a stare dalla parte di chi subisce le pesanti conseguenze, sul piano sociale e ambientale, di una globalizzazione capitalistica neoliberista.

Di lui ricordo soprattutto l’allegria e la voglia di scherzare, ma allo stesso tempo il grande impegno a denunciare ogni forma di sopraffazione verso le popolazioni e l’ambiente, e a cercare soluzioni ai problemi sia ambientali che sociali.

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