Residenze universitarie, gli angeli degli studenti - di Frida Nacinovich

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Chi non ha mai avuto un amico studente fuorisede? Ogni anno, insieme all’autunno, arrivano in tantissimi, anche da centinaia di chilometri dalle loro città, per seguire corsi di studio nell’università che hanno scelto di frequentare. Quelli che se lo possono permettere – grazie ai loro genitori - affittano un appartamento, magari da condividere con i compagni di facoltà. Invece quelli delle famiglie meno abbienti - che non ce l’avrebbero mai fatta a mantenere un figlio fuori casa per stagioni e stagioni – hanno la possibilità di studiare ugualmente, grazie alle case dello studente. Bisogna essere bravi, dare gli esami con regolarità e passarli con buoni voti. Ma, si sa, il bisogno aguzza l’ingegno. Poi, ad aiutarli nella loro vita quotidiana nelle residenze universitarie, ci sono i custodi. I casieri, si diceva una volta.

Mauro Negro lavora in una residenza universitaria. Racconta come sono cambiate le cose negli ultimi anni, quando gli atenei italiani si sono arricchiti di studenti fuorisede arrivati dai quattro angoli del pianeta: “Non è semplice - avverte subito - entrare rapidamente in contatto diretto con centinaia di ragazzi fra i diciannove e i venticinque anni, cinesi, arabi, nordafricani, centroafricani, iraniani. Tanti iraniani. Una babele di lingue, e di abitudini anche molto diverse dalle nostre”.

Agli occhi degli studenti, i custodi non sono solo i sorveglianti delle strutture, spesso anche molto grandi, in cui convivono centinaia di under 26. Per forza di cose diventano anche dei consiglieri, a cui chiedere aiuto nelle tante incombenze quotidiane che segnano i tempi della vita universitaria: “La maggior parte si ferma per almeno tre anni – spiega Negro – e bisogna essere in grado di creare un rapporto di fiducia, altrimenti la convivenza diventa complicata. Poi, ammettiamolo, più siamo severi più riusciamo a farli laureare: sono degli studenti, non sono ospiti di un villaggio vacanze. E allora anche il nostro lavoro può cambiarli, renderli più responsabili, farli diventare grandi”.

Mauro Negro ha lavorato per due anni con contratti a tempo, in una sorta di apprendistato, per poi essere assunto nel 2011 a tempo indeterminato. “Ad assumermi è stata la vecchia azienda che aveva in gestione la residenza universitaria in cui lavoro. Poi c’è stato un cambio di appalto, e oggi sono dipendente di una nuova azienda”. Il mondo degli appalti è un macrocosmo in perenne movimento. Un campionario di sigle che appaiono, scompaiono, si trasformano. Con poche, pochissime eccezioni.

Fra le mansioni degli addetti alle residenze universitarie ci sono anche le pulizie, un compito duro, un lavoro usurante: “Infatti ci sono sessantenni che non ce la fanno più: solo per fare un esempio, si devono occupare di pulire cucine che hanno un ‘carico’ quotidiano di 150 studenti. Come responsabile del personale, ho voluto toccare con mano. E posso assicurare che, dopo una giornata con la scopa in mano a pulire corridoio su corridoio, finisci davvero stanco e indolenzito”. Così succede che aumenta l’assenteismo, effetto comprensibile dopo un mese di fila di pulizie straordinarie. E non sono pochi quelli che, arrivati a quella che sarebbe l’età giusta per la pensione (non certo 67 anni), scelgono di andarsene.

Anche i compagni di lavoro di Negro sono stati assunti nel 2011, con il contratto dei multiservizi. “A seconda dello staff – puntualizza – possiamo avere turni fissi, oppure a rotazione. Certo senza di noi le strutture non potrebbero restare aperte. Se scioperassimo, impediremmo l’accesso al posto letto”. Invece il controllo degli accessi e la sicurezza interna sono affidati a una ditta di vigilanza, Sicuritalia: effetto diretto della necessità di controllare una struttura che, visto il numero degli studenti ospiti, può essere definita medio-grande: “Le residenze universitarie sono di ordine di grandezza anche molto diverse fra loro. Si va da quelle piccolissime, dieci alloggi senza presidio, a residenze che contano fino a quattrocento ospiti”.

Quanto all’attività sindacale, Negro è complessivamente soddisfatto: “Abbiamo un discreto tasso di sindacalizzazione, nonostante la sfiducia dilagante, perché abbiamo capito presto che la Rsa deve guadagnarsi la fiducia giorno per giorno. Nella gestione quotidiana di un appalto, solitamente il sindacato fatica un po’. A noi tocca far vedere che la Cgil, nel nostro caso la Filcams, di cui sono tesserato, è utile per risolvere i problemi che possono manifestarsi nella vita di tutti i giorni”. Negro e i suoi compagni di lavoro sono la fotografia nitida del contratto dei multiservizi; dai servizi agli studenti, alla gestione della struttura, passando per il diritto allo studio.

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