Festival Sabir Trieste: contro i muri, per i diritti umani e libertà di movimento - di Selly Kane

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Dopo Lampedusa, Pozzallo, Siracusa, Palermo, Lecce e Matera, il Festival Sabir, evento diffuso e spazio di riflessioni e di scambio interculturale, si è svolto l’11,12 e 13 maggio scorsi a Trieste, città geograficamente e storicamente luogo di incontro di culture, lingue diverse e di accoglienza. Trieste è anche luogo di passaggio di migliaia di migranti della rotta balcanica, in fuga e in ricerca di un futuro migliore.

Il titolo scelto dai promotori (Arci insieme a Caritas Italiana, Acli e Cgil, con la collaborazione di Asgi e Carta di Roma) per la nona edizione di Sabir è “Libertà di movimento”, filo conduttore dei vari dibattiti, iniziative e seminari che si sono svolti nel corso delle giornate.

L’ apertura del Festival è stata dedicata al giovane Omar Neffati, portavoce del “Movimento Italiani senza cittadinanza”, scomparso prematuramente nel mese di gennaio: un momento per ribadire con forza la necessità di continuare la battaglia sullo “Ius soli” per cui Omar aveva tanto lottato.

Tre giorni di iniziative, seminari, spettacoli ed eventi culturali, programmati dai promotori con il coinvolgimento della società civile, di istituzioni, associazioni, esperti a livello nazionale, europeo ed internazionale. I dibattiti si sono concentrati nella denuncia delle gravi violazioni dei diritti umani contenute nelle politiche e normative in Italia e in Europa, tese ai respingimenti, alla criminalizzazione delle Ong che prestano soccorso ai migranti in pericolo di vita, agli accordi da parte dei Paesi europei con alcuni Paesi terzi, tesi trattenere i migranti in fuga nei vari centri di detenzione dove vengono rinchiusi e torturati. Contestata la grave decisione del governo italiano di emanare una legge (50/2023), un vero e proprio accanimento contro i migranti, dopo la strage di Cutro dove sono morti oltre 90 uomini, donne e bambini.

In questa edizione di Sabir si è voluto dare una particolare attenzione ai migranti in fuga da guerre e persecuzioni che “scelgono” la rotta balcanica per raggiungere l’Europa. Una rotta di cui si parla poco ma dove sistematicamente vengono rinchiusi e respinti i migranti alla frontiera tra l’Italia e la Slovenia, senza alcuna possibilità di poter richiedere asilo politico o protezione internazionale, persino per gli afghani.

Il Festival si è concluso con una “Marcia contro i muri e per l’accoglienza”, in cui centinaia di persone hanno ripercorso gli ultimi nove chilometri della cosiddetta rotta balcanica, sentieri di passaggio di molti migranti.

L’Italia e tutta l’Unione europea stanno perpetrando gravissime violazioni dei diritti umani nei confronti delle persone in fuga, impegnando ingenti risorse per il controllo e l’esternalizzazione delle frontiere, per la costruzione di centri di detenzione e respingimento, siglando accordi con Stati dove le persone vengono sistematicamente torturate e violentate. Tutto ciò per ottenere consensi in patria, alimentando paure con una propaganda che vuol far passare l’idea che tutti i mali e i problemi che attanagliano la società derivino dalle migrazioni. Un’operazione pericolosa, che sta minando gli stessi valori che hanno fondato l’Unione europea quali la solidarietà, il rispetto dei diritti umani, la democrazia.

La libertà di movimento delle persone è un diritto naturale che deve essere garantito in un quadro di diritti universali. D’altronde tutte le politiche e normative anti migranti, securitarie e di chiusura perseguite in questi anni si sono rivelate fallimentari, mentre aumentano le migrazioni forzate, così come le sanzioni e le condanne dei tribunali nei confronti dei governi per violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale.

 

Temi come i cambiamenti climatici, la questione demografica, le guerre riguardano tutti i Paesi del mondo, e tutti i governi hanno la responsabilità di affrontarli in un’ottica di condivisione, per il bene dell’umanità intera.

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