Emilia Romagna: non è il maltempo! - di Simona Fabiani

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Non è il maltempo! È tante altre cose quello che è successo in Romagna: cementificazione, consumo di suolo, mancanza di prevenzione e manutenzione del territorio, cambiamento climatico.

Sono cause su cui occorre aprire una seria riflessione. La legge sul consumo di suolo resta nei cassetti del Parlamento. L’Emilia Romagna è una delle regioni in Italia con valori più alti di consumo di suolo, anche nei territori ad alto livello di pericolosità idraulica. Si continua a costruire in zone pericolose, mettendo a rischio le popolazioni, con edifici a ridosso degli argini dei fiumi e un’impermeabilizzazione del suolo che rende il territorio meno in grado di assorbire l’acqua delle piogge.

La politica nega ostinatamente il legame di causa-effetto fra siccità, fenomeni alluvionali e franosi e cambiamento climatico, e soprattutto nasconde la connessione fra gli episodi meteorologici estremi, sempre più frequenti e devastanti, e le scelte di politica economica, energetica, industriale ed agricola, considerato che la causa principale del cambiamento climatico sono le emissioni di gas a effetto serra prodotte dalle fonti fossili. Le azioni sono pressoché assenti.

Il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico (Pnacc) proposto dal governo, ma non ancora adottato, non prevede alcun finanziamento delle misure necessarie e ha tempi di partenza troppo lunghi rispetto all’emergenza che stiamo affrontando. Nel Def non c’è alcun richiamo alla prevenzione e al dissesto idrogeologico. Il Pnrr ha previsto solo 50 milioni per la realizzazione di un sistema di monitoraggio e previsione, e 2,49 miliardi per la gestione del rischio alluvione e la riduzione rischio idrogeologico. Gli appalti dovrebbero essere aggiudicati entro dicembre 2023 ma le risorse sono troppo poche e i tempi troppo lunghi.

Intanto, il 9 maggio scorso, il Parlamento europeo ha votato a larghissima maggioranza per accelerare l’approvazione del regolamento a sostegno della produzione di munizioni, che prevede fra l’altro la possibilità per gli Stati membri di utilizzare i fondi europei dei programmi di spesa sociali e del Pnrr per destinarli alle spese per armamenti.

Il Piano nazionale clima energia (Pniec) deve essere aggiornato e inviato alla Commissione europea entro il 30 giugno, ma al momento non c’è nemmeno un testo su cui discutere, solo un questionario online che viene spacciato per consultazione. Ricordiamo che il Pniec in vigore ha un obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030 del 37%, a fronte di un obiettivo europeo del 55%.

Il Consiglio dei ministri del 23 maggio ha approvato un decreto-legge che introduce interventi urgenti per fronteggiare la fase emergenziale per le aree alluvionate, con una dotazione di 2 miliardi per indennizzi e sostegni a imprese e lavoratori. Si parlerà in seguito di ricostruzione, i danni potrebbero arrivare attorno ai 10 miliardi. Ancora una volta, invece, resta fuori ogni ragionamento sulla prevenzione e sull’adattamento e la mitigazione al cambiamento climatico. Anzi, da quanto si legge nel comunicato stampa del Consiglio dei ministri, il governo ha previsto disposizioni per semplificare la realizzazione di nuova capacità di rigassificazione nazionale, anche qualificando come opere di pubblica utilità, indifferibili e urgenti, quelle per la realizzazione di unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione. Un’operazione di negazionismo climatico che fa il paio con l’attribuzione della responsabilità di quanto accaduto agli ambientalisti.

Da ormai troppi anni la Cgil rivendica e propone politiche urgenti di giusta transizione ecologica, decarbonizzazione dell’economia, misure strutturali di prevenzione e manutenzione del territorio, investimenti adeguati.

Vogliamo una piena occupazione, stabile e di qualità, al servizio del benessere dell’ambiente e delle persone. Dobbiamo intervenire finché siamo in tempo, con la radicalità e l’urgenza che ci indicano tutti i rapporti dell’Ipcc (panel sui cambiamenti climatici dell’Onu).

Serve una legge sul clima che indichi obiettivi, target e tempi certi e rapidi della decarbonizzazione, sul Pniec è necessario, prima del 30 giugno, un confronto fra governo, parti sociali e società civile organizzata, vanno fermati tutti i nuovi investimenti nelle fonti fossili, e trasformati i sussidi ambientalmente dannosi in sussidi ambientalmente favorevoli per recuperare risorse indispensabili per la transizione ecologica, l’adattamento al cambiamento climatico e la prevenzione.

 

Non possiamo aspettare oltre, siamo già in un irresponsabile ritardo!

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