Perché marciare per la pace - di Sergio Bassoli

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Perugia, sabato 20 maggio, dalle 15.30 assemblea della coalizione di Europe for Peace; domenica 21 maggio, Marcia per la Pace.

La guerra continua e il rischio che stiamo correndo è di abituarci alla sua presenza e considerare come ineluttabile destino il nostro scivolare nella guerra permanente, fino a quando non sarà il nucleare a porre fine alla nostra storia.

Non si contano più gli appelli di intellettuali, artisti, premi Nobel, ex-leader politici e sindacali che denunciano il rischio che sta correndo l’umanità e il pianeta per l’ignavia e la leggerezza dei governi, per l’impotenza delle Nazioni Unite di fronte alle guerre e al cambiamento climatico. Se da un lato non si risparmiano i paralleli con altri momenti drammatici della storia moderna, come i contesti che hanno preceduto la grande guerra e la seconda guerra mondiale, dall’altro non sembra esserci tensione e dibattito politico, forti del pensiero unico fondato sulla certezza che l’unica strada sia la vittoria con le armi del “bene sul male”. Tant’è che è permesso parlare di pace solamente se questa è intesa come obiettivo finale, quando le armi avranno vinto il nemico e potranno così tacere.

Invece è proibito, pena l’accusa di essere anime belle se non proprio al soldo del nemico, chiedere che si fermi la guerra e che la pace sia costruita senza impiego delle armi, con la diplomazia, con il negoziato, con la costruzione di un sistema di sicurezza condivisa e con il ripristino del diritto internazionale.

Due schemi di pensiero differenti per profondità e lettura della società complessa: il primo, apparentemente semplice e logico, che ha nella guerra, nella produzione di armi, nei blocchi militari, la strategia e le alleanze per difendere libertà e democrazia per il raggiungimento della pace (dei vincitori); il secondo, apparentemente complesso, che investe energie e risorse nell’azione politica, nella sicurezza comune, nel sistema internazionale per evitare la guerra, per espandere libertà, diritti, democrazia e pace per tutti (senza vincitori e vinti).

In realtà sono entrambe sistemi che si reggono su fondamenti teorici profondi ma contrapposti: di egemonia politica, culturale ed economica, di difesa di interessi specifici il primo, e di universalità e di interessi generali il secondo.

Per uscire dalla teoria ed entrare nel mondo che viviamo, la guerra in Ucraina è il risultato del prevalere del primo modello, un sistema politico, economico e culturale che si contrappone e si combatte al suo interno, dove gli interessi delle parti sono superiori agli interessi dell’insieme e la cui difesa prevede l’arma nucleare come deterrenza, cioè il possesso senza farne uso, e la produzione e l’utilizzo delle armi, sempre più tecnologiche e sofisticate, ma pur sempre considerate convenzionali, per promuovere e gestire le guerre a protezione dei propri interessi strategici (politici, culturali ed economici).

La competizione in corso tra Usa, Cina e Russia per il nuovo ordine mondiale è la partita che si sta giocando sul campo dell’Ucraina come in Medio Oriente e in Africa. Tanti campi di gioco e tanti comprimari, ma le teste di serie di questa competizione sono quelle tre.

In questa competizione l’Unione europea è un alleato, non è un attore politico globale. Alleato di un blocco, quello Occidentale, che si contrappone agli altri due blocchi. L’Unione europea, per storia e per altre condizioni oggettive, non può pensare di diventare il quarto attore politico globale, ma per cultura e per emancipazione potrebbe essere un grande attore politico regionale, se scegliesse di agire a favore del rilancio del progetto delle Nazioni Unite, superando i blocchi e mettendo al centro i principi dell’universalismo, della sostenibilità del pianeta e gli strumenti del diritto internazionale e della sicurezza comune. Unica strada che può rendere possibile quanto scritto nella carta delle Nazioni Unite e nella nostra Costituzione: fuori la guerra dalla storia!

La scelta di tornare alla Marcia per la Pace, ripercorrendo il cammino di Aldo Capitini, non vuole essere la presenza e la testimonianza ad un rito liberatorio, ma è la continuità con le mobilitazioni che dal 25 febbraio 2022 ci vedono impegnati, con una grande coalizione di società civile, ad assistere le vittime dell’ennesima guerra, a denunciare l’aggressione russa all’Ucraina, a chiedere che si fermino le armi e che sia trovata la soluzione politica e la pace giusta attraverso la via della diplomazia e del negoziato. Nello stesso tempo la riflessione è e deve essere più profonda, mobilitandoci per un cambio radicale di politica internazionale e di relazioni tra gli Stati.

L’appuntamento di Perugia avrà come prologo la realizzazione dell’assemblea della coalizione di Europe for Peace, sabato 20 maggio dalle 15.30 alle 20.30, dove discuteremo di tutto questo per poi partecipare in tanti alla Marcia per la Pace, domenica 21 maggio, per ribadire che l’Italia ripudia la guerra.

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