25 Aprile, Primo Maggio: Pace, democrazia, diritti, lavoro - di Giacinto Botti

Il 25 Aprile e il Primo Maggio sono date storicamente legate da un filo rosso che intreccia valori, diritti sociali e civili, ideali di pace, eguaglianza, democrazia, solidarietà, libertà e giustizia. Giornate di lotta e di speranza, essenza e parte costitutiva del cammino compiuto dal movimento antifascista e operaio, nazionale e internazionale.

“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. Con queste parole il comandante Sandro Pertini, il 25 Aprile 1945, proclamava lo sciopero generale a Milano, città medaglia d’oro.

Quest’anno, in occasione della manifestazione per il 79° anniversario della Liberazione, anche in adesione all’appello de “il manifesto” a trent’anni dalla risposta di massa all’avvento berlusconiano, Milano vedrà un’imponente mobilitazione di donne e uomini, militanti antifascisti di diverse generazioni che si riconoscono e si sostengono, difensori della memoria, di un popolo che si riconosce nei valori della Costituzione, a partire dal ripudio della guerra che non restaura mai diritti e democrazia, ma ridefinisce solo i poteri.

Una piazza che vuole la Pace, il cessate il fuoco ovunque, la fine del genocidio del popolo palestinese, la parola ad ogni sforzo diplomatico contro l’escalation del conflitto in Medio Oriente, alimentato anche dalle reciproche rappresaglie tra Israele e Iran, contro l’aumento delle spese militari e il taglio di quelle sociali, e contro l’invio di armi in Ucraina e nei contesti di guerra.

Il 25 Aprile va ricordato, difeso e onorato ogni giorno in un paese che non ha mai fatto i conti con il ventennio fascista e i suoi orrori. Il fascismo non è mai morto; è il passato che non passa, come ci ricorda il professor Canfora.

La Costituzione antifascista, conquistata con la lotta partigiana e la liberazione dal nazifascismo, è la pietra miliare della nostra Repubblica. Non va permesso a nessuno, (post)fascisti, revisionisti e ministri vari, di cancellare, disconoscere la lotta e il sacrificio di tante e tanti per conquistare la democrazia e la libertà, equiparando il nazifascismo al comunismo, chi ha lottato ed è morto per affermare quei valori a chi ha scelto di immolarsi in nome della dittatura fascista.

Il linguaggio, le parole fanno cultura, creano coscienza, costruiscono, sedimentano e affermano un’egemonia di pensiero e di proposta. In questi anni si è cercato, con l’ideologia della non ideologia e dell’omologazione, di far perdere senso e identità alle differenze storiche tra destra e sinistra: la storia e la tavola dei valori sono state sconvolte.

Il Primo Maggio è la giornata internazionale del lavoro: del riscatto, della denuncia e della lotta. Il suo significato è scritto nella storia e nelle lotte del movimento operaio. Vietata dal regime fascista, la festa fu ripristinata con l’avvento della Repubblica grazie alla lotta di Liberazione e agli scioperi del ‘43, pagati con la deportazione e la morte di migliaia di lavoratori nei campi di concentramento.

Attuale nei suoi simboli e nel valore solidale, questa giornata di lotta cade ancora in una situazione difficile per il mondo del lavoro e per il paese, e rimane occasione di manifestare in tante piazze per affermare il diritto al lavoro e a un salario dignitoso, alla salute, all’istruzione, alla prevenzione contro le continue stragi sul lavoro, in difesa dell’ambiente e del futuro della terra. Per ricordare il ruolo del mondo del lavoro nella conquista della democrazia, della giustizia, dei diritti sociali, civili e politici.

La Costituzione non è un orpello ma parte viva del nostro presente. E l’antifascismo non è stato solo lotta armata ma lotta politica, sociale e ideale di emancipazione, di trasformazione per costruire un paese democratico, libero e diverso, più eguale è più giusto.

Il 25 Aprile e il Primo Maggio assumono particolare significato di fronte alla presenza di un governo di estrema destra, lobbista e classista, liberista, oscurantista verso i diritti delle donne, delle persone Lgbtq+, indifferente e repressivo verso le nuove generazioni, disumano verso gli immigrati, nazionalista, bellicista, guerrafondaio e sottomesso agli Usa e alla Nato.

Un governo che – peggiorando ulteriormente le politiche dei precedenti - aumenta precarietà e diseguaglianze, vuole stravolgere la Costituzione e infrangere l’unità del paese con l’autonomia differenziata e il presidenzialismo: un progetto eversivo contro cui dovremo costruire un diffuso e consapevole dissenso nei luoghi di lavoro e nella società, e contribuire a costituire un ampio fronte democratico in difesa della Costituzione repubblicana e della democrazia, anche con il ricorso ai referendum.

Un governo che attacca l’autonomia della magistratura e la libertà di stampa, privatizza il diritto universale pubblico alla salute e all’istruzione. Un governo socialmente di destra che, a fronte della ridotta crescita economica e industriale e dell’aumento del debito pubblico, mentre favorisce gli evasori, le partite Iva, i possessori delle ricchezze e non tassa i super profitti vuole ancora fare cassa con il taglio delle pensioni e dello stato sociale.

Alle politiche antipopolari di questo governo e del padronato, la Cgil risponde con gli scioperi e la mobilitazione e con l’avvio di una campagna referendaria per cancellare il Jobs Act, il tetto all’indennizzo per i licenziamenti illegittimi nelle aziende sotto i 15 dipendenti, la liberalizzazione dei contratti a termine e la deresponsabilizzazione del committente sulla sicurezza negli appalti.

La Costituzione è fondata sul diritto al lavoro e non sul capitale, e attende ancora di essere applicata, attuata nei suoi principi fondamentali a partire dal lavoro, valore fondante della Repubblica e diritto universale per ogni donna e ogni uomo. Quel lavoro che la politica ha ignorato e al quale occorre restituire dignità, contro la precarietà e la disoccupazione che, impoverendo ampi settori di popolo, sottraggono la prospettiva di una vita dignitosa alle nuove generazioni.

Il domani si costruisce oggi. Occorre guardare oltre i propri confini e avere un’idea generale e ideale di futuro, basato sulla pace e la cooperazione tra i popoli e la ricostruzione di un rapporto equilibrato tra le persone e l’ambiente. Occorre riprendere una battaglia ideale e culturale e riaffermare il valore del conflitto e dello sciopero come strumenti della democrazia e leva del cambiamento.

Per vincere la sfida bisogna spostare i rapporti di forza tra capitale e lavoro, tra sfruttati e sfruttatori, tra ricchi e poveri. Dovremo accompagnare la mobilitazione sociale con una lotta culturale fondata sui valori, per riconquistare quell’egemonia culturale gramsciana che permette di conquistare coscienze, consenso e partecipazione militante. Serve radicalità della proposta, capacità di andare alla radice del problema dentro uno scontro generale di non breve durata sul piano nazionale, europeo e internazionale. Dalla crisi strutturale di sistema si esce da destra o da sinistra.

La sfida è enorme e c’è sempre più bisogno di una Cgil unità e plurale, ancorata alle sue radici e a quella visione, a quell’interesse generale che vive nel nostro quadrato rosso.

 

 
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