Assange e l’ipocrisia. Perché non ci stupite? - di Enrico Lobina

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Anche la Cgil deve impegnarsi per la liberazione di Julian Assange.

Ci sono delle battaglie politiche e culturali, oggi, che non sono solamente simboliche. Sono anche delle spie di una visione generale del mondo. E proprio sul mondo, grande e terribile, dovremmo soffermarci.

Oggi si confrontano, convivono e si scontrano, a livello mondiale, due grandi paradigmi. Da una parte c’è una adesione aprioristica, fideistica, al blocco occidentale, sostanzialmente atlantico ed atlantista, il quale usa senza tregua le parole “democrazia” e “libertà”, e poi però le declina in modo completamente diverso a seconda delle circostanze.

Dall’altra c’è chi, anche nel ricco Occidente, si arrovella sul termine “democrazia” e “libertà”, e riconosce il doppiogiochismo, il doppiopesismo e l’ipocrisia di quasi tutti coloro che ci governano, e non solo.

Da una parte c’è la convinzione che un mondo unipolare, a sostanziale guida Usa e Nato, sia garanzia di democrazia. Dall’altra c’è chi lotta per un mondo multipolare. Una battaglia spia è la questione palestinese. Sino a qualche giorno prima del 7 ottobre, quasi nessuno ne parlava, quasi nessuno si spendeva, quasi nessuno organizzava una campagna a favore di un popolo che viveva in stato di apartheid. Dopo il 7 ottobre, e con il genocidio del popolo gazawi in corso, niente sarà più come prima, né là, né nel resto del mondo.

Un’altra battaglia spia è quella per la liberazione del giornalista Julian Assange, incriminato e condannato dagli Stati Uniti perché ha rivelato crimini di guerra e non ha garantito l’impunità ai potenti. Assange ha, in altre parole, fatto il giornalista. Assange è detenuto in condizioni terribili in Gran Bretagna, e potrebbe a brevissimo essere estradato negli Stati Uniti.

Il fronte delle opposizioni italiane, parlamentari e sociali, tace. Perché? Un po’ come nel caso della questione palestinese, il popolo sa da che parte stare. Le élite, però, stanno dall’altra.

Il retropensiero, e spesso anche l’ammissione, è che agli Stati Uniti deve essere permesso di fare ciò che vogliono, perché sono il nostro principale alleato. In altri termini, siamo un paese a sovranità limitata e, pertanto, non disturbiamo il nostro alleato, che ci garantisce anche un ombrello militare di protezione.

L’Italia, il nostro blocco sociale, vuole un mondo così? O vuole un mondo multipolare, in cui la stragrande maggioranza della popolazione (Asia, Africa, America Latina) non viva subordinata ai bianchi che vivono in Europa e negli Usa-Canada?

A leggere il silenzio dei media, della politica, degli opinion leaders, tutta l’élite propende per la prima ipotesi. Fabio Fazio non hai mai invitato Stella Assange in trasmissione. Elly Schlein, molto attenta a Giulio Regeni e Patrick Zazi, non ci risulta abbia mai scritto o detto qualcosa su Assange. Giuseppe Conte è a capo di un partito in cui qualche parlamentare ha avuto l’ardire di sollevare il tema, ma niente di più.

Alcuni, in Cgil, ci hanno provato. Molti mesi fa, al congresso, la Cgil di Cagliari e la Cgil Sardegna hanno approvato un ordine del giorno in cui si sottolineava che “Julian Assange, se verrà estradato negli Stati Uniti, rischia 175 anni di carcere. Se arrivasse negli Usa, verrebbe detenuto in strutture di massima sicurezza con un registro durissimo di isolamento chiamato Sam. Al contrario, i criminali di guerra denunciati da Wikileaks non hanno fatto un giorno di carcere. Julian Assange, dal 2010, non ha più conosciuto la libertà”. Si chiariva che “l’opinione pubblica mondiale ha le chiavi della sua cella in mano”.

Coerentemente, si prendeva l’impegno “a sostenere il principio della libertà di stampa e di espressione mediante l’adesione alla campagna mondiale per la liberazione di Julian Assange”. Ci si impegnava, inoltre, “a fare conoscere a tutte le sue iscritte/i le ragioni dell’adesione alla campagna mondiale per la liberazione di Julian Assange. Il presente ordine del giorno impegna[va] la Cgil a deliberare, entro sei mesi dalla sua approvazione, la consegna a Julian Assange della tessera onoraria della Cgil”.

L’ordine del giorno è arrivato al congresso nazionale della Cgil. È stato assunto, così ci è stato comunicato, ma non vi è stata alcuna azione conseguente. Perché? Se è stato assunto, perché non gli si dà seguito?

Le battaglie spia sono, appunto, spia di una postura strategica. Il mondo di oggi ha bisogno di una diversa visione. Come scrive Ken Loach, “se crediamo che la legge debba proteggere gli innocenti […] dovremmo […] pretendere che Julian Assange sia un uomo libero”. Rimanere fermi al 1948 è un disastro.

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