Quale contratto? - di Elena Palumbo

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A fine mese saranno presentate le piattaforme per il rinnovo dei contratti nazionali del settore chimico. Mentre i falchi di Federchimica e Confindustria usano la crisi per colpire il contratto nazionale

Per la Filctem Cgil le ferie estive hanno segnato una breve parentesi nella concitata fase dell’avvio del rinnovo dei contratti della categoria, che con settembre entra nel vivo. Le dichiarazioni di inizio anno di Federchimica sull’esigenza di andare al recupero dello scostamento dell’aumento del contratto (ovvero del differenziale tra valore inflazionistico convenuto e quello realmente verificatosi), e in parallelo l’assunzione da parte di Confindustria di un atteggiamento propenso ad una moratoria dei contratti nazionali di lavoro, hanno obbligato la categoria ad aprire la stagione contrattuale con largo anticipo, dichiarando la disponibilità a discutere di scostamenti solo in sede di rinnovo e respingendo, nei fatti, la proposta di Confindustria.

Questa stagione contrattuale non solo è segnata da un contesto economico arrivato al suo ottavo anno di crisi e che, per la prima volta, porta in negativo le percentuali di inflazione (riferimento per gli aumenti salariali), ma i rinnovi dei contratti si svolgono in assenza di un modello contrattuale confederale: scaduto quello del 2009 (da noi non firmato, ma applicato) e il 28 giugno che, nei fatti, è riferimento ormai per la sola Cgil.
Nell’impossibilità di definire nuove regole a livello confederale, la categoria ha avviato i rinnovi con una prima difficoltà: trovare una mediazione tra le posizioni distanti delle organizzazioni, in particolare con la Femca Cisl. Dopo essere riusciti a scongiurare il rischio di piattaforme separate, ci si è mossi in tempi rapidissimi fra l’approvazione delle bozze di piattaforma, avvenuta a luglio, le assemblee in tutti i luoghi di lavoro, le assemblee nazionali per il varo delle piattaforme definitive, e la presentazione alle controparti che avverrà a fine settembre.

La sensazione è che molto poco si parli, anche nella nostra organizzazione, del contesto in cui le categorie si apprestano ad affrontare i contratti. La posizione di Confindustria è chiara: bisogna modificare il sistema contrattuale. Sono rimaste poche le associazioni datoriali che difendono il Ccnl e lo fanno, comunque, proponendo un impianto che vede lo spostamento di parte dell’incremento salariale dai minimi retributivi al salario aziendale, attraverso la contrattazione di secondo livello. La maggioranza, però, abbraccia la posizione dei falchi di Confindustria e di Federmeccanica (Unione industriale di Torino e Assolombarda in testa), che propongono l’alternatività dei due livelli: o il contratto nazionale o il contratto aziendale.

Non possiamo nasconderci che il “modello Fca” è quello a cui gli imprenditori guardano, un modello che per la prima volta sgancia gli aumenti minimi contrattuali dal contesto economico del sistema paese, legandolo esclusivamente all’andamento aziendale. Per continuare a rivendicare l’autorità salariale e normativa del contratto nazionale, i due livelli di contrattazione e la centralità del ruolo delle nostre Rsu, è necessaria una discussione franca.

La proposta dello spostamento di una parte degli aumenti salariali può essere per noi la sfida per lanciare davvero, esigendola, la contrattazione di secondo livello? Su questo dobbiamo interrogarci. In che misura, dal 1993 ad oggi, abbiamo svolto la contrattazione integrativa aziendale? I dati ci dicono che è successo nel 30% circa delle imprese. Come recuperare ruolo e rappresentanza delle nostre Rsu? Affidando loro compiti e poteri, decentrando materie dal Ccnl.

Diversamente c’è il “modello Fca”, il governo con il salario minimo legale (se non rinnovi i contratti, per quanto vale l’ultrattività? O si rientra nei settori non coperti dalla contrattazione e soggetti al minimo per legge?) e i difficili rapporti unitari. Come potranno, Cisl e Uil, rinnegare ciò che i metalmeccanici hanno già condiviso? Siamo ad una svolta storica per il ruolo del sindacato italiano, la domanda è: ne siamo consapevoli?

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