Lo strano ferragosto dell’Electrolux di Susegana - di Frida Nacinovich

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

L’Europa chiedeva l’austerity e l’Italia ha stretto la cinghia, i manager dell’Electrolux hanno chiesto più frigoriferi e la fabbrica di Susegana ha aperto anche a ferragosto. La notizia un po’ originale ha fatto il giro di ogni giornale: guarda bravi gli operai che sono andati al lavoro, il mercato del frigo ha ripreso a tirare, la nave Italia va, e quanto sono retrogradi i sindacati che protestano come se il mondo si fosse fermato agli anni sessanta e settanta. Ma davvero le cose stanno così? Claudia Gava scuote la testa. Vent’anni di Electrolux alle spalle, appena entrata nella segreteria Fiom di Treviso, non è stata colpita dal virus del nuovismo: secondo lei a ferragosto si sta bene a casa. “Soprattutto se quarantotto ore dopo, il 17 agosto, rientreranno tutti dalle vacanze e lo stabilimento riprenderà a marciare a pieno regime”.

Claudia Fava ne ha viste tante in fabbrica, dal job on call della seconda metà degli anni novanta alla tragedia che nel 2001 bruciò la vita della compagna di lavoro Luisa, investita da un’esplosione insieme ad altri otto operai. Poi tante vertenze sindacali interne, come quella per garantire un adeguato salario di ingresso a chi si affaccia al lavoro. E la crisi, che non ha risparmiato nessuno tranne i ricchi. “Ti basti questo dato: nel 2004 qui a Susegana eravamo più di duemila. Oggi siamo meno di mille”. E il caso di questi giorni di mezza estate? “L’hanno fatto apposta - risponde Gava - ha prodotto solo polemiche e confusione. Capiamoci bene: non sono i 460 frigoriferi prodotti in un giorno, quando la fabbrica è in piena attività il sabato, a cambiare il destino dello stabilimento e più in generale dell’azienda. Il lunedì dopo ferragosto sarebbero rientrati tutti.

Insomma, è stato un provvedimento fine a se stesso. Con l’aggravante che su quasi tutti i media è passato il messaggio che chi non veniva a lavorare a ferragosto era un fannullone. Invece qui abbiamo lavoratori fissi sul pezzo, anche il sabato”. Operai che non si fermano mai perché la produzione è sacra. E che guadagnano meno di quanto previsto dal contratto di lavoro, perché sono in solidarietà. Di più: ci sono anche gli operai che hanno accettato l’incentivo all’esodo e usciranno dalla fabbrica, perché il sogno di ogni manager è quello di far produrre sempre di più con sempre meno personale.

Il segnale che arriva dalla multinazionale di origine svedese è, a ben guardare, inquietante, perché i dirigenti aziendali avevano fatto i loro conti, per poi chiedere e ottenere dalla Rsu sei sabati lavorativi nel periodo estivo. “Quello di ferragosto non rientrava nell’accordo raggiunto in precedenza tra le parti”, puntualizza Gava. Una forzatura che la dice lunga, perché solo l’anno scorso le operaie e gli operai Electrolux avevano approvato con l’80% di sì l’accordo sul rilancio delle fabbriche italiane del gruppo svedese - Forlì, Susegana, Solaro e Porcia - l’esclusione delle minacciate delocalizzazioni, e investimenti per 150 milioni in cambio dei contratti di solidarietà, sostenuti dal governo con la decontribuzione fiscale.

“La richiesta di Electrolux di lavorare a ferragosto - tira le somme Claudia Gava - è stata inopportuna. Una decisione unilaterale. Non c’è stato alcun confronto con le Rsu e nessun coinvolgimento del sindacato. Poi è ovvio che ogni prodotto ha una sua stagionalità, i frigoriferi si rompono più spesso d’estate e le caldaie più spesso d’inverno, ma proprio per questo avevamo accettato di lavorare sei sabati straordinari, ruotando le ferie per garantire il massimo della produzione”. Si lavora sul just in time, anche se a Susegana un magazzino ci sarebbe.

Il paradosso del ferragosto a Susegana è presto detto: se il mercato tira così tanto, perché chiedere agli operai - in solidarietà - di lavorare quando non era previsto, invece di assumere nuova forza lavoro per accogliere le richieste degli acquirenti? Il re è nudo. “Per giunta all’Electrolux ci sono accordi di gruppo, che prevedono lo spostamento degli addetti da uno stabilimento all’altro a seconda delle esigenze produttive”. Certo, chi è andato a lavorare in fabbrica nel dì di festa lo ha fatto volontariamente. “Nessuno vuole mettere in discussione le scelte private e personali dei singoli lavoratori”, precisa Gava. Ma resta il fatto che la fabbrica è un luogo ben diverso da un centro commerciale o da un outlet, dove in estate tantissima gente entra e magari non compra niente, ma intanto si gode l’aria condizionata quando fuori ci sono 38 gradi.

©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search