Milano: “da bere” o “intelligente”? - Corrado Mandreoli

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Le passate elezioni comunali sono state un momento esaltante per Milano. La voglia di chiudere con le amministrazioni di centro destra si è coniugata a un desiderio di partecipazione che ha coinvolto anche chi - i giovani - si teneva a debita distanza dal voto. Tanta attesa di cambiamento e partecipazione non è stata però completamente soddisfatta dalla giunta Pisapia.

Come sempre, il nostro modo di partecipare alla campagna elettorale è quello di porre l’accento su alcuni aspetti di programma che fanno la differenza nel valutare la bontà di un’amministrazione. I temi del lavoro e dell’occupazione devono essere posti al centro dell’agenda della futura amministrazione. In questi anni di profonda crisi economica e sociale il territorio milanese ha manifestato due tendenze. La prima, ben rappresentata dall’IcityRate 2015, secondo cui in tre anni Milano è diventata la prima “smart city” italiana.

In questo contesto le questioni del lavoro, delle nuove professioni, delle risposte alla crisi e ai nuovi bisogni sociali hanno assunto la forma delle tante start up (470 nel solo 2014), della sharing economy, dello smart working e degli oltre 80 spazi di coworking, degli otto incubatori e acceleratori di impresa.

La seconda tendenza deriva dal fatto che questi processi di innovazione hanno riguardato una parte limitata dell’economia e dei cittadini.

La crisi ha portato al fallimento di molte attività produttive e all’aumento della disoccupazione, a partire dai più giovani e dalle persone con più bassi livelli di istruzione.

E’ vero, come evidenziato dal rapporto “Il Lavoro a Milano 2016”, che la situazione è in miglioramento e si registra, per la prima volta in sette anni, un calo della disoccupazione; tuttavia i livelli pre-crisi sono molto lontani. E la disoccupazione si è combinata sempre più con la precarizzazione del mercato del lavoro.

Formazione, qualificazione e riqualificazione di quanti hanno perso il lavoro e dei giovani che escono dai percorsi di istruzione; nuovi modelli e sperimentazioni di servizi per l’impiego e di strumenti di incrocio tra domanda e offerta di lavoro; messa in rete e coordinamento delle buone prassi dei tanti soggetti che a vario titolo si occupano di politiche del lavoro e inserimento lavorativo; creazione di spazi (fisici e piattaforme web) e di reti territoriali che facilitino la comunicazione e la collaborazione tra aziende, servizi del territorio, e chi cerca un lavoro e un progetto professionale da intraprendere: questi sono alcuni assi strategici sui quali riteniamo che l’amministrazione comunale possa e debba investire nei prossimi anni, favorendo innovazione, ricerca, sperimentazione e inclusione sociale per un’occupazione di qualità.

Il sistema del welfare territoriale milanese, come nel resto del paese, è stato sottoposto negli ultimi anni a particolari tensioni e criticità.

Le politiche sociali e assistenziali degli enti locali sono state le prime vittime delle miopi scelte dei governi centrali di affrontare la crisi economica riducendo ulteriormente la spesa sociale e le politiche di coesione. La drastica riduzione delle risorse, oltre a colpire i servizi territoriali, ha gravemente depotenziato la programmazione locale, limitando fortemente la possibilità di sostenere l’innovazione e l’adeguamento del sistema dei servizi rispetto ai vecchi e a i nuovi bisogni.

Le drammatiche conseguenze della crisi, l’acuirsi delle vulnerabilità, il fenomeno delle nuove povertà, l’indebolimento dei legami e delle relazioni, abbinate alle trasformazioni sociali e demografiche (invecchiamento della popolazione, cambiamento della struttura della famiglia, fenomeni migratori) hanno determinato infatti la nascita di nuovi bisogni sociali. Con conseguenti forti pressioni sui servizi territoriali, senza che questi fossero in grado di ripensare adeguatamente la propria offerta e riorganizzazione.

In questo quadro le questioni legate alla povertà urbana, alla marginalità estrema, ai senza dimora, all’immigrazione, alle occupazioni abusive e alla disoccupazione, sono diventate un elemento strutturante nell’area metropolitana.

La recente sperimentazione di azioni volte a dare ai vecchi e nuovi bisogni sociali risposte flessibili, personalizzate e multidimensionali, deve ora fare un passo decisivo: questi approcci innovativi devono diventare sistema, rimodellando il lavoro quotidiano dei servizi del territorio, ancora troppo centrati sulla logica delle prestazioni a compartimenti stagni.

Tornare ai contenuti e ai programmi deve essere il nostro ruolo anche nella campagna elettorale. Questi contenuti dovranno guidare la nostra contrattazione territoriale per evitare derive verso gli interessi dei soliti poteri forti che fanno della città luogo di rendite e speculazioni, a scapito di diritti, bisogni e interessi della popolazione, a partire da quella più vulnerabile.

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