Il silenzio degli innocenti - di Enza Sanseverino

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Nel nostro paese ci sono 1.876.000 bambini poveri. In Campania un minore su cinque vive sotto la soglia di povertà relativa e abbandona la scuola precocemente. Serve una strategia pubblica di lotta alla povertà. 

L’elevato grado di industrializzazione del nostro paese induce spesso a pensare che la povertà non possa riguardare l’Italia troppo da vicino. Eppure il fenomeno esiste ed è allarmante: è difficile immaginare quanti possano essere, oggi, i minori che vivono in condizione di povertà nel nostro paese, il fenomeno si attesta sulla cifra scandalosa di 1.876.000 bambini!

La situazione più preoccupante è di gran lunga al sud, dove le difficoltà economiche di molte famiglie non permettono a tantissimi bambini di frequentare con continuità la scuola e li espongono, di conseguenza, al rischio di marginalità sociale. L’enorme divario tra nord e sud si legge facilmente proprio nei dati relativi all’istruzione: in alcune regioni, come Campania e Calabria, il tasso di abbandono scolastico tocca il 30%. Queste cifre sull’abbandono scolastico sono, purtroppo, cifre direttamente proporzionali ai tassi di criminalità minorile.

I problemi economici e i disagi sociali si potrebbero attutire se ci fosse una rete di solidarietà e servizi più efficaci, ma la lunga crisi economica ha inciso violentemente anche sulle relazioni familiari. Pensiamo solo alla perdita del lavoro dei padri e ancora di più delle madri; i legami diventano più fragili e la solitudine più profonda per la rottura delle reti familiari e di sostegno sociale. Stretta è la correlazione tra povertà materiale e povertà educativa, ma di questa situazione nessuno si occupa. Sui minori in difficoltà vige il silenzio. I bambini non votano e quindi possono aspettare.

In Campania un minore su cinque vive sotto la soglia di povertà relativa, e uno su cinque abbandona la scuola precocemente. In provincia di Napoli un minore su tre risiede in comuni sciolti per camorra, nelle periferie dimenticate, nei quartieri nati per dare un alloggio a chi non ne aveva. Quartieri pensati per suscitare speranze e soddisfare bisogni, ma in poco tempo quei palazzi mal costruiti hanno cominciato a perdere pezzi, e la muffa si è diffusa insieme alla droga. Il degrado si è insinuato nelle crepe dei muri, e il fallimento è stato accettato dai loro abitanti come fatalità, un destino che li bracca.

Viene così in mente il famoso “Parco verde” di Caivano, tristemente noto per la morte di bambine e di bambini, prima violentati e poi uccisi, tra il silenzio omertoso e osceno della maggior parte degli adulti di quella comunità. Questi bambini soffrono l’isolamento sociale e la mancanza di prospettive. La loro vita si svolge spesso per strada, con il rischio di violenze, devianze e incidenti. Nascono così, in queste condizioni, le “paranze dei bambini”. Piccoli boss che crescono all’ombra delle colpe dei padri e la pezzenteria di chi lavora onestamente per quattro soldi.

Per affrontare la questione povertà, lo Stato destina una quota di spesa sociale rivolta ai minori pari alla metà della media europea. Se il problema della povertà infantile non trova risposte è anche perchè non si è cercato di individuarne una. Non possiamo pensare che singoli interventi possano supplire alla cronica mancanza di azioni strategiche.

Malgrado il problema sia strutturale, si è pensato di affrontarlo con misure settoriali. L’approccio è basato sull’adozione di singole misure e non di strategie capaci di riqualificare le dinamiche principali della spesa sociale. Il fondo per le politiche sociali, la spesa sociale dei Comuni, delle Regioni, sono parti del tutto. Bisogna avere una visione complessiva dei mezzi a disposizione per affrontare il problema nella sua globalità e complessità. Di certo la contrattazione sociale fa parte della ricerca di soluzioni efficaci, invece si privilegia l’erogazione economica, spesso dispersa a pioggia, a scapito dell’impegno per la creazione di una rete di servizi educativi e sanitari. Bisogna pensare a politiche di welfare in termini di investimenti in asili nido, mense e scuole a tempo pieno. Gli aiuti devono concorrere ad un risultato sociale e non solo personale.

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