Ma perché questi francesi si lamentano tanto…. - di Ilaria Bettarelli

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Quando si parla delle massicce proteste in Francia contro la riforma delle pensioni, in noi italiani scatta il desiderio di sminuire la questione. In fondo cosa cambia andare in pensione a 64 anni invece che a 62, quando in Italia è molto se ci andiamo davvero in pensione? Facciamo chiarezza e forse riusciremo a sentire un po’ più nostro il problema.

Il sistema pensionistico in Francia risale al primo dopoguerra ma è entrato a regime e ha iniziato a dare i suoi frutti, coprendo dignitosamente tutta la popolazione, solo dal 1970. Finalmente si riesce ad andare in pensione a 60 anni invece che a 65, anche se le pensioni ancora riguardano soprattutto i contribuenti maschi e non le donne.

Francia meno ricca, pensioni meno ricche. Francia più ricca? Ecco che il tutto diventa possibile, aumentando la quota di produzione nazionale destinata alla vecchiaia e ai superstiti di guerra (11% a metà degli anni ‘80) ai quali, fino ad allora, non era stato garantito un adeguato e dignitoso riconoscimento.

Alla soglia dei 2000, però, ci si interroga sul futuro di queste pensioni dal momento che il numero dei sessantenni in rapporto ai giovani aumenta: ci sono troppi anziani rispetto ai lavoratori giovani, e il problema del “paese vecchio e con poche nascite” risuona sui titoli di giornale. Ricorda niente? Così, per far tornare i conti (al 2040), le pensioni avrebbero dovuto essere alzate alla soglia dei 70 anni, e le riforme fatte negli ultimi 30 anni sono state un tentativo di “addolcire la pillola amara”. Ma anche progettare un programma di ringiovanimento del paese puntando soprattutto sul “baby boom”: più figli fai e più il paese ti paga e ti sostiene.

Certo si sarebbe potuto fare un ragionamento serio sull’immigrazione e su come renderla produttiva per il paese ospitante, ma sappiamo bene che sulla questione “accoglienza” in Europa abbiamo qualche problema. Anche qui le similitudini abbondano.

Nel 2003 lo slogan cambia e il ragionamento suona più o meno così: “siccome ogni anno l’aspettativa di vita sale di 3 mesi, possiamo aumentare la soglia pensionabile senza ridurre nell’effettivo la durata della pensione che resta un terzo della vita”. Le riforme del 2010 e del 2014 lavorano in questo senso e portano l’età pensionabile da 60 a 62 anni. Nel frattempo, contrariamente alle aspettative, la Francia continua a invecchiare e ci sono 4 milioni di disoccupati. A gennaio del 2023 i tentativi fatti in passato, con Macron e il suo staff, vanno in fumo, e viene approvata la riforma passando di fatto da 62 a 64 anni.

I francesi si ribellano perché, dopo essere stati confusi per anni, ma sempre con il vago sentore che ci fosse qualcosa che non tornava, si rendono conto che prima di parlare di pensioni bisogna risolvere il problema del lavoro. La questione è così semplice da risultare imbarazzante. Se il lavoro c’è si può parlare di pensione. Il primo giugno 2010, il segretario di Stato per l’occupazione, Laurent Wauquiez, ha riconosciuto in un’intervista rilasciata a Parisien che il tasso di occupazione per i 55-59enni era solo del 58,5%, vale a dire che più di 40% erano disoccupati. La situazione non è cambiata 13 anni dopo. I più fortunati sono stati spinti al pensionamento anticipato dai datori di lavoro che vogliono liberarsi dei lavoratori logorati dallo sfruttamento. Gli altri sono disoccupati, ed è proprio tra coloro che le statistiche chiamano “anziani”, che si trovano i disoccupati di lunga durata.

Contrariamente a quanto si pensa, quindi, i francesi sanno benissimo che c’è un oggettivo problema di fondi pensione ma protestano per l’insufficienza del reddito, a causa della disoccupazione, per la riduzione della quota dei salari sul reddito nazionale, e soprattutto per il fatto che i datori di lavoro delle grandi aziende, nonostante gli enormi profitti, continuano a beneficiare di esenzioni contributive che lo Stato è ben lungi dal compensare.

L’obiettivo a cui il governo sembra dare assoluta priorità è quello di ridurre drasticamente l’importo complessivo delle pensioni erogate dai fondi pensione, trasformando in disoccupati altri potenziali pensionati e riducendo contemporaneamente i loro diritti. Ad aggravare tutta questa situazione c’è il fatto, ormai sotto gli occhi di tutta l’Europa, che Macron sembra ostinatamente insensibile alle proteste di milioni di persone che da mesi si riversano in piazza, bloccano i trasporti, si alternano nello sciopero lavorativo per non fare la fame. Milioni di persone in tutta la Francia che gridano che una legge approvata non significa che non sia più impugnabile. A cui il governo risponde “ormai il percorso democratico è concluso”.

Mamma Francia si dimostra non esattamente aggiornata sulle metodologie di educazione della prole di oggi. Eppure i francesi sono molto fissati con la nostra Montessori, la quale già diverso tempo fa insegnava che una risposta come “perché lo dico io!” non fa altro che creare bambini insicuri, ribelli e pessimi cittadini di domani. Forse è tutta colpa di papà?

 

*Ilaria è stata componente dell’Assemblea generale Cgil, tra le compagne e i compagni di Lavoro Società, e Rsa H&M di Firenze. Ora vive e lavora in Francia.

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