Popolare di Vicenza, il danno e la beffa - di Frida Nacinovich

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Come metterli in banca. Che fossero soldi o segreti era indifferente, lì sarebbero restati, al sicuro. Oggi non è più così, almeno a giudicare dalle vicissitudini degli obbligazionisti di Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti. Ci sono poi altri casi, magari meno conosciuti, che stanno facendo arrabbiare tantissimo i risparmiatori.

La Banca Popolare di Vicenza non è fallita, non ha avuto bisogno del decreto salva-banche del governo Renzi. Ma si è trovata anche lei in difficoltà, gravi, tanto da aver dovuto ricapitalizzare pesantemente il suo patrimonio. Così le azioni della Popolare vicentina, che tempo fa erano molto ambite (e costose), rischiano di diventare come i soldi del Monopoli, o giù di lì.

Tra Vicenza e provincia, le famiglie e le imprese che hanno in cassaforte azioni dell’istituto di credito sono circa 40mila, in un comprensorio che conta poco meno di un milione di abitanti. Il caso ricorda abbastanza da vicino quello del Monte dei Paschi di Siena, le cui azioni hanno visto il loro valore polverizzato. La differenza con il Monte è che la Banca Popolare di Vicenza non ha potuto accedere ai Monti Bond, quella forma di prestito - non aiuto - di Stato ideata per far superare alle banche italiane le intemperie della crisi.

Il prestito, ad altissimo tasso di interesse (9% quello costato a Mps), secondo molti addetti ai lavori sarebbe stato il male minore rispetto a quello che stiamo vedendo in questi giorni. Per certo gli azionisti della Banca Popolare di Vicenza, ormai con un pugno di mosche in mano, hanno avviato una battaglia legale per cercare di salvare il salvabile.

Denis Sbrissa, Rsa Fisac Cgil della banca, tira le somme: “C’è un territorio storicamente legato alla banca che ora si sente tradito, ed è sul piede di guerra”. L’istituto intanto si prepara a fare un aumento di capitale da 1,5 miliardi, ed a trasformarsi in una società per azioni. Poi ci sarà la borsa. A quale prezzo potranno essere vendute le azioni non è dato saperlo. Certo molto meno dei 62,5 euro della valutazione massima raggiunta dalla Popolare vicentina. Piove sul bagnato insomma. Anche, soprattutto, sulle tante aziende dell’area veneta che avevano ottenuto linee di credito a patto di acquistare massicciamente azioni della Popolare.

“‘Ti do i soldi se compri le azioni’, un meccanismo che è andato avanti per anni”, conferma Sbrissa. A Vicenza c’è la terza Confindustria italiana, e ai tempi belli la provincia aveva un export non inferiore a quello della Grecia. Oggi il presidente dell’Unione industriali Giuseppe Zigliotto è indagato dalla procura, così come l’ex padre padrone della Popolare vicentina, Gianni Zonin. Denis Sbrissa guarda a quello che poteva essere fatto e non è stato fatto. “Nonostante la necessità di aumentare il capitale, lo Stato non è intervenuto quando avrebbe potuto. Se la crisi va avanti, ci sarà bisogno di un grande aumento di capitale per poter rimettere l’istituto in linea di galleggiamento e continuare a fare fidi alle imprese”. Sbrissa tratteggia una situazione drammatica: “Tra l’altro le nuove regole europee con il bail-in rischiano di penalizzare tantissimo non solo gli azionisti – puntualizza - ma anche le stesse banche più piccole, a favore di quelle più grandi”.

I dipendenti della Banca Popolare di Vicenza sono 5.400. “I risparmi necessari per riportare la banca in carreggiata vedranno sacrifici anche sui lavoratori, trecento di loro saranno prepensionati. Un accompagnamento dolce alla pensione, grazie al fondo di previdenza interbancario”. Ma non è stato facile per la Fisac Cgil far sentire la propria voce. “L’istituto di credito gestiva tutto, anche i rapporti con il sindacato. E aveva il suo sindacato di riferimento, che naturalmente non era la Fisac”. Alla fine la banca è stata ritenuta responsabile di atteggiamento antisindacale.

Oggi si fanno i conti con il dramma di chi aveva investito tanti soldi in una banca che sembrava un modello virtuoso. E la rabbia di Vicenza rischia di ripercuotersi anche sui dipendenti. “Eppure c’è una bella differenza fra banchieri e bancari”, sorride amaramente Sbrissa, che poi racconta: “A Castelfranco un esagitato ha preso i soldi dalla cassa ed è scappato. Gli insulti della clientela sono ormai diventati quotidiani. Vertici della Banca, manager e lavoratori sono finiti tutti in un unico calderone. Ritenuti senza differenza responsabili del disastro”. Cornuti e mazziati. Perché, come spiega Sbrissa, anche i lavoratori sono azionisti della banca: “A loro e ai familiari sono stati fatti comprare titoli della Popolare vicentina, senza la possibilità di venderli in seguito”. Il danno e la beffa.

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