Corruzione politica e pandemia affondano il Perù - di Vittorio Bonanni

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Da un lato una brutale repressione contro quelle peruviane e quei peruviani che non accettano più una politica irresponsabile e disinteressata ai destini di una popolazione senza prospettive. Dall’altro gli effetti catastrofici della pandemia. Questo scenario fa da sfondo al surreale susseguirsi di eventi che hanno caratterizzato gli ultimi giorni e le ultime settimane del Paese andino, con la nomina a raffica di tre presidenti della Repubblica.

Il primo è stato Martín Vizcarra. Capo dello Stato dal 23 marzo 2018 al 9 novembre scorso quando si è dimesso, dopo essere stato messo in stato di accusa dal Parlamento per alcuni casi di corruzione risalenti al suo periodo come governatore regionale, tra il 2011 e il 2014.

Dopo di lui arriva Manuel Merino, già primo ministro di Vizcarra, che dura ancor meno. Si è infatti dimesso - e con lui 13 ministri su 18, tra i quali i responsabili degli Interni, Gaston Rodriguez, e della Giustizia, Delia Manoz - dopo solo cinque giorni dalla sua nomina, in seguito anche a una mobilitazione popolare in tutto il Paese che ne chiedeva la testa anche per il sostegno che le mafie locali gli avevano garantito. Tensioni che sono scaturite in scontri di piazza durati giorni tra manifestanti e forze dell’ordine dal triste epilogo: due studenti universitari, Jack Pintado, di 22 anni, e Inti Sotelo, di 24, sono rimasti uccisi a Lima da colpi di arma da fuoco esplosi dalla polizia. Anche il coordinatore per i diritti umani Jorge Bacramonte ha denunciato decine di scomparsi ed episodi di tortura, nel più classico stile sudamericano.

Per contenere la rabbia popolare, nelle ore successive il Parlamento ha cercato un sostituto o meglio una sostituta, che se eletta sarebbe diventata la prima presidente donna della storia del Perù. Si tratta di Rocío Silva-Santisteban, 57 anni, di Lima, tra le fila della coalizione di sinistra del Fronte Amplio. Santisteban però non ha ricevuto i voti necessari: 52 preferenze su 60. Un’altra donna che per un soffio non è arrivata al ballottaggio era Veronika Mendoza, anch’essa di sinistra, fatta oggetto di tutte le accuse possibili e immaginabili da parte della stampa più reazionaria.

Questo scenario ha portato alla nomina di Francisco Sagasti, 76 anni, ingegnere, già impegnato nella Banca Mondiale, eletto dai deputati peruviani presidente del parlamento e - secondo la Costituzione - automaticamente Capo dello Stato.

Questo confuso e drammatico quadro politico si accompagna alla terribile situazione determinata dalla pandemia del coronavirus. Per combattere la quale – scrive il quotidiano La Stampa - tutto è reso più difficile dalla presenza di troppi partiti e di troppi interessi in gioco. La pandemia è stata fatale: per diversi mesi il Perù è stato il Paese con il numero di morti per Covid (oggi sono oltre 35mila) più alto al mondo in rapporto alla popolazione. Le strutture sanitarie sono collassate, nonostante il rigido lockdown deciso dal governo di Vizcarra, che non ha esitato a mandare l’esercito in strada per far rispettare divieti e coprifuoco.

Gli analisti prevedono un crollo di oltre 12% del Pil per quest’anno, milioni di lavoratori informali sono rimasti senza nulla, un terzo delle attività commerciali è a rischio chiusura. Il coronavirus ha mostrato gli effetti di decenni di corruzione, gli ospedali sono rimasti per settimane senza ossigeno, i medici per molto tempo hanno lavorato senza dispositivi di protezione.

“Lo Stato è fallito da tempo – spiega al quotidiano torinese il sociologo ed ex ministro degli Interni, Fernando Rospigliosi – e le interminabili faide in Parlamento hanno distrutto quel poco che restava della credibilità della classe politica. Ora si rischia il vuoto e la deriva verso il populismo o l’autoritarismo”.

Un dato basta da solo a mostrare il disastro istituzionale peruviano: tutti i sei ultimi presidenti, che hanno governato negli ultimi 30 anni, sono caduti per corruzione. In un contesto del quale Europa e Stati Uniti, come sempre avviene, non parlano praticamente mai, tutti ripiegati come sono sui propri problemi interni.

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