Le grandi dimissioni: un esodo dal lavoro sfruttato? - di Andrea Cagioni

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Francesca Coin, Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita, Einaudi, pagine 288, euro 17,50.

La recente pubblicazione della sociologa e docente Francesca Coin, “Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita”, edito da Einaudi, pone riflessioni di grande interesse sul tempo presente del lavoro.

Al centro del testo vi è il fenomeno, iniziato in vari paesi da circa un decennio ed esploso con la pandemia Covid19, del netto aumento di lavoratori e lavoratrici che decidono di dimettersi. Mettendo a confronto diversi contesti nazionali e comparti produttivi, Coin offre una ricca mole di dati, studi, testimonianze e interviste, per approfondire le cause strutturali e le motivazioni soggettive di chi lascia il proprio lavoro.

In generale, il dato che distingue l’Italia dagli altri paesi è che il forte aumento di turnover volontario convive con un alto tasso di disoccupati e scoraggiati. Solo indagando in modo approfondito ed empatico, come dimostra Coin, le ragioni soggettive alla base della fuga, è possibile spiegare questo paradosso. Non è infatti sufficiente evidenziare il degrado delle condizioni lavorative, l’assenza di diritti sindacali, la precarietà contrattuale e la povertà salariale. Le testimonianze dirette raccolte chiariscono come questi fattori strutturali non esauriscono i motivi per i quali tanti lavoratori e lavoratrici si sono dimessi, anche in assenza di alternative occupazionali o di reddito immediate.

Attraverso i racconti di medici, infermiere, cassiere, operatrici della cultura e cuochi, si palesa un vissuto nei luoghi di lavoro contraddistinto da solitudine, sopraffazione, umiliazione. Privazioni accumulate e sopportate per anni, ma che vengono improvvisamente interrotte dalle dimissioni.

Al riguardo, la pandemia assume una funzione catartica nelle storie di chi lascia il proprio lavoro. Nella sanità pubblica, ma anche nella ristorazione e nella grande distribuzione, la pandemia non ha solo aumentato a dismisura i ritmi lavorativi, lo stress, i ricatti e le pressioni. Accelerando processi già in atto, la pandemia ha contribuito a svelare il volto feroce e dispotico dell’organizzazione produttiva, la profonda indifferenza verso la dignità, la salute e il benessere chi lavora. In molti casi, proprio questa cultura tossica che permea gli ambienti di lavoro ha rappresentato la spinta decisiva per la ricerca di un’alternativa occupazionale e di vita.

Dietro alle dimissioni volontarie non c’è solo una dimensione di rifiuto alle condizioni materiali di sfruttamento e ai bassi salari, ma si intravede un bisogno troppo a lungo represso di recuperare tempi e spazi individuali e collettivi, per una migliore qualità della vita. In modo ambiguo, molti lavoratori e lavoratrici esprimono così la volontà di trasformare i modelli organizzativi e gestionali dell’impresa. Una sorta di sciopero generale non dichiarato, che manifesta un’insoddisfazione diffusa e trasversale per le condizioni di lavoro, ma che non si traduce in forme collettive di resistenza e di azione, non si trasforma in mobilitazioni.

Nella quasi totalità di interviste colpisce la mancanza di riferimenti al sindacato, o meglio dalle storie individuali emergono tre problemi intrecciati: la sua assenza, il radicamento di una cultura e di prassi antisindacali, e la difficoltà di organizzazione collettiva sul luogo di lavoro. Alla luce di questi problemi, il fenomeno delle grandi dimissioni – lungi dal rappresentare una soluzione – sembra indicare più un sintomo dei profondi processi di cambiamento in atto, sia nelle rappresentazioni del lavoro che nel rapporto capitale-lavoro.

Diversi dunque i temi potenziali offerti da Coin a livello di analisi e intervento sindacale. Fra gli altri, sarebbe importante comprendere come le dimissioni volontarie convivano e si intreccino con l’aumento di lavoro povero e sfruttato. Di uguale interesse capire quanti di questi lavoratori e lavoratrici dimissionarie abbiano migliorato, sul medio periodo, condizioni di lavoro e qualità della vita, e quanti invece rimangano invischiati in circuiti di sfruttamento, precariato e lavoro povero.

Dal punto di vista dell’intervento sindacale, le storie e le analisi proposte da “Le grandi dimissioni” offrono l’occasione per ripensare due temi di enorme importanza e attualità: la riduzione, su base giornaliera e settimanale, degli orari di lavoro, e il reddito di base.

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