Siamo figli della solidarietà - di Donato Pietro Stefanelli

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Manifestazione regionale a Bari di Cgil e Spi lo scorso 31 marzo in difesa della sanità pubblica.

Il buco nero della sanità pugliese ammonta a 450 milioni di euro. E’ il grido di dolore che sale dalla Regione Puglia, per bocca dell’assessore alla sanità. E se non si reperirà subito almeno la metà di questa cifra, i cittadini pugliesi vedranno lievitare l’addizionale regionale Irpef.

Contro questa malagestione è scesa in piazza a Bari il 31 marzo la Cgil Puglia, insieme ai pensionati dello Spi, anticipando di fatto la mobilitazione unitaria di Cgil Cisl Uil contro la manovra economico e finanziaria del governo delle destre, che sta già falcidiando salari, pensioni e piccolo risparmio.

La situazione è insostenibile. Liste d’attesa, medicina diagnostica solo per chi può pagare, screening per patologie oncologiche sospesi a tempo indeterminato. E da ultimo l’annuncio di ulteriori tagli, a cominciare dalla spesa farmaceutica. Accade già che, se finisci ricoverato in ospedale, i farmaci li devi portare da casa. E’ il portato di quella equivalenza fra sanità pubblica e sanità privata che è stato il tratto distintivo delle politiche sanitarie in Puglia, oltre che di quelle nazionali.

Agli annunci in pandemia “nulla sarà più come prima” ha fatto seguito il “peggio di prima”, che ha svelato un sistema di potere e affaristico lievitato nell’emergenza pandemica, culminato nell’arresto e nella condanna per tangenti del presidente regionale della Protezione civile. Una rete fittissima di affidamenti diretti a imprese per la fornitura e l’allestimento di strutture e attrezzature dedicate alla campagna di vaccinazioni e centri tamponi anticovid. Il monumento allo spreco resta l’ospedale anticovid allestito in Fiera del Levante, successivamente smantellato.

Paghiamo l’assenza di una politica nazionale per la sanità pubblica che si squaderna in tutta la sua devastazione, ancor prima dell’autonomia differenziata, che se non verrà fermata, vedrà strappato l’articolo 32 della Costituzione, “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”. Ed ora che il governo Meloni ha affidato al ministro pugliese Fitto superpoteri per la gestione delle risorse del Pnrr, c’è da attendersi una ulteriore spinta in direzione della privatizzazione, facendo saltare Lea e Lep.

Le previsioni del Def del governo Meloni annunciano ulteriori tagli alla spesa sanitaria e a quella pensionistica, senza nulla di rilevante sul fisco. E’ necessario lo sciopero generale, che va preparato attraverso la campagna unitaria di Cgil Cisl e Uil, che vedrà il Mezzogiorno manifestare a Napoli il 20 maggio.

Si pone qui una articolata riflessione. Da trent’anni non siamo più una credibile autorità salariale, per ragioni diverse. La moderazione salariale dalla politica dei redditi in avanti, la frammentazione del mercato del lavoro per effetto delle ristrutturazioni capitalistiche e delle leggi introdotte dai governi Berlusconi, la balcanizzazione contrattuale sfociata nel far west salariale. La risposta non più rinviabile è quella del salario minimo legale, a partire da quello dei Ccnl sottoscritti dai sindacati più rappresentativi.

In definitiva, quindi, sanità, salario, fisco sono i cardini della nostra mobilitazione.

La Cgil è figlia della solidarietà che ha attraversato tutto il ‘900. Quello che oggi chiamiamo ‘sindacato di strada’ è nelle pagine della nostra storia, nella mutualità, nelle prime Camere del Lavoro. Il territorio, insomma, come nuova frontiera per riorganizzare il nostro insediamento.

La Cgil dispone di una fitta rete di Camere del Lavoro comunali, una accanto ad ogni campanile, che insieme alle Leghe Spi costituiscono un grande patrimonio a supporto delle battaglie che ci attendono. E’ qui che va esplicato il valore della confederalità, nella Confederazione, nelle federazioni di categoria, nello stesso Spi. Non gerarchie, quindi, ma solidarietà da parte di chi ha di più verso chi ha di meno.

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