Legno-Arredo, uno sciopero necessario - di Stefano Rizzi

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Massiccia adesione di lavoratrici e lavoratori allo sciopero generale del 21 aprile scorso.

Un grande ringraziamento alle lavoratrici ed ai lavoratori che, pur in una fase complicata, hanno ben compreso le ragioni dello sciopero del settore Legno Arredamento indetto dai sindacati delle costruzioni dopo la rottura delle trattative per il rinnovo del Ccnl. Nelle centinaia di aziende del settore, per un giorno, la produzione si è interrotta grazie alla massiccia adesione allo sciopero. Una mobilitazione non scontata, in un comparto che vede 300mila addetti, perché l’inflazione erode fortemente i salari e una giornata di lavoro, stante il netto di una busta paga già di per sé tra le più basse, è un sacrificio notevole.

Una mobilitazione importante che, dopo un mese di assemblee nei luoghi di lavoro, ha visto anche una massiccia partecipazione nelle manifestazioni territoriali di Treviso, La Spezia, Forlì, Pesaro, Matera, Cagliari e Milano, quest’ultima svolta al Salone del Mobile (la più importante Fiera dell’Arredamento made in Italy – tra le più importanti in assoluto in Europa) con delegazioni provenienti da tutto il Nord Italia.

Uno sciopero necessario contro l’inaccettabile comportamento di Federlegno – federazione padronale di categoria afferente a Confindustria – che ha preteso di stravolgere l’impianto del Contratto nazionale scaduto nel 2022: il blocco delle trattative per un anno e il disconoscimento del modello contrattuale sottoscritto nel 2016, quello per cui si ridistribuiscono, a posteriori, i soldi ai lavoratori in base allo scostamento dall’inflazione. Un comportamento inaccettabile perché rivendicato dall’associazione di categoria quando l’inflazione nel recente passato era pari a zero e rigettato al mittente oggi quando, invece, l’inflazione cresce e cancella una fetta importante del potere d’acquisto.

Stiamo parlando, solo per il 2022, di circa 130 euro al mese a fronte di salari medi di circa 1.350 euro mensili già maturati, così come recita il modello contrattuale, il 1° gennaio 2023. La proposta di Federlegno è ferma a 70 euro al mese, la metà del dovuto.

Un comportamento ancora più fastidioso perché si rinnegano accordi sottoscritti mentre il settore, anno dopo anno, continua a registrare fatturati da record. Nel 2022, il fatturato alla produzione della filiera legno-arredo è cresciuto del 12,6% rispetto all’anno precedente, con un valore pari a 56,5 miliardi di euro. Con l’export che vale 21 miliardi di euro, e anche il mercato interno segna un +12,2% grazie soprattutto all’andamento positivo legato ai prodotti destinati alla casa e, quindi, agli incentivi del superbonus, bonus mobili e bonus edilizi.

Un’analisi effettuata dello stesso Centro Studi Federlegno-Arredo su un campione rappresentativo di aziende indica un incremento delle vendite rispetto al primo semestre 2021 pari al 22%, mentre nel trimestre gennaio-marzo 2022 le vendite superavano del +24% in valore quelle del corrispondente trimestre 2021. Una situazione di mercato che consentirà al settore di avere una crescita anche nel 2023, forse a doppia cifra.

Con questi numeri l’abbandono del tavolo da parte di Federlegno, negando quanto definito nel 2016, è un atteggiamento offensivo della dignità dei lavoratori e delle stesse relazioni sindacali. Per un comparto, quello del Legno Arredamento, che è ritenuto uno dei più importanti del made in Italy, il tutto sulle spalle dell’impoverimento di chi quei prodotti li costruisce: una arroganza inaccettabile.

Un atteggiamento, quello dell’importante sigla di Confindustria, che rischia di fare da apripista per i tanti Ccnl scaduti e non rinnovati. Evidentemente il disconoscimento delle regole del gioco continua ad essere la leva per l’aumento dei profitti delle imprese, costruiti sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori.

 
 
 
 
 
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