Con il popolo palestinese senza se e senza ma - di Luca Gabrielli

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Le manifestazioni in solidarietà del popolo palestinese stanno riempendo le piazze e le strade di tutto il mondo, a dimostrazione dell’abissale distanza tra la propaganda della nomenclatura politica, messa in atto con il braccio armato del mainstream mediatico, e la militanza della società civile.

In Italia la manifestazione più imponente si è svolta a Roma lo scorso 28 ottobre. Un fiume in piena dalla fermata metro di Piramide fino alla conclusione del corteo in Piazza San Giovanni. Tantissimi giovani, tantissime donne. Una società civile variegata, bella, determinata. Un segnale che ci ha detto che forse il vento sta cambiando, che la propaganda mondiale che vorrebbe far passare Israele per vittima scricchiola finalmente, e mette quello Stato di fronte alle sue responsabilità.

Da subito, dopo il 7 ottobre, hanno tentato di rendere Israele unica vittima, di posizionarlo dalla parte della ragione, con il popolo palestinese dalla parte del torto, annullando 75 anni di occupazione e con essi il diritto all’autodeterminazione, alla resistenza, anche con la lotta armata, come sancisce la Risoluzione 37/43 dell’Assemblea Generale dell’Onu del 1982: “La legittimità della lotta dei popoli per l’indipendenza, l’integrità territoriale, l’unità nazionale e la liberazione dal dominio coloniale e straniero e dall’occupazione straniera con tutti i mezzi disponibili, compresa la lotta armata”.

Gaza è assediata dal 2007, ma questo non importa ai governi dell’Occidente, che come unico interesse hanno quello di criminalizzare la resistenza del popolo palestinese e, in un silenzio assordante, autorizzare di fatto un genocidio. Gli Usa, l’Ue e i loro alleati hanno permesso che Israele bombardasse obiettivi civili, chiese, moschee ed ospedali in totale impunità. Scandalosa la decisione dell’Italia di astenersi sulla risoluzione Onu per il cessate il fuoco. E disumana: il governo si riempie la bocca dei diritti della famiglia, mentre a Gaza i bambini muoiono a migliaia con i loro genitori e i loro nonni.

Il 28 ottobre ero a Roma, e durante tutto il corteo non abbiamo mai smesso di urlare che il popolo palestinese è da sempre resistente per difendere se stesso e la propria terra. È una resistenza che chiama ognuno di noi ad una chiara scelta di campo: non si può dimostrare solidarietà ai palestinesi, senza denunciare colonialismo e razzismo di Israele. La resistenza palestinese ci parla della lotta per contrastare un modello di sviluppo che da sempre crea ricchezza, (per pochi a discapito di molti, attraverso lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, attraverso il colonialismo, gli imperialismi e la guerra.

La pace possibile passa, nell’immediato, dal fermare i bombardamenti e dal cessate il fuoco, e in prospettiva dal porre fine all’occupazione israeliana e dal ritorno dei palestinesi nelle terre dalle quali sono stati scacciati dal 1948 in poi.

A settembre scorso sono stato in Palestina. Ho visitato i territori occupati, i campi profughi della Cisgiordania ed i villaggi beduini della valle del Giordano e del deserto di Giudea. Ho realizzato il sogno di recarmi nella terra dei fratelli palestinesi per i quali da sempre svolgo militanza e attivismo. Ma ho toccato con mano cosa significhi vivere sotto oppressione, in un regime di apartheid. Ho vissuto lo sfruttamento, la vessazione, il razzismo e le angherie quotidiane a cui è sottoposto il popolo palestinese.

E' un incubo quotidiano vedere i lavoratori e le lavoratrici palestinesi fare ore ed ore di fila ai check point, sia all’andata che al ritorno, per andare a lavorare, sottopagati, nelle abitazioni dei benestanti israeliani, spesso espropriate ai palestinesi. Ascoltare storie di violenza quotidiana che i nativi subiscono da parte dei coloni, violenza finalizzata al saccheggio delle loro proprietà. Ascoltare le drammatiche testimonianze di chi, senza accuse, è finito nelle carceri israeliane subendo torture, tra loro tantissimi minorenni. Apprendere, al campo profughi di Aida a Betlemme, che da gennaio ad agosto del 2023 erano stati oltre 40 i minorenni uccisi dall’esercito israeliano. Un terrificante record rispetto agli anni scorsi.

Una situazione insopportabile, e il 2023 è stato l’anno di violente irruzioni delle forze di occupazione con uccisioni di giovani e arresti e di provocazioni contro i luoghi santi musulmani. Ho maturato odio, mosso da amore. Amore per un popolo che è riuscito a smentire il pregiudizio colonialistico che tanto, prima o poi, i nativi occupati si arrendono. Per un popolo che ha trasferito, generazione dopo generazione, il testimone della resistenza, della lotta per la liberazione. Per un popolo che quella resistenza la porta avanti, e che oggi, se continuerà a non essere da solo, guarda al futuro con un po’ di speranza in più.

La resistenza del popolo palestinese è la resistenza di tutti noi. Se non c’è questa inequivocabile scelta di campo, anche la parola “pace”, faro che ci illumina, rimarrebbe vuota.

 

Stop ai crimini di guerra. Fine dell’occupazione per una pace giusta. Palestina libera!

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