Stellantis e governo Meloni di male in peggio - di Riccardo Chiari

Peggio di così non poteva andare. Ai tavoli regionali su Stellantis al Mimit “l'azienda non ha risposto alle garanzie sociali, produttive e occupazionali per i suoi dipendenti e per quelli dell’indotto”. A certificarlo Michele De Palma, segretario generale della Fiom Cgil, che insieme a Samuele Lodi, segretario nazionale con delega all'automotive, ha inutilmente chiesto di convocare l'azienda a palazzo Chigi per cercare un accordo quadro nazionale.

Invece il governo Meloni non ha alcuna intenzione di chiamare l'ad di Stellantis, il portoghese Carlos Tavares, per fargli presente che andando avanti di questo passo non ci sarà futuro né per le fabbriche italiane, né per le decine di migliaia di addetti che in quella fabbriche lavorano quando non sono in cassa integrazione, fatto che accade da lunghi anni.

Quella dell'auto è una storia al tramonto insomma, anche per il comportamento del governo: “Se la Germania decide di investire 55 miliardi in un anno nel comparto – osserva sul punto De Palma - noi non ce la caviamo solo con qualche incentivo”. Infatti, quanto a politiche industriali sull'automotive, è emblematica la proporzione 55 a 0,95 (di soli incentivi) fra Germania e Italia.

Nei 55 miliardi tedeschi è compreso anche il settore della componentistica. Il solo, ha spiegato a Piazza Affari sul Tg3 il prof Mario Calderini del Politecnico di Milano, ancora forte in un'Italia che da molto tempo produce sempre meno automobili. Un settore che però necessita di investimenti pubblici sia per la transizione tecnologica che per la formazione degli addetti. Ma il ministro Urso, che dell'intero comparto automotive dovrebbe essere il punto di riferimento politico, preferisce vagheggiare di produttori stranieri (quali?) pronti ad accorrere da queste parti. E meno male che è subito finita in cavalleria la sparata del suo collega “ambientale” Pichetto Fratin sulla produzione di reattori nucleari a Mirafiori invece delle auto.

 

 
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