“Ci avete rotto le tasche” - di Luigi Antonucci e Leopoldo Tartaglia

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Il 15 dicembre manifestazione nazionale dello Spi Cgil.

“I conti non tornano: il governo Meloni prometteva di aumentare le pensioni invece con le pensioni fa cassa, di nuovo. E noi ci siamo rotti le tasche. Ci ritroviamo in piazza il prossimo 15 dicembre”. Queste le efficaci parole del lancio della manifestazione nazionale dei pensionati Cgil in Piazza Santi Apostoli a Roma. E i conti li hanno fatti per bene i Dipartimenti previdenza della Cgil e dello Spi, con un’analisi dettagliata degli effetti sulla perequazione delle pensioni a partire dalla legge di bilancio per l’anno 2023 (L. 197/2022, art. 1, c. 309 e 310) che ridetermina, per il biennio 2023-24, il meccanismo di indicizzazione.

La disciplina generale (L. 388/2000, modificata dalla L. 160/2019) - temporaneamente sospesa dalla scorsa legge di bilancio – prevede che la perequazione venga riconosciuta per fasce di importo lordo del trattamento pensionistico complessivo nella misura del 100% per il trattamento fino a 4 volte il minimo; del 90% per quello tra 4 e 5 volte il minimo; del 75% per gli importi superiori a 5 volte il minimo.

Al contrario, per gli anni 2023 e 2024, i trattamenti pensionistici vengono suddivisi in 6 classi di importo complessivo. Nello specifico, fino a 4 volte il minimo (2.102,52 euro mensili lordi nel 2023) vengono rivalutati al 100% del tasso di indicizzazione; tra 4 e 5 volte il minimo (tra 2.102,52 e 2.626,90) all’85%; tra 5 e 6 volte il minimo (tra 2.626,90 e 3.152,28) al 53%; tra 6 e 8 volte il minimo (tra 3.152,28 e 4.203,04) al 47%; tra 8 e 10 volte il minimo (tra 4.203,04 e 5.253,80 nel 2023) al 37%; superiore a 10 volte il minimo, al 32%.

Il tasso di indicizzazione provvisorio applicato alle pensioni dal 1° gennaio 2023 (decreto interministeriale Mef e Mlps del 10 novembre 2022) è risultato del +7,3%. Quello definitivo, comunicato dall’Istat il 17 gennaio 2023, è pari +8,1%. Quindi, dal 2023 la perequazione (provvisoria + 7,3% dal 1° gennaio 2023; conguaglio + 0,8%, dal 1° gennaio 2024, anticipato a fine 2023) sarà attribuita nella misura del 8,1% per i trattamenti fino a 4 volte il minimo; 6,885% per importi da 4 a 5 volte il minimo; 4,293% per i trattamenti da 5 a 6 volte il minimo; 3,807% per importi da 6 a 8 volte il minimo; 2,997% per i trattamenti da 8 a 10 volte il minimo; 2,592% per i trattamenti superiori a 10 volte il minimo.

Il tasso di inflazione previsto per il 2023, per la rivalutazione delle pensioni dal 2024, era pari a +5,4%. Quindi, nel 2024, la perequazione provvisoria sarà attribuita nella misura del: 5,4% per i trattamenti fino a 4 volte il minimo; 4,590% per i trattamenti da 4 a 5 volte il minimo; 2,862% per i trattamenti da 5 a 6 volte il minimo; 1,998% per gli importi da 6 a 8 volte il minimo; 2,997% per quelli da 8 a 10 volte il minimo; 1,728% per i trattamenti superiori a 10 volte il minimo.

Complessivamente il taglio della perequazione produce un risparmio per le casse dello Stato di oltre 3 miliardi e mezzo nel 2023 e di oltre 6,8 miliardi nel 2024. Per il decennio 2023-32 il risparmio ammonta ad oltre 61 miliardi di euro. Al netto degli effetti fiscali, la minore spesa pensionistica è di oltre 2,1 miliardi di euro nel 2023 e di oltre 4 miliardi di euro nel 2024. Nel decennio 2023-32 la minore spesa pensionistica ammonta a 36,8 miliardi di euro.

La stima degli impatti di questo taglio del meccanismo di indicizzazione su alcuni importi di pensione, da 2.300 euro (1.786 nette) a 3.840 euro lorde (2.735 nette) si traduce nel 2023 in perdite da 351 euro fino 1.768 euro lordi. Nel 2024, per i medesimi importi di pensione, il taglio parte da 611 euro e raggiunge 3.081 euro lordi.

Sommando le perdite dei tagli nel 2023 e nel 2024, otteniamo una perdita nel biennio di 962 euro lorde (nette 585), per una pensione lorda di euro 2.300 (1.786 nette), mentre raggiunge 4.849 euro lorde (nette 2.769) per una pensione di 3.840 euro lorde (2.735 nette).

Il meccanismo di rivalutazione non permette il recupero negli anni del taglio subito, quindi l’impatto della riduzione del biennio 2023 e 2024 sull’attesa di vita, su una pensione vigente al 2022, ammonta a 6.673 euro netti per gli uomini e a 7.804 euro per le donne – in virtù di una maggiore aspettativa di vita - su una pensione di 2.300 euro lordi (1.786 netti). Con importi di pensione superiori, la perdita sull’attesa di vita cresce fino a raggiungere per una pensione lorda di 3.840 euro (netta 2.735) una perdita per un uomo di 31.064 euro e di 36.329 euro per una donna.

 

Ma il taglio alla perequazione delle pensioni non è certo l’unica motivazione della mobilitazione dei pensionati. Altro capitolo estremamente dolente è quello della non autosufficienza. Esiste da anni un Fondo per la non autosufficienza, il testo all’esame del Parlamento gli assegna, come in passato, 913 milioni. Ma c’è il trucco: scippati 350 milioni dal Decreto Anticipi e ora 104 milioni dai quattro fondi preesistenti trasformati in uno, la tanto decantata manovra a favore delle famiglie nel 2024 riduce di ben 450 milioni le risorse destinate alle persone con disabilità rispetto a 2023.

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