CCNL LEGNO ARREDO: la lotta paga e porta aumenti salariali - di Stefano Rizzi

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Ora la parola a lavoratrici e lavoratori per la validazione dell'ipotesi di accordo

II 20 giugno scorso è stata siglata l’ipotesi di accordo per il rinnovo del Ccnl Legno Arredamento. Questa firma rappresenta un grande risultato sindacale, ma anche politico, se consideriamo il clima nel quale è maturato.

L’accordo è stato raggiunto grazie alle azioni di mobilitazione dell’aprile scorso, seguite alla rottura del tavolo delle trattative in cui Federlegno intendeva stravolgere l’impianto contrattuale, negando quegli aumenti dettati dalla congiuntura inflazionistica. Una posizione, quella di Federlegno, incomprensibile per un settore che in questi anni ha distribuito alti profitti alle imprese, con un trend che vede una continua crescita dei fatturati sia verso l’estero che nel mercato interno. Una posizione, originale, che negava il principio consolidato del recupero dell’erosione dell’inflazione sul potere di acquisto dei salari, modello difeso e rivendicato dalle stesse associazioni quando l’inflazione negli anni passati era di fatto pari allo zero.

La lotta paga. I dati economici delle aziende non sfuggono agli occhi attenti di quei lavoratori e di quelle lavoratrici che, per garantire quei risultati alle aziende, hanno visto nei fatti un aumento dei tempi e ritmi di lavoro, e che hanno ben compreso la posta in palio dimostrando un attivismo non scontato sia nelle manifestazioni territoriali che nello sciopero del 21 aprile scorso. La mobilitazione ha evidentemente prodotto una diversificazione all’interno del mondo di Federlegno, da parte di quelle aziende che hanno compreso che non si poteva negare il dovuto a lavoratrici e lavoratori, anche e soprattutto alla luce dell’incremento dei fatturati e degli utili, e che rischiavano, con il perdurare delle mobilitazioni e del blocco degli straordinari, di vanificare le loro quote di mercato. Una “fazione” che è diventata via via maggioritaria, rimettendo sui giusti binari la trattativa che è finalmente ripresa nei primi di giugno.

L’accordo ricompone quella rottura incomprensibile e riconferma il modello in essere (rinnovi del 2016 e 2020). Il modello che muoveva le rivendicazioni sulla base della cosiddetta “doppia pista”: aumenti salariali frutto dell’andamento del settore che andassero ad aggiungersi agli aumenti calcolati in base agli indici dell’inflazione reale.

Un accordo che, occorre essere onesti, demanda ad altri momenti la discussione sulla altrettanto importante parte normativa. Ma ci sono momenti in cui occorre stringere e garantire il risultato, e in questa partita il risultato era quello della parte economica e del mantenimento di quel modello su cui le trattative si erano interrotte: dunque la centralità della questione salariale. Insistere sulla parte normativa avrebbe dilatato i tempi, concedendo alibi a quella parte di Federlegno che aveva dimostrato tutta la sua ritrosia, e avrebbe allontanato quel risultato per il quale lavoratori e lavoratrici si erano mobilitati.

Ecco i numeri dell’ipotesi di accordo: è previsto un aumento per il 2023 pari all’8,7%. Un aumento pari a 143 euro al 5° livello fin da luglio 2023 e le successive verifiche a gennaio 2024 e gennaio 2025 per aumenti da calcolare sull’Ipca generale come da modello vigente, ai quali si aggiungono una “una tantum” di 300 euro a luglio 2023, e una ulteriore a marzo 2024 di pari importo.

Citando il segretario generale Fillea Cgil, Alessandro Genovesi, “manteniamo quindi la nostra scala mobile”, alla quale si assommano aumenti reali (per un quinto livello il montante complessivo sarà di circa 9.000 euro nel triennio).

Ora la parola passa a lavoratrici e lavoratori per la validazione dell’ipotesi di accordo nel processo democratico delle assemblee, con buona pace di Confindustria che si è dichiarata non certamente entusiasta del risultato, perché preoccupata che questo accordo possa influenzare il rinnovo di altri contratti collettivi nazionali.

Una irritazione culminata con una lettera del 15 giugno scorso, in cui si accusa l’Istat di fornire “informazioni fuorvianti”, di “grave mancanza di comunicazione trasparente e coerente” e di “contraddittorietà” nella pubblicazione degli indici circa l’informativa del 7 giugno da parte dell’Istituto. Se Confindustria teme che con questo rinnovo si facilitino analoghi percorsi per i prossimi Ccnl in scadenza, significa che è stato fatto un buon lavoro per gli addetti del Legno Arredo e, in fondo, per le lavoratrici ed i lavoratori in generale. 

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